Io so come si sente Willy Wonka, la differenza tra noi è che lui si è fatto da solo inseguendo il suo sogno, io il Palazzo del Freddo l’ho ereditato, continuando il sogno di qualcun altro.
Wonka è la cioccolata, è l’intenzione ferma che supera gli ostacoli. Il libro di Dahl, per questa ragione, io non riesco più a rileggerlo. Ammiro quell’intenzione, quella dedizione che spinge Wonka a voler dimostrare al mondo di cosa è capace con l’arte che ama fino a creare una fabbrica di cioccolato. Io, al massimo, voglio dimostrare al mondo che sono capace di mantenere il Palazzo del Freddo, creato dal mio bisnonno. In me la passione, la spinta, si annacquano e il sapore si alleggerisce mentre i miei desideri restano in un angolo.
Wonka subisce angherie e soprusi, mentre io sono il capo prima ancora di capire cosa sia il gelato.
È un po’ come una coppetta con due gusti al cioccolato. Uno è al latte, dove il sapore primario del cioccolato si amalgama con latte, panna e uovo e si perde quindi la spontaneità, si mischiano sapori per dar vita pur sempre a un ottimo gusto, ma impuro: eccomi qui.
L’altro invece, Wonka, è un sorbetto di cioccolato, dove a dar gusto c’è la cioccolata e nulla di più, la stessa del gusto con il latte, ma questa volta pura, aromatica, completa e unica. Una differenza sostanziale, tra puro e impuro.
E, mentre Wonka convince tutti di produrre la miglior cioccolata al mondo, io difendo il miglior gelato del mondo. Me ne appassiono e divento parte della fabbrica, tanto che molti mi appellano come il Wonka del gelato. E adesso lo sento il sapore qui, perché da quell’angolino buio i miei desideri nascosti hanno condito il Palazzo del Freddo con la Scuola di scrittura Genius, dove il sapore sa di intenzioni purissime, sorbetto di cioccolato e certezza di essere gli unici al mondo a unire parole e gelato.
Clelia Marchi e la vita su un lenzuolo
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