Maria Vittoria rincasò che era quasi buio, stanca e un po’ avvilita. Da qualche anno lavorava come traduttrice per alcune testate, firmandosi ‘Irene Brin’, nome che le aveva ‘regalato’ Leo Longanesi.
L’impiego era buono e la pagavano bene, ma quella mattina aveva trovato una delle redazioni occupata da ufficiali nazisti che urlavano ordini mentre mettevano tutto a soqquadro. Approfittando della confusione era riuscita a scappare via e, con una specie di presentimento, era corsa presso gli altri due giornali con cui collaborava, ma la scena era stata la stessa: urla in tedesco, e tanti fogli che volavano dalle scrivanie e dai cassetti svuotati con rabbia dai soldati.
Nello spazio di un mattino si era ritrovata di colpo senza lavoro e senza soldi: aveva vagato per ore in una Roma livida e deserta, stretta tra il terrore per i rastrellamenti dei tedeschi e la paura dei bombardamenti degli Alleati che si succedevano senza tregua.
Appena entrata in casa, Maria Vittoria trovò Gaspero, suo marito, il volto scavato e lo sguardo colmo d’ansia. Dal giorno dell’armistizio l’uomo, ufficiale dell’Esercito, si era nascosto in casa perché ricercato come disertore.
Hai fatto tardi, c’è il coprifuoco, le disse con una vena di rimprovero nella voce stanca.
Lei si tolse il cappello, si sfilò i guanti, poi si voltò a guardarlo: nascosti in casa, tra ripostiglio e cantina, c’erano una quarantina di ufficiali e soldati sbandati, ricercati anche loro.
Tutta gente che doveva mangiare almeno una volta al giorno, anche se ormai di soldi non ce n’erano più.
I nazisti sono dappertutto, disse la donna, e io non posso più lavorare per i giornali.
Gaspero le aveva preso una mano ma, alla notizia, la stretta si allentò, Maria Vittoria colse un lampo di disperazione negli occhi del marito, e allora trattenne con forza la mano che stava scivolando dalla sua.
Mi è venuta un’idea, disse con un sorriso un po’ incerto, ti ricordi la borsa di coccodrillo che mi hanno regalato per le nostre nozze… e se la vendessi?
Mia cara, non posso accettarlo, è un dono prezioso…
Appunto per questo, replicò lei in tono più deciso, potremmo ricavarne una bella somma, e poi ora proprio non mi serve, non ci sono più feste o amici da frequentare…, e qui la sua voce si incrinò.
Potremmo sfamare i ragazzi per qualche settimana…, disse Gaspero, pensieroso.
E se vendessimo anche qualcuna delle nostre belle stampe? proseguì lei, Che so? Il Picasso, oppure il Matisse… L’uomo la guardò in silenzio, la stretta della mano si era rinsaldata.
Prima o poi finirà questa guerra, amore mio… sussurrò Maria Vittoria.
Finirà questa guerra, amore mio, ripeté lui, mentre portava alle labbra la bella mano affusolata di sua moglie.
Bibliografia:
Irene Brin, Piccoli sogni di vestiti e amori, Archinto;
Irene Brin, Cose viste, Sellerio.