La camera ardente

Dopo lunghe riflessioni sono arrivato a una decisione sul titolo del libro che scriverò sulla mia vita, si chiamerà Rouler La Merde

L’amore mio ha seguito alla lettera tutte le mie istruzioni, molti particolari non sono proprio come li avrei voluti, ma lo so ci sono i casi della vita (eh, la vita), la burocrazia, le regole. A quelli non possiamo sottrarci, anche lei si è dovuta adeguare.

Del resto io non ero più cosciente da giorni, non potevo correggere il tiro.

Non potevo immaginare che sarei finito in questa stanzetta, in questa struttura antica, come tante ce ne sono nel centro di questa città. La camera ardente la immaginavo all’obitorio dell’ospedale, fredda, anonima, liscia, incolore.

Gli ultimi giorni devono avermi trasferito qui, dove portano i malati terminali, quando non ci curano più e aspettano solo che ce ne andiamo all’altro mondo.

Questa parte me la sono persa, perché devo essere andato in coma.

Comunque ormai sono qui, in fondo non è male, c’è un bel giardinetto fuori e ho una stanzetta tutta per me.

L’amore mio mi ha messo i jeans, le scarpe da ginnastica e la felpa. Tutto mi sta enorme, mamma mia come sono ridotto. Le gambe sembrano non esserci dentro a quei pantaloni. La cassa la volevo come quella dei papi, sai due assi di legno messe insieme, lo dicono tutti che vogliono una cassa così, poi alle pompe funebri non se ne trovano.

Le più semplici hanno sempre un po’ di lucidino, qualche maniglia d’oro, chissà perché solo ai papi le costruiscono come l’avrei voluta io, anche per la cassa bisogna avere le conoscenze giuste.

Tanto poi la cassa sarà bruciata, insieme a me si intende, e dopo finalmente potrò avere il funerale vero, quello che veramente volevo io. Insomma questa è un po’ una messinscena alla quale mi devo mio malgrado sottoporre, anche perché pur volendo non posso interferire, poi, la festa, quella vera, comincerà dopo.

Ho ceduto anche sulla messa, altrimenti mio suocero e mia suocera chissà come rimanevano male, non avrebbero detto niente ma so che avrebbero sofferto e allora anche l’amore mio avrebbe sofferto. Mi sono detto che il Lago di Como val bene una messa e poi vi spiegherò perché.

Ho ceduto sulla messa così verranno tutti a salutarmi in chiesa, Don Nicola, l’amico prete che ha pregato per me, verrà a celebrare la messa e nella sua omelia come al solito dirà parole bellissime e sagge che nessuno capirà e ci saremo levati anche questo dente.

I fiori non li ho voluti, credo che quasi tutti abbiano esaudito anche questo desiderio. Molti mettono i soldi in quella cassettina e l’amore mio li darà in beneficenza, per la ricerca, che ancora ne devono fare di strada.

Così in questa piccola stanza resto sempre con poche persone, forse ha questo bel vantaggio, tante persone non ci stanno proprio.

Mia madre, piccola, magra, distrutta da qualcosa che forse non riesce bene neppure a capire a 84 anni; l’amore mio, che mai mi ha lasciato un attimo, ogni tanto le mie piccole, appaiono e scompaiono, vorrei stessero un po’ di più qui ma forse non riescono a guardarmi così, morto.

Le mie sorelle, Paola, Laura, Fabiana. Sono tutte brave queste donne, sono rimaste sole, prima il babbo e ora io. Sono sempre più forti le donne, è inutile, io facevo la voce grossa con l’amore mio. Sembrava che fossi io a decidere tutto e che lei fosse sottomessa al mio carattere, irascibile, volitivo.

Ma non era così, ora che sono qui lo so. Era lei a decidere tutto, ma sono contento lo stesso perché mi ha amato veramente, è stata forte, una roccia l’amore mio.

Anche ora eccola lì, neppure una lacrima, niente che la smuova, tutto è perfettamente organizzato e calcolato.

La mia famiglia non era così, siamo sempre stati un po’… come dire, spontanei, un po’ naif.

Il babbo, un tipo affascinante, un simpaticone, un amicone, amante delle cose belle, ma poco incline al risparmio o all’organizzazione e con quattro figli non è che te lo puoi tanto permettere.

Quando è morto, mia madre ha scoperto che non aveva debiti, ma non aveva neppure una lira.

Mia madre, una donna buona, riservata, educata, ma senza capo né coda, senza uno scopo nella vita, vissuta all’ombra di mio padre, anche negli ultimi vent’anni, dopo la sua morte.

E le mie sorelle, beh che dire di loro.

Io non le ho amate in modo viscerale, ma gli volevo bene.

Son tre brave donne anche loro, un po’ sfortunate, senza capo né coda neppure loro, neppure io lo sarei stato se non avessi incontrato l’amore mio.

Via via entrano ed escono gli altri personaggi. Gli amici, i colleghi, i compagni di scuola, gli amici del cuore.

Vorrei che non piangessero, ma come faccio? Anche io piango, non sono felice di andarmene a 49 anni, è una storia triste:  sei riuscito a sposarti, a tirare su due ragazze belle e brave e le devi lasciare ancora adolescenti cavolo, una storia di merda.

È un po’ quello che si divertiva a dire sempre mio padre e che ci faceva tanto ridere. Il suo scherzo però, tra il serio e il faceto, come gli piaceva dire, si è avverato in maniera profetica per tutta la nostra famiglia.

Aveva disegnato su un cartoncino rosa un ruzzolamerda, uno di quegli insetti assurdi che rotolano gli escrementi per tutta la loro esistenza. Accanto ci aveva scritto:

“Dopo lunghe riflessioni sono arrivato a una decisione sul titolo del libro che scriverò sulla mia vita, si chiamerà Rouler La Merde”

Era così lui, sapeva rendere divertente la sua amara verità.

Sono sfuggito al Rouler La Merde fino a che il cancro è venuto a cercarmi e la merda mi ha inghiottito.

Comunque sia ormai è andata così.

Domani ci sarà la messa, poi mi porteranno al cimitero per la cremazione.

Dopo faremo insieme una bella gita, andremo sul lago di Como, dove ho trascorso gli anni più belli.

Saliremo sul monte sopra al Lago e lì, in quel luogo magico dove in lontananza nelle belle giornate si scorge il Monte Rosa, finalmente io volerò nel vento e tornerò a far parte di questa Terra che molto molto ho amato.

 

 

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