Maria e Luciano si incontrano una sera a Livorno, è il 1953: durante la cena Bianciardi si alza in piedi e, con il bicchiere in mano, declama una poesia dall’Antologia di Spoon River, senza mai staccarle gli occhi di dosso.
Quello sguardo penetrante la esalta. Si sente come quando, da bambina, nel giorno del suo compleanno, l’undici febbraio, vedeva tante bandiere appese alle finestre delle case: era l’anniversario dei Patti Lateranensi, ma Maria credeva che fossero esposte perché era la sua festa.
Con Luciano è subito “mare, discorsi, letteratura, amore”.
Lei lascia Roma e lo raggiunge a Milano dove nasce il loro figlio, Marcello, che porta il cognome di lei: a Grosseto Bianciardi ha moglie e figli, e non si decide a lasciarli.
Milano è cara: i soldi per l’affitto, il cibo, il tram vengono dal lavoro che Luciano fa per Feltrinelli, soprattutto in qualità di traduttore.
Anche Maria lavora insieme a lui, e batte a macchina i testi tradotti di Faulkner, London, Steinbeck e Miller.
Il lavoro per Feltrinelli non dura molto, ma Luciano scrive sempre nel fine settimana e nel 1962 esce La vita agra, il romanzo che è considerato il suo capolavoro.
Maria scrive, traduce e cresce il bambino, la vita con Luciano diventa faticosa, lui ha cominciato a bere.
Quando Bianciardi muore, nel 1971, Maria ha quarantadue anni, suo figlio solo quattordici, e lei deve reinventarsi la vita.
Lascia Milano, dove ha vissuto per vent’anni: è stanca di essere “la Maria del Bianciardi”, di essere ricondotta a qualcun altro, proprio lei che è sempre stata indipendente, in amore come in tutto il resto.
Roma la riabbraccia, dopo tanti anni: Maria è nata al Quadraro, poi è vissuta a Testaccio e a Garbatella. Se chiude gli occhi, rivede ancora le bandiere alle finestre delle case nel giorno del suo compleanno.
Bibliografia:
Maria Jatosti, Tutto d’un fiato, Editori Riuniti;
Luciano Bianciardi, La vita agra, Bompiani.