24 agosto!
Ma chi è che si sposa di 24 di agosto?
Ma soprattutto, come può ancora esistere gente che ha voglia di sposarsi.
La tortura è cominciata stamani, certo io sono un pelino masochista eh? Continuo a domandarmi come mi sia potuto venire in mente di assecondare quella grandissima stronza che dopo vent’anni di amicizia non solo ti frega il ragazzo, ma se lo sposa pure e poi, non contenta, ci mette il carico da undici e ti invita al matrimonio.
Vabbè ormai è andata e poi lo ammetto, mi volevo proprio gustare ogni dettaglio. Verso le dieci e mezza quella sfigata di sposa e le quattro galline che si è scelta come testimoni sono uscite dal portone di casa di lei seminude, temporeggiando per farsi vedere, e inscenando la cerimonia del taglio del nastro in una specie slow motion improvvisato.
Cominciamo bene sì!
La pantomima prosegue con lei che sale su una Rolls-Royce Silver Cloud bianca del ’57, sorride compiaciuta ai fotografi che, poverini, passeranno ore a ritoccare quella pelle di merda butterata e a photoshoppare quei venti di chili di troppo.
In chiesa tutto sommato il tempo passa veloce: direi che la cosa più interessante di tutta la giornata è stato il ringraziamento a tutti i Santi a fine cerimonia.
Mi posiziono in prima fila, appena fuori dalla cattedrale, per il lancio del riso. Da ragazzina ero la migliore del quartiere nel tiro alla fionda, mi faccio un rapido calcolo di tutte le variabili (vento, latitudine, longitudine) e prendo bene la mira per lanciare. Ho fatto rifornimento, prendo un pugnetto e glielo tiro dritto in faccia, ma lei si ripara. Al terzo tentativo finalmente riesco a prenderla in un occhio, mi do della stupida per non aver pensato di mettere un sasso insieme al riso.
Finalmente si arriva al ristorante e, dopo imbarazzanti lanci di bouquet e giarrettiera, taglio della cravatta dello sposo, uscite pacchiane di parenti ultra ottantenni, cantanti neomelodici e gruppi musicali vari con annessi karaoke e trenini, iniziamo a mangiare.
Sono le sei e mezzo e siamo solo al secondo, mi dico che potrei vomitare nel piatto, così magari a quella stronza di Maria Sole le viene un coccolone, sviene, cade, si sporca il vestito e ce ne andiamo tutti a fanculo ridendo di una sposa distrutta.
Metto da parte il vomito e riprendo in mano il piano A, che è senz’altro migliore. Mi dispongo all’attesa seduta al tavolo degli amici storici della sposa e domino l’impazienza. Riesco a superare con grandissima fatica i contorni e il fine pasto. Finalmente arriva il momento fatidico: il taglio della torta. Mentre gli sposi si avviano verso un monumentale ammasso di crema e panna, pacchiano come e più di tutto quel che si è susseguito finora, parte un filmato strappalacrime, che racconta i momenti salienti dei piccioncini. La sequenza di foto però d’improvviso si interrompe, sul maxischermo compare un video/carrellata degli screenshot della mia chat con Davide dal 2019 a ieri sera.
Mentre tutti gli invitati fanno “Oh” proprio come i bambini nella canzone di Povia, la mia più grande soddisfazione è che le foto del pisello di Davide si abbinano da Dio alle decorazioni della torta.
Le urla di Maria Sole sono strazianti, musica per le mie orecchie. La madre, le testimoni e qualche altra anima pia le si fanno subito intorno per provare a calmarla ma niente: è fuori sé, sbraita insulti degni di uno scaricatore di porto e prende a lanciare di tutto contro il nostro povero Davide che si ripara da quella furia come può.
Assaporo questo momento come uno dei più belli della mia vita mentre scorgo Davide che viene verso di me con gli occhi iniettati di sangue. Sono rimasta sola al tavolo, anche i nostri amici sono corsi a sostenere Maria Sole che è passata dalla fase esorcismo a quella del pianto disperato.
“Puttana!” Mi sibila lui tra i denti.
Gli sorrido. “Vero. Sono una gran puttana ma non mi pare che per te sia mai stato un problema, anzi. Quel che mi domando è perché tu sia passato a una stronza.”
“Come cazzo ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?”
“Volevo solo augurarti il meglio.” Mi alzo dal tavolo, prendo la mia deliziosa pochette Anna Franchi comprata per l’occasione e la infilo sotto al braccio, stretta al corpo. Dico a gran voce: “Viva gli sposi!” Qualcuno si gira verso di me incuriosito anche se la maggior parte degli invitati è intorno alla povera Maria Sole.
Davide vorrebbe mettermi le mani addosso ma si trattiene, stringe i pugni e mi urla. “Vattene carogna!”
“Ah no aspetta… forse questo è meglio: auguri e figli maschi!” Lo fulmino con uno sguardo glaciale. “Anche se un figlio maschio mi sa che ce l’hai già.” Appoggio delicatamente una mano sul ventre e accenno una carezza; me ne vado a testa alta, dall’alto dei miei tacchi 12 targati Manolo Blahnik, lasciando il deficiente e la stronza nel dubbio.