Come in un film di Woody Allen ma all’italiana, il dottor Grabski ci invita a fissare il nostro “Io”, il nostro “sé stesso”, il nostro “dentro di noi”, di fronte alla promessa della psicoanalisi di migliorarci la vita, anche a costo di rovinarcela.
Marco Rinaldi e Paolo Vanacore (che hanno adattato per il teatro il romanzo Il grande Grabski di Rinaldi edito da Fazi) hanno scelto una via buffa ma in fondo tragica nel parlarne, si ride molto ma con il dubbio di fondo che serpeggia nella nostra mente: Non sarà che ne siamo tutti schiavi? Non tanto schiavi delle geniali intuizioni di Freud, Jung, Lacan (si dirà lacan o lacon, come impone Grabski? Noi abbiamo sempre detto Lacan!), ma soprattutto dell’idea che la complessità della nostra esistenza e del nostro disagio possa trovare uno scioglimento nelle parole chiave alle quali ci aggrappiamo spesso senza conoscerle davvero: l’invidia del pene, la Grande Madre, il Super Io, la rimozione, la forclusione, il complesso di Edipo (che si trova dappertutto, anche dentro Cappuccetto Rosso), ecc.
Introdotto dalle musiche scritte da Alessandro Panatteri (c’è perfino una canzone) lo psicoanalista Grabski passa come se niente fosse da una teoria all’altra, allo scopo di risolvere l’eiaculazione precoce di Maurizio, che si scopre vittima inconsapevole della moglie Francesca e di un mondo che sembra schierato tutto ferocemente contro di lui: la madre e il padre, i datori di lavoro, il Maestro di Yoga (nel quale Francesca ripone le sue speranze, e non solo le speranze).
Bravi gli attori: Carmen Di Marzo (Francesca), Toni Fornari (Maurizio) e Riccardo Bàrbera (Grabski) che si muovono con scioltezza nelle scene tra crisi di coppia e sedute di terapia mentre restituiscono il giusto calore e il divertimento che attraversa il testo.
Mi pare che Marco Rinaldi nel suo romanzo, quando ha raccontato un personaggio umanissimo di maschio in crisi e la simpatica cialtroneria del dottor Grabski, abbia avuto il merito di mostrarci la falsità implicita nelle visioni del mondo che la società ci propone per risolvere le nostre nevrosi e debolezze, i falsi miti della psicoanalisi banalizzata per la massa, dissimulando questa critica (che è in realtà spietata e profonda) dietro lo schermo della parodia satirica, regalandoci cioè delle risate.
Le stesse che risuonano in platea mentre va in scena Il Grande Grabski che resterà in cartellone fino al 23 ottobre 2022 al teatro 7 Off di Roma.