“Mantide” di Julia Armfield (Bompiani)

Racconti surreali, gotici, la narrazione si ferma a un passo dall’horror, in cui i protagonisti sono nevrosi e metamorfosi

Racconti surreali, gotici, la narrazione che si ferma a un passo dall’horror, in cui i protagonisti sono le nevrosi e le possibili metamorfosi che possono capitare agli umani e al mondo sventrato e abusato che si riforma e cambia pelle, diventando un luogo inospitale, dove il mare sommerge le terre e ai pochi scampati tocca vivere con l’ansia di morire, alla ricerca disperata di cibo, rosi dall’arsura e dalla mancanza di ogni appiglio della vita alla quale erano abituati.

Il corpo di una ragazzina perde pelle come filamenti di ghiaccio, i capelli e i denti le iniziano a cadere e la trasformazione del suo corpo imbarazzante, ingombrante, suscita ribrezzo nei suoi coetanei. Lei è destinata a diventare qualcosa di diverso da una donna, ma cosa di preciso possiamo solo immaginarlo, la parola che non viene pronunciata dal ragazzino che tenta di strusciarsi su di lei rimane in gola, inghiottita dalla paura.

Un gruppo di ragazze, giovani dottorande sommerse dalle parole, decide, dopo una consistente delusione amorosa, di fare una sorta di falò purificatore, bruciando una scatola contenente piccoli oggetti appartenuti agli ex. È una forma di rivincita tutta femminile, una modalità neanche troppo originale di chiudere un momento di sconfitta e sentirsi libera, proiettata verso il futuro, eppure una di loro tre resterà talmente colpita dal legame che ognuno di noi sviluppa con gli oggetti, come le mezzelune trasparenti delle unghie tagliate e conservate del fidanzato, che andrà a cercare i rifiuti nelle discariche e poi nei cimiteri, trastullandosi con le dita mozzate dei giovani morti.

Il Sonno degli abitanti di una metropoli affollata e sudata si stacca da loro, come l’ombra di Peter Pan, e si rifiuta di concedere la tregua del riposo. Ogni Sonno diventa un’entità autonoma rispetto agli abitanti, lasciandoli pieni di ammaccature, e bioritmi sconvolti. L’unica esente è Leonie, una giovane editor che lavora per un giornale, che continua a dormire, mentre il mondo brulicante di insonni le invidia il colorito sano e l’assenza di occhiaie.

Una ragazzina stabilisce uno strano legame con il lupo che la nuova moglie del padre ha deciso di considerare come una figlia, vestendola con camiciole e cappellini, e imboccandola con lunghi cucchiai pieni di cibo, nel modo attento e premuroso che si usa con i bimbi piccoli non ancora autonomi. Il delirio è totale quando Helen, la cucciola di lupo, sviluppa forme di gelosia verso la sorella della ragazzina, sentendo e arrivando a considerarsi come umana, pur senza perdere la sua natura di lupo che rivendica i suoi confini.

Una giovane donna incapace di vivere nella realtà pratica, dopo il divorzio, si esilia nella casa sul mare dell’ex marito e senza elettricità, e senza contatti, resta a guardare i delicati banchi di meduse spiaggiate fino a sentirsi una di loro.

Ogni forma di possibile sviluppo dei nostri desideri più nascosti, le nostre stranezze più potenti, quelle che ci fanno sentire come esiliati in un mondo che corre senza guardare la magia oscura nascosta nei cambiamenti climatici, vengono sussurrati e poi urlati addosso al lettore, l’assurdità narrata alla quale credi, al punto che aspetti un attimo prima di spegnere le luci, nelle infuocate sere d’estate. In attesa di vedere le ombre sdoppiarsi e venirti incontro.

Corpi che si deformano, incubi che prendono vita, legami improbabili, donne umane che partoriscono fluttuanti creature acquatiche nel mezzo di un secondo diluvio universale, sono alcune delle possibili realtà che accadono in un mondo alternativo, che vive e respira in affanno accanto al nostro, e quello che scegliamo di non vedere diventa l’alternativa che rischia di stravolgere le nostre fragilissime certezze. Siamo pezzi di carta, inconsistenti, in un mondo che ha sbarre e cancelli ma che poi mostra il ringhio affamato di quello che si nasconde dietro ogni cosa che tocchiamo. La parte incontrollabile che cerca la sua visibilità. Siamo fatti di contraddizioni, d’acqua e di mancanze, e capirlo è il primo passo per non opporsi alle trasformazioni in atto dentro e fuori di noi.

Erano quasi le cinque quando tornammo a casa e Leonie aveva finito il caffè, gli occhi liquidi. Dopo un’ora bussò lamentandosi degli incubi che aveva. Implacabili, disse, come se i sogni inespressi di tutti fossero lì a importunarla, portando incubi di velocissime piante rampicanti, treni vuoti e luoghi inquietanti della Terra. La lasciai dormire sul divano con la testa poggiata sul mio grembo fino alle sette, quando dovetti vestirmi per andare al lavoro. Passando da una stanza all’altra con lo spazzolino in mano la intravidi seduta sul divano che sbucciava un’arancia e offriva spicchi al mio Sonno.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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