Esce il 13 giugno per Newton Compton un romanzo che s’intitola Mettiti in posa e narra una storia d’amore che si sviluppa attraverso l’arte e la bellezza, ma anche la differenza d’età e una passione che tutto trascina con sé. Un ex professore d’arte di 73 anni, nella storia chiamato semplicemente Prof, si ritrova amato – all’inizio sorprendendosene, quasi incredulo – da una ragazza di ventitré che lavora come cameriera in un bar. Nell’intimità lui le chiede di assumere gli atteggiamenti di statue e dipinti che negli anni hanno parlato al suo cuore, così la giovane donna, Giulia, diventa una delle ragazze di Gauguin, diventa la Venere Capitolina, diventa la Teresa D’Avila in estasi, diventa la Nanà di Manet, e altre ancora. Solo in questo modo l’uomo riesce a ritrovare l’energia giovanile e può possederla, mentre lei sembra quasi lasciarlo fare, apparentemente ignara di cosa questa messinscena, una sorta di gioco di ruolo erotico, rappresenti per lui. Mettiti in posa è un romanzo capace di scavare nelle profondità della personalità del Prof, che lo narra in prima persona, e di farci percepire in pieno la personalità della ragazza. È stato scritto da un’autrice, Manuela D’Aguanno, che ha già all’attivo una raccolta di racconti molto efficaci (È tutto il resto che fa impressione, Alter Ego 2015) e un romanzo breve che è un profondo e virtuosistico flusso di coscienza (Lei è lì, Alter Ego 2016). In Mettiti in posa, però, mi sembra diventata più coinvolgente e capace di affascinare il lettore con una storia che, senza la sua sensibilità, rischierebbe di diventare perfino un po’ inverosimile. Valeva la pena incontrarla per una delle nostre interviste, no? Ed ecco domande e risposte.
Mettiti in posa nasce da qualche evento specifico, tipo una notizia di cronaca?
No, prende spunto dal mio vissuto personale, dagli ambienti professionali che ho frequentato negli anni, dagli studi fatti e dalle amicizie che ho avuto. Alla cronaca semmai rimanda, poiché relazioni tra ragazze molto giovani e uomini anziani sono all’ordine del giorno; il mio romanzo però vuole raccontare qualcosa di diverso rispetto a ciò cui siamo abituati.
Il tema dell’amore tra una donna molto giovane e un uomo anziano può scatenare diversi pregiudizi, come li hai superati?
È difficile scrollarsi di dosso il pregiudizio. Spesso si pensa che dietro storie di questo tipo ci siano interessi secondari (primo fra tutti il denaro) e nella maggior parte dei casi forse è proprio così. Questo non significa tuttavia che ogni storia sia necessariamente uguale all’altra. L’amore esiste sotto varie forme, non è univoco, ed è proprio qui, a partire da questa consapevolezza, che le basi del pregiudizio vengono minate. Nelle relazioni tra le persone – relazioni di coppia, in questo caso – se il sentimento è genuino non esistono barriere di sorta, tantomeno quella fittizia dell’età.
Secondo te perché lei s’innamora di lui?
Bella domanda! Bisognerebbe chiederlo a lei… Giulia si innamora del Prof perché è cresciuta senza padre? Forse. Perché lui rappresenta, con la sua posizione sociale, un nido sicuro cui approdare, in cui sentirsi finalmente protetta? Può darsi. Giulia si innamora del Prof perché le sue rughe, i suoi capelli bianchi, la attraggono sessualmente, toccano in lei qualche corda che va al di là del mero aspetto fisico. Una distanza, quella tra i loro corpi, che lei (a differenza di lui) non teme, che ha il coraggio spudorato di superare, per vedere cosa c’è oltre. Fino a toccarne l’anima. Ecco, credo che lei si innamori di lui per tutti questi motivi assieme.
Ti è mai capitato di provare attrazione verso un uomo molto più anziano?
In verità no. Però ho avuto negli anni passati, fin da giovanissima, e ho tuttora, alcuni amici, molto più grandi di me, con cui nel tempo ho intessuto relazioni intellettuali profonde e stimolanti, nonché di sincera amicizia. Proprio a partire da questo nasce un po’ l’idea del romanzo. Dalla voglia di indagare rapporti simili che, senza fermarsi alle sole ‘affinità elettive’, coinvolgessero anche l’aspetto più prettamente fisico, corporeo.
Ti sei immedesimata nel vecchio professore, è stata una scelta immediata?
Sì, scelta immediata. Anzi, più che scegliere ho seguito un istinto. Nel corso della scrittura, agli inizi soprattutto, ho anche fatto qualche tentativo in altre direzioni, come narrare la storia in terza persona o dal punto di vista di lei. Ma il Prof era sempre troppo forte.
Come sarebbe stata la storia vista da lei?
Sarebbe stata molto interessante, credo. Avrei di sicuro avuto la possibilità di approfondire altri aspetti, più fisici e materiali, di questa storia, in particolare la sua singolare attrazione per i segni che il tempo lascia sul corpo e le sue personali reazioni, impressioni. Ma questo sarebbe stato limitante, avrebbe offuscato la potenza del cambiamento che Giulia esercita sul Professore e che solo lui, in prima persona, può percepire appieno dandone testimonianza.
Quanto tempo hai impiegato per scriverla?
La parabola di questo romanzo è stata complessa. L’ho iniziato diversi anni fa, poco dopo la pubblicazione del mio secondo libro, ma poi, nonostante i ripetuti tentativi di portarlo avanti, ha avuto diverse battute d’arresto. Finché (complice un importante cambiamento di vita) ho deciso di rimetterci le mani. Il pensiero comunque non mi ha mai abbandonato. E ho sempre avuto in testa l’idea di finirlo. Per cui, escludendo i periodi in cui l’ho lasciato dormiente nel computer, in tutto avrò impiegato circa due anni e mezzo.
Quanto sono importanti le opere d’arte nella tua visione del mondo?
Lo sono senz’altro di più per il Prof che per me! Ma anche io sono senza dubbio in debito con loro. L’opera d’arte è già di per sé una visione del mondo. Quella dell’artista, che l’ha creata, ma anche la tua, nel momento in cui la osservi. Di sicuro l’arte ha il grande merito di trasmettere e ricordare quanto la Bellezza possa agire in profondità dentro ognuno di noi, contribuendo a rendere migliore la vita.
L’arte fa dialogare i due protagonisti oppure resta solo una fantasia di lui?
L’arte, in quanto linguaggio universale, non va capita – questo è compito dei critici, semmai – l’arte va ‘sentita’, tramite il to feel dell’anima. Per questo credo che, anche in questo romanzo, non possa restare semplicemente imbrigliata nelle fantasie di lui. Penso che Giulia, pur ignorando la maggior parte delle volte ciò che lui dice o fa, si abbeveri di tutta la bellezza che lui gli offre e ne percepisca, forse anche inconsapevolmente, la ricchezza e la potenza.
Lui le dice: Mettiti in posa, e lei ubbidisce. Perché?
All’inizio, anche se non sa bene cosa sta per accadere, Giulia capisce che per lui è l’unico modo per andare avanti. Per cui lo lascia fare. All’inizio con curiosità, con fiducia. Poi per amore. Lascia che lui gestisca i fili del suo corpo, ne scandisca forme, ritmi, movimenti. Gli permette di trasformarla ogni volta in qualcosa di diverso. Ubbidisce, è vero. Senza dire niente. Proprio come vuole lui. Ma il suo essere soggiogata è solo apparenza, illusione. Perché quella di Giulia resta sempre una scelta. Fino alla fine.