Oggi parleremo di una particolare forma di dialogo, la conversazione.
Dal latino conversari, “trovarsi insieme”.
Si definisce conversazione il dialogo (colloquio) amichevole e cortese tra più persone, tipico delle prime fasi di un incontro.
Difatti al termine conversazione si affianca spesso l’aggettivo piacevole, proprio perché se una conversazione si accendesse, perdendo il suo accento di piacevolezza, non si potrebbe più definire conversazione ma diventerebbe una discussione o un dialogo acceso, appunto.
La conversazione può assumere varie forme: dalle chiacchiere a cena in famiglia allo scambio sul treno, dal colloquio con l’insegnante del figlio al colloquio di lavoro, dal dialogo terapeutico con l’analista alle confidenze fra due amici o due amiche… mi viene in mente come esempio quella celebre sequenza di Mariti e mogli, film di Woody Allen – l’avete visto? – dove troviamo due amiche – Mia Farrow e Judy Davis – sedute ai tavolini di un bar che discorrono sul tema del matrimonio, e la conversazione comincia in sordina ma poi diventa sempre più rivelatoria e drammatica.
Una conversazione è spesso un campo aperto in cui si affrontano i vari personaggi attraverso schermaglie, seduzioni, adulazioni ecc. Sono quindi molto utili per far venire fuori l’anima dei nostri personaggi; bisogna evitare tuttavia quanto più possibile il didascalismo, cioè l’impressione di voler informare il lettore, imboccandolo, come si usa dire. Farsi guidare dunque dalla verosimiglianza, domandarsi sempre, ma questo lo direbbe lui/lei? Evitate il dialogo per fare prediche o mettere in bocca ai vostri personaggi delle vostre idee.
Le conversazioni possono anche essere drammatiche e concitate quando sono interrogatori della polizia…
Nella resa dei conti i parlanti possono mettere in scena anche degli scontri, dei duelli verbali, delle sfide. Nelle rese dei conti finali si mettono magari a confronto due modi di essere, dei caratteri opposti (nella morale, nell’idea politica ecc.).
Oppure immaginiamo una classica situazione conviviale, e qui bisogna fare attenzione al particolare tono che ha, e deve avere, ciascun personaggio parlante, ciascun commensale all’ipotetico banchetto; ogni personaggio dovrà avere una sua voce, diversa dagli altri, e bisogna ricordarla (è facile confondersi soprattutto quando si hanno in scena molti personaggi).
Quando scrivi una conversazione a più voci, bisogna fare attenzione, oltre alla specificità di ogni voce, al ritmo interno della pagina, non bisogna ripetere troppe volte, ad esempio, le parole, disse X, fece Y, rispose Z, esclamò N, o simili: qualche volta è opportuno darli per scontati, ometterli, lasciando solo il virgolettato e avendo l’accortezza di andare sempre a capo, fra una battuta e l’altra. Senza esagerare però con le omissioni, altrimenti alla fine il lettore non sa più chi è che sta parlando, come capita qualche volta anche agli scrittori più bravi… Vero è che alle volte l’autore vuole proprio sottolineare, omettendo le interiezioni, disse, fece, ecc. proprio il caos del parlato, la sua inafferrabilità, ecc. Il mio consiglio è di farsi guidare dal senso della misura, dal buon senso e dal ritmo musicale della pagina. Usate contrazioni, interiezioni, intercalari e termini colloquiali (ma senza abusarne).
La punteggiatura nelle conversazioni può essere espressa tramite diversi segni tipografici quali virgolette, apici, virgolette caporali, o linee. Ogni casa editrice ha un suo standard.
L’importante è usarli con coerenza e non cambiare mai metodo all’interno del testo.
Esercizio. Scrivete una conversazione a più voci che si accende e diventa via via una resa dei conti.
Alla prossima.