Le singolari avventure dei cittadini che vivevano un tempo nella nazione più lontana dalla nostra fortunata Italia. Ventitreesima puntata.
Quella mattina Papa Resorgio si affacciò alla finestra e cominciò a declamare: “Resuscitò!” applausi. “Resusciterà!” applausi e grida di giubilo. “Tornerà di nuovo” folla in acclamazione. “Per giudicare i vivi e i morti” silenzio. “Per salvare gli Umili Giusti e condannare i Potenti Peccatori”. Tra la gente assiepata si sentì solo la voce preoccupata di Fedelio Paraculo Principe D’Orleans: “Mica dice sul serio, neh?” Che meraviglia, il Malpagò, dicevan tutti.
La gita fuori porta era il più sublime divertimento dei Malpagoti. Quanto era bello preparare i cestini con le pietanze golose. Che gioia infilare nel bagagliaio il pallone di quando si era bambini. Che felicità sdraiarsi al sole sui prati verdi dove anche le formiche ti carezzavano dolcemente le guance. E che soddisfazione vedere la massa di cartacce e rifiuti che segnavano il loro passaggio come manco i barbari di Attilo l’Unno. Che meraviglia, il Malpagò, dicevan tutti.
I politici del Malpagò partivano antagonisti. Se c’era il Re partivano repubblicani. Se c’era la Repubblica partivano anarchici. Se c’era un’élite partivano populisti. Se c’era l’Unità partivano separatisti. All’arrivo si accomodavano negli scranni e si ricordavano la partenza solo quando trovavano un vecchio maglione dei primi anni che ormai non gli entrava più. E si chiedevano stupiti come avessero potuto vestirsi così male. Che meraviglia, il Malpagò, dicevan tutti.
Volpazio Assessorio aveva fondato la sua carriera amministrativa sulla lotta al traffico privato. Multe e divieti, domeniche ecologiche e manifesti colorati sull’aria pulita. Era inflessibile contro i parcheggi facili, duro con chi trovava al volante per non fare due passi. Un giorno per la prima volta prese il 58 barrato e non riuscì più a scendere per la gente che c’era. È ancora lì che piange attaccato al corrimano. Che meraviglia, il Malpagò, dicevan tutti.
Gli speaker delle radio e delle televisioni del Malpagò parlavano a fatica la loro lingua madre. In compenso non conoscevano le altre lingue, come capivi quando pronunciavano i nomi dei personaggi stranieri. Se volevano darsi arie da poliglotti, aggiungevano una S alla fine delle parole. E se qualcuno gli suggeriva che avrebbero dovuto imparare le pronunce, rispondevano che era inutile, perché tanto anche il pubblico non le sapeva. Che meraviglia, il Malpagò, dicevan tutti.
23 to be continued…