Anna Banti suona bene

Anna Banti le piaceva, suonava bene. Era il nome di una parente della famiglia di sua madre. Una nobildonna molto elegante, molto misteriosa che da bambina l’aveva incuriosita parecchio.

Certe notti lei sognava ancora la casa fiorentina di Borgo San Jacopo, dove aveva vissuto con il marito: camminava tra le rovine della casa bombardata cercando tra le macerie il manoscritto di Artemisia, il romanzo storico a cui si era dedicata per anni e che non aveva più ritrovato. A quel punto si svegliava e rimaneva distesa, con gli occhi aperti, ad aspettare un sonno che non arrivava. Aveva dovuto riscrivere tutto, aveva pubblicato il libro riscuotendo un buon successo non solo in Italia, ma non aveva mai dimenticato i terribili giorni fiorentini del 1944.
Si passò una mano sulla fronte, quasi a scacciare via i pensieri cupi e far posto ad altri ricordi. Ecco i muri bianchi dell’aula del Liceo Tasso, è il 1914 e lei è appena arrivata a Roma con la sua famiglia. Quell’anno al Tasso hanno inserito in Terza liceo una materia sperimentale, Storia dell’arte, e il professore è Roberto Longhi, un giovane studioso, appassionato e colto. Lei lo guarda rapita mentre parla di Piero e Caravaggio, lui fissa la ragazza dagli occhi belli, si innamorano così.
Appena sposati, lei decide di fare un passo indietro e di dedicarsi alla scrittura.
“Non ero fatta per la storia dell’arte” pensò. A conti fatti non era stato un errore cambiare campo. Roberto era un genio della critica d’arte, lei sarebbe stata una normale storica dell’arte. Aveva deciso anche di cambiare nome, il suo, Lucia Lopresti, non le piaceva, non era abbastanza musicale.
Avrebbe voluto usare il cognome del marito ma lui l’aveva già reso grande e non le era sembrato giusto fregiarsene. Anna Banti le piaceva, suonava bene. Era il nome di una parente della famiglia di sua madre. Una nobildonna molto elegante, molto misteriosa che da bambina l’aveva incuriosita parecchio.
Con il nom de plume Anna Banti aveva pubblicato romanzi, biografie, traduzioni, esplorato l’universo sconosciuto della scrittura femminile.
Si girò di fianco e guardò il cuscino accanto a lei. Roberto se n’era andato dopo una malattia lunga e dolorosa, i suoi genitori amatissimi non c’erano più, e lei si era allontanata da tutti. Anche nel salotto romano di Maria Bellonci, sua buona amica, non si sentiva più a suo agio, era tutto un baci e abbracci che sapevano di finzione.
Si girò di nuovo nel letto, dalle tende della finestra filtrava la luce dell’alba. Voglio fare il viaggio che sognava Roberto, pensò. Girare in macchina il Portogallo per studiare la pittura di quel paese che lui amava tanto. A settantacinque anni non sarebbe stato uno scherzo, non poteva certo intraprendere il viaggio da sola. L’avrebbe chiesto a Fausta Garavini, una ragazza allieva di Gianfranco Contini, di Garin e dello stesso Longhi, che si era presentata a casa sua con la tesi di laurea e tanta voglia di conoscerla.
La Faustina andrà benissimo, pensò, mentre qualcosa che somigliava al sonno finalmente le faceva chiudere gli occhi.

Bibliografia
Anna Banti, Artemisia, Sansoni
Anna Banti, Un grido lacerante, con prefazione di Cesare Garboli, Rizzoli.

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Loredana Germani

È tra i fondatori della Scuola di scrittura creativa Genius. Dopo gli studi in Storia e Letteratura italiana, scrive diversi racconti autobiografici e articoli in cui descrive incontri con autori. Ha curato l’antologia di racconti A Roma San Giovanni e tiene la rubrica Vita da scrittore sulla rivista letteraria Dentro la lampada, nella quale narra opere e aneddoti di grandi personaggi letterari.

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