Se Dio fosse una ragazza dinka che muore per le ferite riportate in Sudan, durante una rivolta ai limiti dell’ennesima guerra civile, e venisse mangiata da un gruppo di licaoni, quale sarebbe il destino dell’umanità?
Ron Currie immagina un mondo disfatto, in cui Dio stesso, prima di morire, è piuttosto privo di speranza, e non ha particolari illusioni sul mondo che ha creato. Dopo la sua morte, e dopo che i licaoni cominciano a parlare in greco antico e aramaico, comunicando pure telepaticamente con gli umani, una forma strisciante di follia si diffonde come fumo. Branchi di adoratori si prostrano ai piedi del licaone superstite che, mangiando Dio secondo alcuni è diventato Dio, prendendo il suo posto, e a nulla valgono le osservazioni del licaone che, privo di nome, avverte chi ha la sanità mentale di starlo a sentire, che non basta aver assaggiato un boccone della carne amara di Dio per sostituirsi a Lui. Quello che ha avuto come dono e condanna è il senso terribile di una solitudine profonda, di una consapevolezza delle sfumature legate alle emozioni, e il senso di esclusione dalla semplicità selvatica della vita di prima.
In altre parti del mondo si diffondono culti di adorazione dei bambini, e come reazione, nasce la rieducazione dei genitori che devono imparare a considerare i loro bambini non come Dei ma come esseri normalissimi. Gli adolescenti, invece, scelgono un coetaneo irraggiungibile, al quale inviano messaggi sul telefono, giurandogli fedeltà eterna. Non importa chi sia l’oggetto di tale adorazione, quello che conta è che sia impossibile da toccare, e che la comunicazione non possa avvenire dal vivo ma solo attraverso mezzi tecnologici che garantiscono la giusta distanza.
In tutta questa confusione di persone avviluppate alle loro ossessioni, negli USA scoppia una guerra tra opposte fazioni: antropologi e psicologi evoluzionisti, destinata a essere l’ennesima strage. L’unica speranza è quella di avere memoria, senso di pietà, per non cadere intrappolati nei deliri che spingono alcuni ragazzini a uccidersi tra loro per vincere la noia e la solitudine, la mancanza di connessione empatica che fa emergere le follie sottaciute. I serial killer non si nascondono, anzi hanno terreno fertile per dire quanto sia diventato normale lasciar fuoriuscire il desiderio di uccidere, come il bisogno insopprimibile di mangiare o bere.
Oltre la semplice tristezza, stavamo cominciando a sentirci intrappolati in un eterno presente, una specie di purgatorio, in cui bevevi, prendevi il sole e giocavi a Tetris con le stesse dieci persone fino alla fine dei tempi. Le pareti si stavano stringendo intorno a noi, la pasta in scatola diventava vecchia e nel giro di poco Rick non era più il solo a barcollare muto per le stanze come l’ombra di sé stesso.
Quando il governo comincia a distribuire pasticche per dimenticare la guerra e i disordini, in modo da creare stati di apparente normalità, appare chiaro che può farcela solo chi si rifiuta di consegnarsi all’oblio. Così tra tradimenti emotivi, consapevolezze adulte e diserzioni, percorriamo, insieme allo scrittore, una discesa in un inferno che del nostro mondo ha i contorni e i colori, e la deriva della mancanza di fiducia in una Salvezza che è lasciata tutta interamente agli esseri umani, orfani di Dio per sempre.
La risposta è che non ho una risposta. Posso offrire ben poca luce e nessun conforto. Non sono il tuo Dio. O, se lo sono, non sono un Dio a cui rivolgersi in cerca di salvezza o spiegazioni. Sono un tipo di Dio che in caso di fame ti mangerebbe senza farsi il minimo scrupolo. Tu sei nudo e solo al mondo come eri prima di incontrarmi. Così ora la domanda diventa: sei in grado di conformarti a questa consapevolezza? O essa finirà per distruggerti, svuotarti, renderti un’ombra tra le ombre?