Per scrivere un buon romanzo

Per scrivere un buon romanzo ci vogliono di solito tre cose: una trama forte, un personaggio protagonista che resta in mente, una voce dell’autore ben intonata.

Per scrivere un buon romanzo ci vogliono di solito tre cose: una trama forte, un personaggio protagonista che resta in mente, una voce dell’autore ben intonata. Con qualche approssimazione possiamo dire che la voce dell’autore e lo stile siano la stessa cosa.

Direi che se manca la trama, o abbiamo una trama debole, devono essere forti gli altri due elementi: il personaggio protagonista e lo stile. E abbiamo già ristretto il campo di parecchio. 

Ma proviamo a immaginarlo questo romanzo, proviamo a farne un identikit. Un romanzo di questo tipo difficilmente potrà essere un romanzo di genere. Ne convenite? Perché i generi narrativi più comuni (il giallo, il noir, il fantasy, la fantascienza, il romanzo d’avventura, ma anche il romanzo di formazione ecc.) necessitano tutti di una trama, di una story, e di personaggi in cui incardinarsi. Di un movimento.

Dovrà essere in qualche misura un anti-romanzo, sarà destrutturato nella forma, un romanzo anti-narrativo, dunque, anche se può sembrare un ossimoro. Sarà un romanzo “autoriale”, letterario, elitario, “per pochi”. Sarà probabilmente un romanzo saggistico di idee, o sul personaggio del narratore, sarà forse un’esplorazione sul proprio io, sarà probabilmente metaletterario (una riflessione sul mezzo, sull’atto dello scrivere). Sarà un romanzo per i critici più che per lettori comuni, maliziosamente direi per i premi letterari. Sarà magari un grande libro di un grande scrittore che maneggia meravigliosamente la lingua, certo, c’è anche quel caso. Mi viene in mente chissà perché Le parole di Sartre. Un libro sulle parole, letteralmente, sull’acquisizione delle parole, una piccola Recherche sulle parole scritte, sulla lettura, sull’infanzia fra i libri della biblioteca del nonno, l’odore della cellulosa, della stampa, della polvere, pochissima azione, il minimo, un miracolo di stile memorialistico, un libro come tanti altri, è solo un esempio, un libro che non puoi importi di scrivere, o sei Sartre o è meglio che lasci perdere!

Insomma, se non sei un grande scrittore, con un romanzo così concepito – cioè senza trama e senza personaggi, – rischi di fare un buco nell’acqua, rischi di annoiare il lettore. Alla prossima. Anzi no, l’esercizio, accidenti, mi scordavo l’esercizio. Fate un identikit del vostro scrittore ideale. Bye.

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Andrea Carraro

Andrea Carraro, scrittore, nasce a Roma. Se avesse ricevuto un euro ogni volta che sui media hanno usato il termine “il branco” per parlare di uno stupro di gruppo, citando il titolo del suo romanzo più noto, oggi sarebbe ricco. Invece è “solo” uno scrittore tra i più bravi. Romanziere, autore di racconti e di poesie, nasce a Roma nel 1959. Ha pubblicato i romanzi: A denti stretti (Gremese, 1990), Il branco (Theoria, 1994), diventato un film di Marco Risi, L’erba cattiva (Giunti, 1996), La ragione del più forte (Feltrinelli, 1999), Non c’è più tempo (Rizzoli, 2002) (Premio Mondello), Il sorcio (Gaffi, 2007), Come fratelli (Melville, 2013), Sacrificio (Castelvecchi, 2017) e le poesie narrative Questioni private (Marco Saya, 2013). Ha pubblicato anche due raccolte di racconti, confluite nel volume Tutti i racconti (Melville, 2017). I suoi giudizi critici, sensibili ma affilati quando serve, lo rendono un lettore del cui parere fidarsi con tranquillità.

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