“Storia del mio breve corpo” di Billy-Ray Belcourt (edizioni Black Coffee)

Essere nativi americani in Canada e, al contempo, essere gay e provare il percorso della gioia di essere sé stessi

Sperimentare il disagio esistenziale in maniera duplice, essere nativi americani in un Canada, che, in maniera non dissimile dagli USA, ha colonizzato ogni aspetto della vita autentica delle popolazioni indigene, respingendone ogni afflato, ogni aspettativa, e, al contempo, essere gay. Una condizione esistenziale di estrema difficoltà, che, tuttavia, spinge Billy-Ray Belcourt, in questo memoir poetico, a percorrere, come estrema forma di ribellione sotterranea al sistema, il percorso della gioia di essere sé stessi. La duplice forma di discriminazione è sottesa ad ogni incontro sentimentale o semplicemente solo sessuale, nel quale il corpo e la condizione di Billy-Ray diventano oggetto di un desiderio rabbioso, che fa uscire allo scoperto potenti forme di razzismo.

NDN, è un noto acronimo delle popolazioni native, abbreviazione di Not Dead Native (nativo non ancora morto) con il quale i giovani rivendicano il diritto alla loro utopia di una civiltà in cui la diversità non dà luogo a discriminazione razziale, brutalità o, la cosa peggiore, condiscendenza compassionevole e ipocrita.

“Ci avete portato via anche l’anima, costringendoci a ignorare i nostri idiomi per uniformarci all’inglese, così che le nostre grida si confondessero”, così talvolta argomenta il protagonista, consapevole che, attraverso il corpo, si è in grado di comunicare ogni emozione in connessione con tutto il resto del mondo.

Paura, rabbia, incredulità per il suo appartenere alla comunità queer, anche all’interno della tribù Cree alla quale appartiene, perché la pratica impossibilità di procreare viene vista come un’abdicazione alla ribellione di ogni uomo nativo che non ha altra arma che moltiplicare i suoi geni contro gli oppressori.

Billy-Ray scrive di quanto lo faccia soffrire il confronto con la comunità accademica canadese, che gli punta il dito indicandolo come minoranza, e la difficoltà pressoché costante di trovare un uditorio attento alle grida evidenti di un popolo sanguinante. Persino le catene di suicidi generano allarme e patemi ma non si trova nelle autorità canadesi una vera forma di prevenzione o di solidarietà se non una passiva presa d’atto di quanto, ancora, i nativi, generino disordine e siano buchi dentro un sistema, che, per molti aspetti è da considerarsi perfetto, nella sua offerta di opportunità.

Eppure, come può essere considerato perfetto un sistema ben lontano dall’inclusione, dove ancora, il corpo di un nativo sembra aver diritto a una minor cura di quanto sia riservata ai bianchi, in maniera evidente?

Il corpo queer di Billy-Ray è spesso piegato dal dolore, in lacrime per un amore finito, in lotta con la feticizzazione che esso stesso genera sulle app di incontri, dove la mancanza brutale di rispetto finisce con il diventare una modalità sessuale alla quale lui non sente di sottrarsi. Il senso di esclusione lo porta a sentire di meritare un trattamento deteriore perché, essendo nativo, è inferiore.

Ma il cammino di chi è in cerca della sua propria voce non può essere bloccato, unito idealmente in una modalità di gioia sotterranea, a tutti i NDN, mai morti, nel bisogno di visibilità, dopo essere stati ricacciati a forza nell’ombra.

Appunti, confessioni, momenti di tenerezza, tutto senza pudore, messo a disposizione del lettore, con un coraggio invidiabile. Il cuore, nella sua essenza più cruda, esposto.

Ovunque io vada indosso parole logore. Sono un NDN canadese, e questo singhiozzo, questa momentanea amnesia per me non è una novità. Le parole mi si appiccicano addosso come orfani nel nulla. Muto continuamente forma, passo dall’essere orfano che guarda il nulla al nulla stesso. Nei panni di entrambi, però, accumulo lettere gonfie di potere simbolico, il prodotto di una Storia non ancora sazia di discorsi sconnessi. Con la ribellione della mente la indirizzo a un domani libero dai raggiri retorici dei colonizzatori, ovunque essi siano. Il mio corpo è un mezzo di trasporto, il che rende il mio cuore un motore.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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