È il 1972 e Amado ha sessant’anni quando scrive Teresa Batista; è autore di grande padronanza stilistica e la sua visione politica è ormai profonda e matura. È lontano dalla narrazione prossima alla rigida ortodossia e, pur mantenendo un diretto coinvolgimento nelle cose della politica, si esprime in modo sempre più libero, dissacrante e ironico. L’universo interiore dell’autore Jorge Amado si specchia in modo diretto e trasparente nelle sue opere. Il narratore onnisciente Jorge Amado somiglia come un gemello siamese all’uomo che, nel 1961, durante il suo discorso di insediamento all’Academia Brasileira de Letras, si vanta di aver frequentato da ragazzo “bordelli e bar di infimo ordine, di aver spesso veleggiato nelle imbarcazioni dei pescatori e di aver ottenuto, prima dei diciotto anni, un ruolo riconosciuto nei riti di possessione del candomblé”.
Jorge Amado non è uomo completamente integrabile nelle istituzioni, di cui si diverte a capovolgere le convenzioni e i luoghi comuni.
Dal 1964 in Brasile si è imposta la dittatura militare. Ma a Jorge Amado interessa raccontare il gioco economico che si nasconde dietro al colpo di stato, le diseguaglianze profonde, strutturali della società brasiliana piuttosto che fare una cronaca fotografica degli avvenimenti. E malgrado scriva, con Teresa Batista, la storia di una donna raccontata in chiave mitologica, non rinuncia affatto alla critica sociale. Anzi Teresa Batista, dedicato alla moglie Zélia, all’interno dell’opera di Amado si distingue come uno dei più vigorosi dal punto di vista politico e come uno dei più potenti e audaci dal punto di vista erotico.
Più che singolo romanzo risulta piuttosto insieme composito di più romanzi che raccontano le numerose dimensioni mitiche di Teresa, tante quanti i narratori che a turno ritraggono un capitolo della sua vita. Tutti questi episodi sono animati dal rifiuto appassionato di ogni tipo di subalternità e oppressione sociale.
Forse la più eroica delle identità della protagonista è Tereza dell’Ypsilon, Tereza do Ypsilone, non donna, ma fantasma, visione, regina del vaiolo.
Dal capitolo Abc del combattimento fra Teresa e il vaiolo nero
«È falsa e vana qualsiasi differenza si voglia stabilire tra gli uomini basandosi sul peso del denaro e della posizione sociale. Le differenze si rivelano in tutto il loro peso e nel loro esatto valore soltanto quando si tratta di battersi con la morte, quando si combatte in campo aperto: allora l’unica norma è l’integrità della persona».
E questa battaglia coraggiosa contro il vaiolo la combattono le prostitute, capeggiate da Teresa Batista, abbandonate dalle autorità, dai notabili, dai benestanti e dai benpensanti del Paese. Ad aiutare il medico, per curare e vaccinare i pazienti, ci sarà Teresa, la prostituta che torna vergine all’incontro con ciascuno dei tre amori della sua vita, e che, quando un amore finisce, preferisce tornare a prostituirsi piuttosto che fingere affetto verso un uomo disposto a mantenerla.
«Per curare i vaiolosi, per far fronte al fetore e ai lamenti (…) coglioni ci vogliono e anche stomaco e cuore e soltanto le donne perdute posseggono una competenza simile perché se la guadagnano esercitando il loro mestiere (…) imparano quanto poco vale la vita e il molto che essa vale, hanno la pelle incallita e la bocca amara, eppure non sono aride né insensibili o indifferenti alla sofferenza degli altri – esse hanno il vigore di un coraggio smisurato. Basterebbe il nome: donne-di-vita.»
Ho sempre trovato difficile, giunti all’ultima pagina, dire addio a Teresa, la bambina venduta come schiava che fa di sé una protagonista e un’eroina. Tanto che, se avrete pazienza, torneremo ancora sulle rivoluzioni di Teresa e del femminile raccontato da Jorge Amado.
Nella foto Zélia Gattai Amado, Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Jorge Amado con Mãe Senhora, una Mãe de Santo (sacerdotessa del Candomblé).