Non c’è uno stato d’animo giusto per scrivere un romanzo, ce ne sono diversi, e sono banalmente gli stati d’animo che attraversiamo in prevalenza durante la progettazione e la stesura del libro. Sia quelli positivi che quelli negativi. Voglio dire che tutto ciò che viviamo in quel certo periodo, – le letture, gli incontri, i viaggi, il lavoro, i lutti, i successi, ecc. – sono da considerarsi “giusti”, cioè utili al nostro lavoro. Perché il romanzo è un organismo fluido e composito che si alimenta del nostro vissuto senza che noi ce ne rendiamo conto, è una nostra proiezione, siamo noi in quel certo periodo, anche il nostro tempo perso, la noia, i contrattempi, la fatica del vivere quotidiano, le malattie che eventualmente attraversiamo, depressione compresa, almeno nelle fasi meno acute, perché la depressione più grave è paralizzante, tutto si riflette nel nostro romanzo in progress. Quindi non c’è uno stato d’animo giusto, per il romanzo, si possono scrivere pagine significative, emotivamente coinvolgenti, anche quando siamo tristi, parzialmente depressi o scoglionati… Tenendo presente che si scrive un romanzo anche durante il lavoro parallelo di ricerca e approfondimento, non solo nella fase della scrittura vera e propria.
Questa settimana vi propongo un esercizio di scrittura narrativa, scrivete un racconto di massimo 8000 battute, in cui l’eroe [che potete anche essere voi stessi, il vostro alter ego] viaggia nel tempo con teletrasporto o con altri sistemi a piacere, in un’altra epoca del passato (o del futuro) e in un altro luogo, a scelta, per la durata di una settimana. Raccontate quei 7 giorni straordinari (nel senso di fuori dall’ordinario, potrebbero anche essere uno schifo), prima del rientro, durante i quali avrà a disposizione un superpotere, decidete voi quale. Dopodiché tutto tornerà come era prima, tranne per una cosa, per un dettaglio che resterà non solo come testimonianza, ma con un ruolo attivo nella sua vita futura e nel finale della storia… quale dettaglio? Eh, questo lo dovete creare/inventare voi. Come traccia letteraria/filmica orientativa, vi lascio questa frase: “Se i miei calcoli sono esatti, quando questo aggeggio toccherà le 88 miglia orarie ne vedremo delle belle, Marty”.
Alla prossima!