“Esercizi di fiducia” di Susan Choi (edizioni BigSur)

Vincitore del National Book Award nel 2019, costruito come una sorta di scatole cinesi, in cui il punto di vista narrativo cambia più volte prospettiva

Gli esercizi di fiducia ai quali vengono sottoposti i giovani aspiranti attori adolescenti di una scuola superiore californiana li costringe ad affrontare le loro mancanze. Messi una di fronte all’altro si affrontano i quindicenni David e Sarah al capolinea di una turbolenta e appassionata storia d’amore, rimasta in sospeso per una serie di equivoci dovuti alla poca chiarezza.

Il professor Kingsley, un uomo attraente che vive con un altro uomo, e ha partecipato a un musical en travesti, è il loro insegnante di recitazione che li spinge a condurre questi sfiancanti esercizi emotivi per fargli sentire il contesto  in cui si svolge l’esperienza di un attore e diventare consapevoli di quanto si esprime con il corpo e la voce. Le mani sudate, il fiato corto, le dita inerti che si sfiorano senza toccarsi davvero, i due mettono in scena, davanti ai loro compagni di corso, la loro rabbiosa infelicità.

Immersi nella loro realtà fatta di bisogno di approvazione e di conferme, circondati dal giudizio feroce dei compagni che, senza averli visti, sanno che hanno fatto sesso sul palco del teatro, frettolosamente, alla fine, senza essersi mai spiegati, David e Sarah cercano altre storie, fanno del male agli altri, con sbadatezza e desiderio di farsi notare. In particolare Sarah, gelosa del talento canoro di Manuel, rivela alla sorella quello che crede di aver capito sulla sua vita sessuale  e il ragazzo viene ritirato dalla scuola.

I loro equilibri implodono con l’entrata in scena di un gruppo di ragazzi inglesi, accompagnati da due adulti, Liam e Martin, che avranno storie con Sarah e Karen e avranno un ruolo nella vita di entrambe, nella loro crescita.

Sarah diventerà una scrittrice, Karen per un po’ danzerà e poi si rassegnerà ad una vita da organizzatrice di eventi, segretaria e contabile, e il vero talento artistico sarà David, che è rimasto a Los Angeles, ed è diventato un regista teatrale.

Ognuno di loro ricorda, con una serie di varianti, gli esercizi di fiducia.

Dopo 15 anni scopriamo la verità nascosta dietro la narrazione, il punto di vista  parziale, romanzato e, secondo qualcuno, anche sleale di Sarah che ha raccontato in un libro le storie legate a quegli esercizi. Le parole nascondono coltelli, sono taglienti e non dicono quasi mai quello che intendono.

Non sapremo necessariamente chi dice la verità, perché come dice Calvino, “non c’è linguaggio senza inganno” e perché ognuno vive e narra la storia che vuole, diversa da quella degli altri.

Sarah e Karen si rincontrano da adulte, in un momento in cui sono impegnate, alla soglia dei 30 anni, a fare bilanci. Karen ha fatto un provino per una piece teatrale diretta da David, mettendosi in gioco e accettando la sua parte selvaggia, e Sarah decide di vederla e anzi di dare il suo contributo allo spettacolo come aiutante costumista, il ruolo che svolgeva da ragazzina nelle recite scolastiche.

Attore principale della piece, a sorpresa, è il ragazzo (era già adulto quando loro erano ragazzi) inglese, Martin che nessuno vedeva da quella lontana estate, e che era rimasto in contatto con David, dopo aver saputo che era diventato un regista. Martin cerca un riscatto dopo una sospensione della carriera. Quello che troverà saranno altri confronti inaspettati.

Nessuno sarà più come prima, ammesso che ci sia scampo dagli amori e dai rancori dell’adolescenza.

Vincitore del National Book Award nel 2019, costruito come una sorta di scatole cinesi, in cui il punto di vista narrativo cambia di prospettiva, a seconda della voce narrante, questo libro mi ha fatto pensare a tutte le feroci passioni di quando avevo 15 anni, quando le ferite che infliggi e che ti lasci infliggere ti lasciano solchi, dai quali, per guarire, hai bisogno di narrarle e lasciarle prigioniere sulla carta.

Davvero, non sappiamo mai niente degli altri.

Quando diciamo che siamo ossessionati, stiamo dicendo che siamo posseduti, controllati, perseguitati da qualcosa o qualcun altro. Siamo circondati, sotto assedio. Non abbiamo scelta. Io avevo l’ossessione di Sarah, cioè ero ossessionata da lei, la sua esistenza mi privava di qualcosa che mi serviva per sentirmi completa e padrona di me stessa. Fossi andata a chiederlo a Sarah però lei avrebbe detto che non mi aveva mai fatto niente. È sempre così con le persone di cui siamo ossessionate.

E quindi chi è che la provoca – l’ossessione? Non era colpa né sua né mia. L’ossessione è un tormento involontario, inflitto da una persona ignara di essere un fantasma. Io sapevo che Sarah era il mio fantasma, ma lei si era dimenticata della mia esistenza.

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Marilena Votta

Marilena Votta nasce a Napoli e trascorre la sua infanzia e adolescenza in un luogo fatto di sole accecante e ombre altrettanto tenaci. Ha pubblicato le raccolte di racconti Equilibri sospesi, La ragazza di miele e altre storie (Progetto Cultura, 2016) e Diastema (Ensemble, 2020), e la raccolta di poesie Estate (Progetto Cultura, 2019). Il suo racconto “Fratello maggiore fratello minore” è stato pubblicato nell’antologia “Roma-Tuscolana”. Alcuni suoi racconti sono disponibili su varie riviste on line e cartacee. Nell’ottobre 2021 pubblica il suo primo romanzo, Stati di desiderio, con D editore. Del suo rapporto con la scrittura asserisce, convinta, che è il suo posto nel mondo. Scrive recensioni di libri che ama per "Dentro la lampada", la rivista della scuola Genius.

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