– Ma non c’era un portone, qui? – eppure eccola là, l’insegna al neon: “Darcy’s”.
– Ci vediamo al Darcy’s – , aveva detto Luca, anzi, per la precisione, l’aveva scritto in chat.
– Mi fai una media chiara, per favore – sedette su di uno sgabello al bancone.
– E per Luca?
– C-come? Come fai a sapere che sto aspettando Luca?
– Me l’ha detto lui, cara Elisa.
– Pure il mio nome! Ma come hai fatto a riconoscermi, scusa?
A questo il barista non rispose, ma cominciò a spillare la birra. Di lì a poco, lei cominciava a bere, sgranocchiando di tanto in tanto una nocciolina.
– Scusa, ci sono solo queste o si può avere qualcos’altro da mangiare?
– Ma tu fai sempre così?
– In che senso, scusa?
– Mangi e bevi impunemente, senza aspettare il tizio con cui hai un appuntamento? Non sei un po’ nervosa?
– Non vedo come la faccenda ti riguardi.
– E dai, non ci formalizziamo. Dimmi un po’, con Luca vi siete conosciuti su Tinder?
– Ah, non te l’ha detto? Strano. Comunque sì – . Elisa, per un attimo, abbassò gli occhi sulla sua birra. Poi l’avvicinò alla bocca, bevve un sorso, quindi fissò di nuovo il barista negli occhi. – E allora?
– Allora, da quant’è che lo usi?
– L’ho installato da due anni, ma lo apro di rado.
– Mica lo apri quando sei triste?
– Nah. Lo apro quando sono incazzata.
– E tu che cosa sai di Luca?
– Luca, 38 anni. 30 chilometri di distanza. Ha studiato presso “Università della vita” – . Qui il barista rise.
– Non ti ho chiesto il suo profilo.
– Ma io solo quello so, di lui.
– Ho capito. E che dice il tuo, di profilo?
– Elisa, 40 anni. Non sa che cosa cerca, ma spera di trovarla qui.
– Sul serio? E c’è pure qualcuno che prova a rimorchiarti, con questa presentazione?
– Capita, sì. Ma di solito…
– Resti delusa? – . Elisa guardò di nuovo nel suo bicchiere, che ora era vuoto. Il barista ne piazzò un altro sotto alla spina.
– Non proprio. È che, appena aprono bocca, io comincio a pensare ai fatti miei.
– Perché sono noiosi?
– Sì. Credo.
– Ma non lo sai di preciso perché non ascolti una parola di quello che dicono.
– Già.
– Ma allora perché stai su Tinder?
– Non ci stanno tutti? E poi tanti miei amici sono sposati, tu capisci.
– Veramente no.
Elisa tacque; la sua gamba destra cominciò a vibrare, sbattendo contro al bancone. Si sforzò di ricordare perché avesse scelto Luca, a parte che era un uomo, aveva più o meno la sua età e sembrava carino in foto.
– Questa ti farà bene.
Le porse la birra. Elisa abbozzò un sorriso.
– Una non bastava a guarirmi? Sono un caso disperato.
– Quando ti ho dato l’altra, non sapevo niente. Questa birra è diversa – . Pronunciò l’ultima frase con un tono solenne.
– Se lo dici tu, – Elisa bevve un sorso – comunque è proprio buona. Ma questo quando arriva?
– Beh, controlla se ti ha mandato un messaggio.
Elisa estrasse il telefono dalla borsa. Come aprì Tinder, invece della faccia di un tizio, apparvero due figure in movimento, un uomo e una bambina. Elisa si stava chiedendo che cosa stesse succedendo, che cosa fosse quel video, quando si accorse con stupore che le due persone erano lei e suo padre, nella cucina dei suoi. La Elisa piccola era sui quattro anni e stava in piedi accanto a suo padre, seduto a tavola. Gli versava del tè, ma senza guardare la tazza; fissava invece un punto da qualche parte davanti a sé, infatti rovesciò gran parte del tè sulla tovaglia. – Sei il solito disastro, Elisa! Sei così persa nei tuoi pensieri che non riesci neanche a versare il tè! Non ti sposerà mai nessuno, lo sai? – Elisa cliccò sulla crocetta, – E statti zitto! – , la scena si interruppe e ne apparve un’altra. Ora sullo schermo c’era una Elisa adulta come quella al bancone, in piedi in una cucina diversa, e seduto a tavola c’era un uomo più giovane. – Vuoi un po’ di caffè, Luca? – chiese la Elisa sullo schermo. – Sì, grazie – disse l’uomo, – ma che combini? – lei, lo sguardo che vagava fuori dalla finestra, gli stava versando caffè sui pantaloni. – Non ti sopporto più, Elisa! A che serve una moglie, se non sa manco versare il caffè? La devi smettere di vivere nel tuo mondo di fantasia! – Elisa cliccò di nuovo sulla crocetta, con violenza, alzò gli occhi e vide che il barista la stava fissando, con uno sguardo carico di significato. – Guarda chi c’è, – dalla porta era entrato l’uomo appena eliminato sullo schermo e si stava dirigendo dritto al bancone.
– Elisa? – la indicò con un dito; quasi a sceglierla su di uno scaffale, pensò lei.
– No, mi chiamo Anna. Mi dispiace – . Gli fece un sorrisone. Il barista ridacchiò.
Poco dopo era uscita. Sarebbe tornata a casa, o magari se ne sarebbe andata al cinema; non aveva ancora deciso, ma si sentiva entusiasta del suo tempo libero come non le accadeva da tempo. Ma c’era una cosa che doveva fare prima di tutte le altre: prese il telefono e, cliccando sull’icona, disinstallò Tinder. Poi, non sapendo bene perché, si gettò un’occhiata alle spalle, verso il pub. Ma quale pub? C’era solo un portone. Non si scompose troppo: in fin dei conti, quel posto, non lo aveva mica mai sentito nominare.