Oggi mi rivolgo a chi scrive racconti, e, poniamo, ne ha messi su parecchi e vorrebbe pubblicarli in un libro unico, in raccolta. Intanto, un libro di racconti deve avere un’unità, non deve essere un’accozzaglia di cose diverse e incongruenti, dobbiamo pensarlo come un organismo multiplo ma unico, indipendente, autonomo. Il nostro libro deve essere il frutto di una selezione, cioè contenere racconti che si somigliano per temi, per stile di scrittura, per senso…
Ma con quale cominciamo? In una raccolta di racconti – io ne ho pubblicate un paio e quindi mi sono interrogato molto sulla questione, – non è secondaria la scelta del racconto con il quale partire. Vi faccio un esempio. Ne I racconti della Kolyma, bellissimo libro di racconti dello scrittore russo Varlan Salamov sull’esperienza del gulag, il primo racconto, Sulla neve, rappresenta a tutti gli effetti un apripista, un prologo a tutti gli altri, un antefatto potentemente metaforico dell’intero contenuto del libro. Esso racconta come si apre una strada nella neve. Ecco come comincia:
“Come si apre una strada nella neve vergine? Un uomo marcia in testa, sudando e bestemmiando, muovendo a stento i piedi, continuando a sprofondare nella neve molle, alta”.
Ecco, questo racconto introduce perfettamente, molto meglio di qualunque introduzione didascalica, cioè “spiegata”, al contenuto del libro, all’atmosfera dura, spietata del campo di prigionia siberiano, all’ambientazione inospitale fra quei ghiacci perenni, dove il sentimento della morte è presente in ogni momento della giornata e anche nei sogni. Un po’ come succede in guerra. Quindi pensiamoci bene con quale racconto iniziare la nostra raccolta, con quale storia presentarci al lettore, per catturare la sua attenzione, per farlo andare avanti nella lettura. Insomma, proprio come succede per l’incipit di un romanzo, il nostro primo racconto, che potrebbe anche dare il titolo alla raccolta, spesso funziona!, deve essere forte, potente, non necessariamente il migliore, ma certo fra i migliori, il più significativo. Beh, alla prossima.