Abbiamo più volte consigliato di asciugare la lingua, se non avete validissimi motivi stilistici/poetici per non farlo, se non siete ridondanti/barocchi per vocazione. Se per arrivare a un certo punto sono necessarie, poniamo, dalle 15 alle 20 parole, non ne usate neppure una in più. Il lettore non è un gonzo: se voi gli allungate il brodo per far brillare la vostra capacità retorica o la vostra erudizione o altro lo capisce. Usate una prosa semplice, concreta, funzionale alla narrazione, specialmente se state ancora cercando una vostra voce, evitare le frasi a effetto, non cercate di sedurre il lettore con immagini e parole che non rientrano nel vostro bagaglio linguistico abituale. Evitate di abusare delle metafore e delle similitudini se vi accorgete che sono banali (il tempo è tiranno, la speranza è l’ultima a morire ecc.) e appesantiscono inutilmente il nostro racconto. Ma se proprio decidete di usarle, evitate come la peste le metafore imprecise, che possono diventare involontariamente comiche: per esempio in banca c’era un collega che diceva continuamente, e scriveva, “a lunghe linee” (invece che “a grandi linee”).
Dentro la lampada
Il tocco
“Le dico mamma non toccarmi. Niente. Che fastidio ti dà? mi dice”. E con le mani continua a scavare nella carne del figlio.