Cicciobello

Cicciobello sorrideva beato. L’aveva messo seduto sotto l’albero ma forse seduto non era la posizione migliore. E infatti

Cicciobello sorrideva beato. L’aveva messo seduto sotto l’albero ma forse seduto non era la posizione migliore. Sdraiato sul divano accanto all’albero. Pareva morto. Di là in camera, così Valentina l’avrebbe trovato al suo posto. Ma non era il suo posto la stanza dove la figlia dormiva con lui una volta a settimana. Che idiozia, Babbo Natale si ferma in salotto, mica gira tutta casa. Tutta casa, due stanze con angolo cottura. Il massimo che poteva permettersi, a casa vera ci stava sua moglie. Ex. Ormai.
Il botto finale c’era stato proprio un anno fa. Perché Babbo Natale mica è un coglione che molla da una parte uno scatolone e se ne va via. Non è cretino che nemmeno controlla prima se i pezzi ci sono tutti, che non sia mai ne manca uno poi gli tocca di correre a cercarlo come se non sapesse che tutti i negozi il giorno di Natale sono chiusi. E poi figurati, ti pare che Babbo Natale non sa montare la casa di Barbie? Ebbene sì, cioè no, Babbo Natale la casetta non la sa montare, è inutile che ci provi perché tanto non sa dove mettere le mani, se manca un pezzo manco se ne accorge perché non avrebbe idea di dove va come del resto tutti gli altri, e se fosse per lui lascerebbe l’enorme scatola infiocchettata in mezzo al salotto per poi finire di guardarsi in santa pace lo speciale Natale dei Griffin.
Ma Valeria gli aveva tolto il telecomando dalle mani, l’aveva puntato come una pistola contro la TV, quella si era zittita di botto, e l’aveva lanciato dietro al divano.
Inutile insistere oltre.
Avevano passato mezza nottata a cercare di montare quella cazzo di casetta, l’avevano fatta e rifatta daccapo almeno tre volte. “E’ così bello costruire una cosa per la bambina noi due insieme…”. Ci metteva tutto l’impegno e ogni tanto alzava la testa e lo fissava con due occhi che di gioioso non avevano nulla. Non ce la faceva ad ammettere che lui con le mani era proprio una pippa. Poi si era alzata di scatto. “Non solo con le mani! E’ proprio il cervello che ce l’hai bacato!”. E se ne era andata di là sbattendo la porta. Era rimasto lì per terra sotto l’albero a tentare ancora disperatamente di comporre quel disastro. Sperava quasi che Valentina si svegliasse ed entrasse in salotto trovandolo così, pur di metter fine a quella tortura. All’alba si era arreso. Valeria era in piedi davanti all’albero, lo aveva fulminato con uno sguardo feroce. “Che incapace! Basta. Lascia perdere”.
Se ne era andato in bagno a farsi una doccia. Si faceva schifo e anche un po’ pena. E neanche con l’acqua bollente veniva via. Quando si era affacciato in salotto la casetta troneggiava lì in mezzo, perfettamente montata, Barbie principessa vicino alla porta e Barbie in costume vicino alla piscina, c’era pure Ken appoggiato alla staccionata del giardino. Non faceva un cazzo neanche lui, ma lì ci stava bene. “Non era così difficile”. L’ultima frecciata di Valeria.
Prese in braccio Cicciobello, bello grassoccio e tutto intero, e lo rimise nella sua scatola, stava meglio lì dentro, faceva più regalo, poi ci riattaccò sopra la coccarda rosa e lo poggiò ai piedi dell’albero.

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Claudia Dalmastri

Con la passione per la scrittura come veicolo di emozioni insieme a uno sguardo scientifico, Claudia Dalmastri, microbiologa in cerca di nuove forme di espressione, ha pubblicato numerosi racconti su riviste e Antologie e tre libri: "Avanzi c’è pasta e... altro ancora. La cucina ai tempi della crisi" (Progetto Cultura, 2015); il romanzo "Le cose che non si devono dire" (Il seme bianco, 2018); "Disreality" (Ensemble, 2021), raccolta di racconti distopici. Alle sue opere sono stati assegnati diversi Premi letterari.

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