Per portare la gente in macchina servono una camicia pulita e tanta pazienza.
– Le do fastidio se accendo la radio?
– Sì.
Appunto, troppa pazienza. Questo qui non ci pensa che la radio tiene svegli e io ho sonno come la bambina che dorme sul sedile posteriore. Lui si chiama Cordaro, anzi signorcordaro come ha detto Visentini: signorcordaro deve essere a Colonia domattina alle otto. Ma io non ce la faccio, oggi ho già viaggiato dieci ore e devo dormire. Non ce la faccio. Anche se signorcordaro paga milleduecento euro, no, non voglio mica ammazzare signorcordaro e signormestesso in un botto solo. Non fare il finocchio, ti fai una doccia e vai. Perché non ci mandi Copetti? Copetti sta dalla moglie che ha avuto un bambino, a te non ti pesa lavorare di notte, tu sei single. Visentini stavolta devo dirti di no. Mirko tu non puoi dire di no, uno che mi ha sfondato una Mercedes non può dirmi di no.
– State comodi dietro?
Cordaro fa sssssh. Andiamo bene, signorcordaro, non ti piace la radio e non ti va di parlare, certo certo, ma a me la testa mi pesa sugli occhi. Che poi quando ho fatto il botto è stato proprio per un colpo di sonno che la macchina se n’è andata da sola e mi sono risvegliato quasi dentro il culo di un tir e ho rimbalzato come una palletta da tennis contro il guardrail mentre la lamiera mi entrava nella spalla e io gridavo: mai più senza dormire mai più.
Una ciocca di capelli sfiora le labbra della ragazzina, quando la luce l’illumina di sbieco sembra una grande.
– Le chiedo un favore.
– Mi dica.
– Lasciamo dormire Alice, va bene?
– Da qui a Colonia è lunga. Prima o poi si sveglierà.
– Alice dorme sempre in macchina quando nessuno la disturba.
– E se si sveglia è un problema?
Lui non mi risponde, si porta l’indice della mano sinistra alle labbra e fa il segno del silenzio. Certo certo, signorcordaro, sto zitto.
Verso Bellinzona Alice si agita. Cordaro comincia ad accarezzarle la fronte, canticchiando nananà nananà nanananà nanananà… macché nananà, no no no dico io, ma che sei matto, pure la ninnananna? Così non so se resta addormentata lei ma di certo m’addormento io su questa strada noiosa come la vita sessuale di una suora buia come il buco del culo d’Europa amara come un budino di merda liquida come una neve sciolta che si sporca appena tocca l’asfalto si srotola sul soffio del vento che sussurra si gela lungo i margini tutti uguali punteggiati da segnali tutti uguali come gli alberi tutti uguali che rincorrono veicoli tutti uguali con i fari tutti uguali e mentre guido nel sole penso: prima però non era giorno, lo ripeto tre volte con la bocca impastata e la lingua che non si muove. Sento la mia voce venire da un punto dietro l’orecchio: è notte e sogno che è giorno, sto dormendo e sogno che guido, se non apro gli occhi sono morto. Devo svegliarmi devo, devo svegliarmi. Allora Alice apre gli occhi. Nerissimi. Da donna grande. E mi fissa. E grida. E grida. E grida. E allunga il braccio. E allunga le dita con le unghie rosse e me le ficca nella spalla e il mio grido si unisce al suo che risuona rallentato mentre sbatto quasi contro il fianco della montagna con i freni che rispondono all’ultimo momento.
– Le chiedo un favore, non freni più in questo modo.
Certo certo signorcordaro la prossima volta non freno proprio così ti spalmi sul guardrail e nessuno ti disturba più.
– Mi scusi, un colpo di sonno, meno male che Alice mi ha svegliato.
– Che vuol dire? Alice dorme.
Certo certo, quando non tira fuori gli artigli. Ma poi davvero sta dormendo con il respiro regolare e le mani da bambina. Beh, meno male che me la sono sognata che mi ficcava le unghie lunghe nella pelle, se no dormivo ancora.
Mi massaggio la spalla.
– Le fa male?
– Un vecchio incidente.
Sul cotone c’è una macchietta di sangue, la ferita si è riaperta e ha sporcato la camicia, era l’ultima pulita e questo mi secca. Ma tanto domani sto fermo sicuro.
– Le chiedo un favore.
Un altro? Signorcordaro se ne approfitta, eh. Comincia a dire che ha una fretta che io non posso immaginare per degli affari che nessuno può capire e vuole fare tutto il viaggio senza fermarsi se è possibile. E purtroppo non è possibile, chi non si ferma fa il botto.
– Mi stia a sentire. Cosa le serve oggi come oggi?
Niente mi serve, oppure tante cose mi servono. Che vuol dire, cos’è, un gioco? Signorcordaro adesso ha voglia di parlare, parla piano quasi soffia ma parla, meglio così, mi tiene sveglio.
– Che mi fa un test?
– No, no. A tutti serve qualcosa. Non c’è una cosa che vorrebbe al mondo?
Troppe ce ne stanno, certo certo.
– Magari c’è qualcuno a cui vorrebbe fare un regalo.
Lascia perdere signorcordaro, io c’ho avuto l’anno del cane, una settimana fa ho rivisto Laura e lei m’ha detto: sei diverso, certo certo sono un cadavere non lo vedi? Non è che ammazzi uno poi quando si decompone gli dici che è diverso, sei tu che mi hai lasciato così senza qualcuno da fargli un regalo.
– Magari c’è qualcosa che ha perso e vorrebbe riavere. Non ha mai perduto niente di importante?
Importante è quello che gli dai importanza. Per Laura è importante svegliarsi che c’è un uomo vicino e dice che con me non era mai sicura, certo certo, dice che il nostro era una specie d’amore instabile. Sono le cose, dico io. Le cose? Certo certo, le cose, io l’anno scorso lavoravo in quella fabbrica di scarpe. E che c’entra? Non lo so. Facile rispondere così, e poi io prima o poi voglio un figlio. Certo certo, lo so. E tu? Io? Io non voglio esserci quando le cose gli andranno male.
– Non mi dica che ha perso una ragazza o la fede, io parlo di oggetti, cose di un qualche valore. Tutti abbiamo una cosa alla quale tenevamo e che abbiamo perduto, magari un orologio, un gioiello. Qualcosa c’è sempre. Una cosa c’è.
– Una Mercedes 350 Elegance.
– E come ha fatto a perdere una Mercedes?
– In effetti non l’ho persa, però ho fatto diecimila euro di danni. Cordaro ci pensa solo un secondo.
– Se arriviamo a Colonia entro le otto, gliela faccio aggiustare io.
Certo certo, lo sai signorcordaro che per diecimila euro io mi piscio pure addosso per non fermarmi.
Cordaro tira fuori dalla giacca il portafogli, riempie un assegno e lo fa cadere sul sedile del passeggero.
– Lo sa che quello lo chiamano il posto della morte?
Cordaro ride ma io non ci trovo niente da ridere, comunque ci sono diecimila euro sul posto della morte e un ricco scemo con una bambina addormentata che devono arrivare a Colonia tra sei ore e allora accelero certo certo che accelero certo certo che accelero certo certo.
Dopo Lucerna, Luzern come dicono qui, la bambina fa un casino, trema, strilla, si aggrappa a Cordaro che quasi gli strappa il colletto della camicia e mentre lui cerca in tasca qualcosa il suo pianto risuona tanto angoscioso nella macchina che per poco non mi prende un colpo e freno quando non devo e la Mercedes scarta di lato e allora Alice mi fissa nello specchietto con uno sguardo che sembra quello d’una di novant’anni che ha già visto tutto della vita e mi viene su la tristezza per questi occhi da vecchia appiccicati al viso da bambina che le si gonfiano le borse sotto gli occhi e le rughe si allungano sulle guance e non ve lo so dire com’è possibile che la sua pelle si fa sottile con le vene azzurre che si vedono lungo il corpo che appena un attimo prima era tondo e adesso è secco come se le ossa volessero prendersi la loro rivincita e spuntare di fuori e la bocca è aperta in un grido che sembra disperato e vorrei dirle che non c’è niente che non va e allora Cordaro più agitato di lei tira fuori dalla tasca una siringa e vedo l’ago entrare nel braccio rinsecchito di Alice che dopo una smorfia lunghissima mi sorride e si lascia andare con la testa contro il sedile.
– Sveglia, sta dormendo.
Cordaro mi sfiora la spalla e mi fa sobbalzare. Per fortuna la strada è sgombra e posso riprendere la via con un’accelerata. Certo certo, sto dormendo e dietro sta dormendo tranquilla pure la bambina.
– Me ne sono accorto perché ha rallentato troppo. Dovrò stare attento a lei, mi pare.
Certo certo signorcordaro, stai attento tu che se non c’è nessuno che mi sta attento io vado lungo e intanto mi sogno che la piccola Alice c’ha cent’anni, certo certo.
Il viaggio continua monotono. Ogni tanto Cordaro porta le sue mani tra i capelli di Alice e l’accarezza. L’assegno si è adagiato sul bordo del sedile e mi basta spostare di poco lo sguardo per leggere la cifra 10.000,00 scritta con mano sicura.
– Dove siamo?
– Da qualche parte in Germania.
– Siamo lontani, mi pare.
È vero, siamo lontani, certo certo, Visentini non fa mai il conto giusto dei chilometri e delle ore, per far contenti i clienti dice sempre di sì e invece a Cordaro bisognava dirgli di no.
– Dobbiamo farcela, ha capito?
Ho capito sì. Signorcordaro è pazzo ma paga bene e allora vediamo se davvero non arriviamo in tempo, se schiaccio davvero l’acceleratore, se davvero guido come so guidare, se brucio la strada come uno che davvero la strada è roba sua. Che Visentini la deve smettere di dire che ho fatto il botto perché non so guidare. Infame Visentini. Devo solo stare attento perché quando guido a questa velocità i riflessi sono più importanti dei freni e questa strada sta diventando nera come una grotta di piombo e vedo le curve sempre più tardi mentre capirlo prima come sono fatte significa prenderle meglio e pure la spalla mi fa meno male se posso prendere giusta una curva che altrimenti il dolore mi brucia quando cerco di mantenere la macchina bene in strada perché se ti appare tardi la linea della mezzeria che svolta di colpo dall’altra parte c’è pure il rischio che vai dritto quando non devi. E una curva segue l’altra da destra a sinistra e poi da sinistra a destra e poi il rettilineo che saranno trecento metri quindi io posso spingere di più e devo ancora accorgermi che questa è pericolosa, una curva pericolosa che andrebbe segnalata e invece compare di colpo e la Mercedes prende quasi il volo lungo il guardrail però riesco a rimetterla dritta anche se si sente un fischio delle ruote che adesso sono sicuro che si sveglia la bambina e non posso farci niente ma meno male che Alice apre gli occhi senza piangere e mi sorride con il suo corpo snello da ventenne e i capelli sciolti lungo la schiena nuda e si sdraia accanto a me poggiando la testa sulla mia camicia e io sento i capezzoli dei suoi seni sul mio corpo e allora la rigiro ridendo e mi sdraio sopra di lei sollevandomi un poco per liberare il mio sesso dai pantaloni e farlo penetrare dentro il suo umido e caldo. E lei fa lo stesso sospiro di felicità quasi incredulo che faceva Laura quando veniva perché le piaceva così tanto farlo con me che non avrei mai creduto che un giorno andava via dicendo che il sesso era l’unica cosa che volevo da lei e la vita non è solo scopare e guidare le macchine, per quanto, dico io, è bello, no? Adesso Alice ha trent’anni e le sue labbra sono carnose, è abbronzata come al mare e scende con la lingua verso il mio inguine. Ma Alice non devi fare questo con me, tuo padre si arrabbia. Cordaro non è mio padre, abbiamo una storia. Ma Alice tu sei una bambina piccola. Credi davvero? E sorride come una donna di cinquanta ancora molto bella. Ma quanti anni hai? le chiedo. Nessuno lo sa, nemmeno io. Ogni volta che apro gli occhi mi sento diversa. Certo certo e questa cosa ti fa impazzire.
Mi guarda come una bambina appena sgridata: – Lui qualche volta ha paura che mi sveglio.
– Per questo ti fa le iniezioni?
Alice fa sì con la testa e poi scoppia a ridere, la sua è una risata sonora, se la gusta proprio, sembra che ci gode a sentire il suono della sua allegria infantile mentre dice: – Ha paura perché qualche volta impazzo.
– Ma allora ti fa dormire sempre?
Alice abbassa la testa come una sedicenne vanitosa. – No, quasi tutto il tempo io sono brava.
Poi nel gelo della notte spalanca i suoi occhioni neri e dice: – Mi sa che è successa una cosa brutta.
La prima cosa che sento è la botta di caldo per le fiamme davanti a me poi la puzza di bruciato. Cazzo. L’estintore subito. Sono andato dritto lo sapevo. E sono finito contro il guardrail. Via la cintura. Cazzo anche l’airbag. Lo sapevo maledetto signorcordaro sono andato dritto. Qui scoppia. Scoppia. Eccolo. L’estintore. Checcasino checcasino checcazzo spruzza su spruzza via via via spruzza cazzo checcasino Visentini che sfiga stavolta mi ammazza Visentini checcasino seconda macchina sfondata Visentini eccheccazzotelavevodettochenonpotevofarequestoviaggiosenzadormireeccheccazzo. Non la sento più, la spalla. Ho sbattuto di nuovo e mi fa troppo male muovere il braccio sinistro. Alice e Cordaro non sono dentro la macchina. Certo certo, sono usciti e qualcuno li ha raccolti. A me mi hanno lasciato qui, certo certo, con la fretta che avevi signorcordaro non t’importava di soccorrere il conducente. Non c’è nemmeno l’assegno ma questo è giusto, mica ci sono arrivato a Colonia. Devo chiamare il soccorso stradale. Sul telefonino c’è un sms di Visentini: se fai un’altra cazzata ti caccio. Ecco appunto l’ho fatta la cazzata. Comunque non gliela lascio incustodita la Mercedes, aspetto che viene il carro attrezzi a portarsela via invece di andare con l’autostop al caldo di una stazione di servizio. Così l’alba tedesca mi si gela addosso mentre illumina la scena a poco a poco.
È in questo momento che mi accorgo della cosa brutta.
Un piede calzato in una scarpa di pelle che spunta fuori dall’erba alta. Dietro la siepe c’è Cordaro. Un filo di sangue gli cola dal naso ma per il resto non sembra più morto di quando era vivo. Forse ha tentato di portare lontana dalla macchina che bruciava la neonata che dorme aggrappata ai suoi pantaloni. Avrà appena otto mesi ma non può essere che Alice. Non c’è dubbio. Muove la testa di lato disturbata dal rumore delle automobili che passano sull’autostrada. Nel viaggio non mi sono accorto che è così piccola. Non mi sono accorto nemmeno che è nuda, muore di freddo, mi tolgo la camicia ormai rovinata dalla macchia di sangue che si è allargata sulla spalla e l’avvolgo a fatica con l’unico braccio che riesco a muovere. Il contatto con il corpo già rigido di Cordaro mi fa rabbrividire e mi rialzo di scatto. Ma insomma, Mirko, coraggio, non puoi mica lasciarla attaccata a un morto. Qui fa freddo e poi è pieno di bestie, formiche, vespe, vermi soprattutto vermi, tra poco il corpo dell’uomo brulicherà di vermi, forse ci vogliono giorni prima che vengono fuori i vermi della morte, io che ne so quanto ci mettono a spuntare i vermi della morte però se Alice si sveglia e si accorge di essere appiccicata a un cadavere coperto di vermi della morte, muore di paura. È così piccola. La prendo con la destra sotto un’ascella e lei molla subito il corpo di Cordaro per aggrapparsi al mio. La sposto per liberare la mano visto che usare la sinistra mi fa scattare il dolore alla spalla ma lei si riattacca con una forza che non m’aspetto mentre continua a dormire.
Batto i piedi sull’asfalto ghiacciato per scaldarmi. Non possiamo restare all’aperto. Provo ad aprire la portiera con la sinistra, però appena muovo il braccio mi sembra che la schiena si spezza. Cerco ancora di spostare il peso di Alice ma lei non si fa muovere, resta aggrappata come una gatta su un albero. Comunque se resto fuori il gelo mi stronca le ossa. Non c’è altra via: apro la portiera con la sinistra e la spalla mi manda un dolore da mettermi a urlare. Ma non grido per non svegliare Alice.
Entro nella Mercedes che puzza di bruciato e vedo nello specchietto che sulla mia fronte c’è una vena nuova scura e gonfia mentre sento la bambina che si accomoda sul mio torace come in una culla. Solo adesso penso che se Cordaro è morto l’assegno deve essere ancora da queste parti. Forse è volato fuori nello scontro. Devo recuperarlo. Devo scendere e guardare qui intorno. Oppure devo farmi forza e controllare dentro le tasche del cadavere. Devo farlo, sì, diecimila euro sono tanti soldi per me. Devo farlo, ma non adesso, perché Alice dorme e non la voglio svegliare.
“Caledonian Road” di Andrew O’Hagan – traduzione di Marco Drago (Bompiani)
Una storia senza innocenti o vincitori, ma solo persone ferite che riescono a farcela con quello che resta dopo un evento drammatico destinato a essere uno spartiacque nelle loro vite.