I cantastorie e il Nobel

Narrativa o letteratura? Non importa, ogni società ha i suoi racconti, che sono spiegazioni del mondo attraverso le storie.

Ho sempre considerato la narrazione più importante della scrittura. Quindi la narrativa più preziosa della letteratura. Narrativa per me è la capacità umana di creare e raccontare storie: l’essere umano l’ha sempre fatto fin dai suoi primi gesti. È facile immaginare i primi uomini raccolti intorno al fuoco di sera a raccontarsi le avventure di caccia. E ogni antica società ha i suoi racconti, ripetuti dai sacerdoti, che sono spiegazioni del mondo attraverso storie di uomini e animali mitici. In tutti i villaggi c’è un cantastorie (e le sue narrazioni più belle sono di solito quelle inventate).
La letteratura è l’insieme delle opere scritte, siano esse narrazioni oppure poesie, commedie, tragedie, filosofie, riflessioni, studi critici, fumetti, canzoni e via dicendo.
Nel mondo degli studi letterari si indicano sotto l’idea di letteratura quelle opere che ricevono il consenso dei letterati, di qualunque genere siano, perciò si può dare un Nobel della letteratura a Bob Dylan, oppure a un giornalista, a un intellettuale come Peter Handke che è pure un romanziere o a un politico come Churchill che scrisse di storia e fu pure un pittore di medio livello. La buona poesia è sempre e comunque letteraria proprio perché non è suo compito narrare ma scolpire bei versi cantando. La cattiva poesia proprio perché ha grandi ambizioni che non raggiunge è inevitabilmente kitsch.
Per me il compito del narratore è quello di raccontare storie originali e potenti, che chi vive nel mondo intorno a lui accoglie come metafore della propria esistenza. L’autobiografia non inganni, quando è buona è quasi sempre reinventata da chi scrive, tanto da diventare una narrazione universale e autonoma. 
Talvolta queste storie sono scritte benissimo, altre volte sono invece scritte meno bene, ce ne sono anche di quelle scritte male che diventano uno specchio efficace dove riflettersi. Tipo certi fumetti.
E lo stile? Bé, con il tempo ho cominciato a considerare lo stile non solo la scelta delle parole nella frase, ma anche quella di un certo tipo di vicende da raccontare. Secondo me lo stile di un autore è dato dall’unione delle parole che usa con le storie e i personaggi che sceglie di narrare. Mi sembra che gli esempi siano innumerevoli.
La critica letteraria per sua natura dà valore di letteratura solo a ciò che rientra nei canoni delle belle lettere, ciò che è preziosamente ben scritto e strutturato, che segue il flusso culturale più consapevole dell’epoca in cui viene scritto oppure gli si oppone con coraggio e bravura. Per questo è difficile fare critica e non recensioni basate sul gusto personale, si deve conoscere a menadito il dibattito culturale per premiare chi è più meritevole e punire i reprobi inadeguati: i buoni e i cattivi (c’è sempre un che di sadismo scolastico nella critica come tra i professori di The Wall).
Una buona critica però è essenziale e di fronte a un buon critico io mi inchino e lo leggo volentieri riconoscendogli anche il merito di una buona scrittura, che spesso c’è. 
Una cosa che non mi convince invece è lo scrittore di narrativa che incapace di inventare storie fa il pensatore, e che talvolta i suoi accaniti lettori definiscono profondissimo. Talvolta per sopperire alla mancanza di una storia la sua scrittura si fa difficile, anzi difficilissima, sempre a detta dei suoi fan. Per intenderci, le riflessioni sulla morte della madre o del padre non fanno una storia. Generalmente questo scrittore pensatore anche se è bravo a me pare meno profondo di un buon filosofo, che ragiona a partire dai filosofi che lo hanno preceduto inseguendo la logica e l’incommensurabile profondità metafisica del pensiero umano. Insomma a me non (mi) convinci con niente di meno del Fenomeno e del Noumeno, se vuoi pensare. 
La bella scrittura è essenziale ma non la sopravvaluto, infatti leggiamo e amiamo tanti capolavori tradotti e a tradurli sono bravi scrittori, i traduttori, che però gli danno una forma inevitabilmente diversa dall’originale. Ma le storie che ci trovi dentro qualche volta sono straordinarie e lo sarebbero in qualunque lingua fossero scritte.
Perciò dico un commosso grazie ai cantastorie di tutto il mondo e di tutte le epoche. Mi hanno aiutato a vivere.

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Paolo Restuccia

Scrittore e regista. Cura la regia della trasmissione Il Ruggito del Coniglio su Rai Radio2. Ha pubblicato i romanzi La strategia del tango (Gaffi), Io sono Kurt (Fazi), Il colore del tuo sangue (Arkadia) e Il sorriso di chi ha vinto (Arkadia). Ha insegnato nel corso di Scrittura Generale dell’università La Sapienza Università di Roma e insegna Scrittura e Radio all’Università Pontificia Salesiana. È stato co-fondatore e direttore della rivista Omero. Ha tradotto i manuali Story e Dialoghi di Robert McKee e Guida di Snoopy alla vita dello scrittore di C. Barnaby, M. Schulz.

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