… era soltanto un colore venuto dallo spazio, messaggero spaventoso degli informi reami dell’infinito, al di là della natura che conosciamo.
E perché non:
… era soltanto un gusto venuto da lontano, messaggero spaventoso dell’informe evoluzione del gelato, al di la del gusto che conosciamo.
La paura dell’ignoto scava nella memoria ancestrale di ognuno di noi. Pesca timori che non siamo in grado di definire e che ci tolgono il respiro. Lovecraft riesce a dipingere in maniera impeccabile tale sensazione, immagina una sostanza sconosciuta che raggiunge la terra per via dell’impatto sul nostro pianeta di una meteora. Immaginate la terra crescere, i frutti gonfiarsi, la natura reagire, per poi morire secca e arida, senza speranza. Ed è lo stesso meccanismo dell’assaggio di un gusto nuovo, prodotto da uno sconosciuto in un paese lontano, che so, un gelato ai fagioli rossi alla periferia di Pusan in Corea del sud. Ed ecco che in bocca il gusto esprime il suo massimo sentore, gonfia le papille gustative sciogliendosi lento, per poi svanire lasciando l’amarezza di una sostanza che non riconduciamo ad alcuna delle nostre memorie alimentari. Rimane un nuovo ricordo, un sapore sconosciuto che ha permesso alla nostra memoria di immagazzinare nuove informazioni.
Purtroppo per me, il paragone con i lavori del mio amato H.P. Lovecraft, finisce qui in superficie. I suoi lavori non possono avere un filo conduttore oltre quanto vi ho elencato. La ricerca del terrore e dell’ignoto, può muoversi parallelamente alla realtà in cui vivo solo per un breve tratto, poiché a mio avviso, Lovecraft supera i tratti della realtà, attingendo a reami dell’infinito in cui non c’è memoria umana che possa essere evocata in alcun modo se non dalla sua penna.
Illustrazione: The Colour Out of Space di Ludvik Skopalik.