L’umorismo, l’ironia e la comicità pura sono necessari per rendere completa la scrittura di un testo. Secondo Stephen King il sense of humour è indispensabile per uno scrittore: «Prega Dio di averne», scrive con un’esagerazione da horror che già fa sorridere.
Un meccanismo comico è quello del calembour: il gioco di parole ottenuto storpiando leggermente una frase fatta. Quando vengono utilizzati un aforisma, un proverbio, il titolo di un libro o di un film famoso, il risultato è semplice ma efficace. Due sposi che fanno un matrimonio molto costoso diventano I promessi spesi, se l’anticipo per una casa è troppo caro, puoi dire: Due cuori e una caparra. Proprio per questo il calembour viene spesso usato nella pubblicità o nei titoli dei quotidiani o dei settimanali. Da celebrare il titolista del Manifesto che quando venne eletto Papa Ratzinger intitolò semplicemente Il pastore tedesco. Geniale gioco di parole tra il Papa inteso come pastore di anime e il cane di origine tedesca, oltretutto con un effetto satirico realizzato senza nemmeno cambiare una lettera ma semplicemente il senso in cui andava intesa l’espressione.
Non mancano esempi di scrittori che fanno del calembour un modo per ridere dei tic della società in cui vivono. Ecco qualche esempio di uno dei nostri maggiori autori umoristici, grande utilizzatore di calembour, Ennio Flaiano:
Amore? Mah… forse col tempo, conoscendoci peggio.
Oggi anche il cretino è specializzato.
Coraggio, il meglio è passato.
Questo popolo di santi, di poeti, di navigatori, di nipoti, di cognati…
Gli italiani sono sempre pronti a correre in soccorso dei vincitori.
Lettore sei perplesso? Chi dorme non piglia sesso.
Un altro esempio linguistico è quello dell’uso di una parola fuori contesto o di un errore ripetuto, per spingere alla risata. E spesso si usano parole straniere, storpiate o usate male. Nel cinema succede spesso. In un moderno classico del comico, Un pesce di nome Wanda, uno dei protagonisti, Otto, parla spagnolo (nell’edizione originale parlava italiano) per eccitare Wanda. La stessa cosa accade nella Famiglia Addams, dove si usa il francese. Nella Pantera rosa Peter Sellers invece storpia le parole con un accento irresistibile, dice stonza invece di stanza, nella versione italiana. In Frankenstein Junior un effetto comico si ottiene con la pronuncia di Frankenstein e Igor, entrambe distorte, e via dicendo.
Fa sempre ridere la parodia della lingua colta, cioè giocare con la cultura cosiddetta “alta” abbassandola e storpiandola. Questo si può fare in diversi modi, per esempio parodiando lo stile di un famoso autore, oppure le sue frasi più note, oppure ancora completando con un paradosso una frase nota e ripetuta con deferenza da tutti. Un esperto di questo gioco linguistico è certamente Woody Allen, ecco qualche esempio:
L’eterno nulla va perfettamente bene se sei disponibile ad affrontarlo con un abito adatto.
Non solo Dio non esiste, ma provate a cercare un idraulico durante i weekend.
Sono ateo teologico esistenziale. Credo nell’intelligenza dell’universo, con l’eccezione di qualche cantone svizzero.
Provo un intenso desiderio di tornare nell’utero… di chiunque.
Il leone e il vitello giaceranno insieme, ma il vitello non dormirà molto.
Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana di più e in quella settimana pioverà sempre.
Non è che io abbia paura di morire, è solo che non voglio esserci quando succederà.
La psicanalisi è un mito tenuto vivo dall’industria dei divani.
Dietro queste perle di comicità c’è talento, ma anche tecnica. Infatti sono tutte costruite in modo simile, c’è una prima parte che potrebbe tranquillamente far parte di un testo serio («L’eterno nulla», «Non solo Dio non esiste», «Sono ateo teologico esistenziale. Credo nell’intelligenza dell’universo», «Provo un intenso desiderio di tornare nell’utero», «Il leone e il vitello giaceranno insieme», «Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana di più», «Non è che io abbia paura di morire», «La psicanalisi è un mito») e poi c’è una seconda parte che vira verso il quotidiano contraddicendo il senso e il tono serioso dell’inizio («Va perfettamente bene se sei disponibile ad affrontarlo con un abito adatto», «Ma provate a cercare un idraulico durante i weekend», «Con l’eccezione di qualche cantone svizzero», «…di chiunque», «Ma il vitello non dormirà molto», «e in quella settimana pioverà sempre», «È solo che non voglio esserci quando succederà», «Tenuto vivo dall’industria dei divani»). E questo è un modo molto efficace di utilizzare insieme tono alto e tono basso, linguaggio serio e linguaggio comico, mischiando luoghi comuni e vezzi culturali con preoccupazioni o saggezze popolari. Ed ecco un brano nel quale si finge la biografia intellettuale di un filosofo, qui il paradosso la fa da padrone, ma in ogni caso resta la fusione tra linguaggio colto (la filosofia) e il discorso quotidiano (il soufflé):
Lo sviluppo della mia filosofia ebbe origine nel seguente modo: mia moglie, invitandomi ad assaggiare il suo primo soufflé, ne fece accidentalmente cadere una cucchiaiata sul mio piede provocandomi la rottura di alcune falangi.
Diversi esempi di questa innegabile bravura di Allen si possono trovare scritti in alcuni suoi libri di qualche anno fa: Saperla lunga (Getting even, 1966), Effetti collaterali (Side effects, 1970), Citarsi addosso (Without feathers, 1972).
Un altro modo sicuro per far ridere è giocare con la serie di parole che contiene un intruso, come questa: Celebriamo i grandi statisti italiani: Cavour, De Gasperi, Berlinguer, Pertini, Toninelli.
La parola Toninelli fa sorridere, sia perché questo giovane politico non è proprio considerato uno statista, ma anche perché il suo suono è già buffo, tenero. Sulla scelta delle parole dice una cosa interessante Charles M. Schulz, l’autore dei Peanuts. Nella serie c’è un personaggio che ha il busto di Beethoven sul pianoforte, ebbene Schulz dice di aver scelto lui invece di Brahms (il suo preferito) perché il suono del nome Beethoven in inglese faceva ridere di più…
E finiamo questi appunti, per ora, con un esempio tratto da un autore italiano, Stefano Benni. In poche righe, nel suo racconto La storia di Pronto Soccorso e Beauty Case (dalla raccolta Il bar sotto il mare, del 1987), fa la parodia del neorealismo, il gioco di parole, la serie con intruso e una sorprendente comicità d’azione
Il nostro quartiere sta proprio dietro la stazione. Un giorno un treno ci porterà via, oppure saremo noi a portar via un treno. Perché il nostro quartiere si chiama Manolenza, entri che ce l’hai ed esci senza. Senza cosa? Senza autoradio, senza portafogli, senza dentiera, senza orecchini, senza gomme dell’auto. Anche le gomme da masticare ti portano via se non stai attento: ci sono dei bambini che lavorano in coppia, uno ti dà un calcio nelle palle, tu sputi la gomma e l’altro la prende al volo. Questo per dare un’idea.
Risata, applausi. Alla prossima.