Non servono miracoli per tradurre un’opera d’arte in gelato. Che sia cinematografica, letteraria, pittorica, ciò che si crea pesca i propri tratti distintivi dallo stesso pozzo.
Ho iniziato più di un anno fa trasformando sensazioni in menu con portate che seguissero il movimento di un’emozione, dalle viscere fino alla manifestazione esterna, rovistando negli angoli del mio animo per tradurne in cibo i tratti distintivi.
Per questo progetto con la scuola Genius abbiamo pensato di osare, trasformando in cibo le sfumature che le opere scelte ci comunicano.
Il processo creativo è simile a quello delle emozioni, invece di limitarmi a rovistare solitario al buio del mio animo, è un po’ come se andassi a pesca, mi siedo davanti all’opera o al film e aspetto calmo.
L’attenzione è l’unica arma, perché con essa è possibile cogliere i punti fondamentali per trasformare in gelato, le caratteristiche fondamentali che l’opera mi ispira.
Quindi mentre per la trasformazione delle emozioni il processo creativo è un movimento che dall’interno estrae verso l’esterno, quando di mezzo ci sono opere, ragiono al contrario, o meglio, prima c’è un movimento dall’esterno verso l’interno in cui accolgo un gesto, un nome, una musica, un pensiero che mi colpiscono, lo afferro e lo trasformo per poi restituirlo in un prodotto che li rappresenti. E funziona!
Funziona perché anche quando si va a pesca, bisogna connettere il proprio animo con la natura.
In questo caso vale lo stesso principio, ma la connessione deve avvenire con l’arte e se il meccanismo funziona, la pesca andrà bene.
Sempre di anima si tratta.
E l’anima tormentata del nostro Alex è accarezzata dalle note di Ludovico Van, unico ad avvicinarlo a un’inafferrabile quanto per lui inconcepibile normalità. Sono partito da questo per creare il Sanpietrino ripieno di semifreddo al vino rosso, che incarna l’animo conflittuale del protagonista. L’ho dedicato proprio a Beethoven e ad Alex, il Sanpietrino di Ludovico Van.
Osservo attento l’animo del protagonista, più a fondo trovo il luogo impossibile da non rappresentare: il Korova Milk Bar. L’idea geniale del latte addizionato di droghe permette al gruppo di drughi di solleticare il nero del loro animo, un altro pesce guizza nei miei pensieri. Quel nero è il tartufo che pioverà su un fiordilatte in apparenza candido e innocente.
Durante la visione, arriva poi prepotente il pescato più grosso che potessi cogliere nel film. A mio avviso, le pulsioni sessuali.
I protagonisti sono giovani che non hanno capacità di costruire l’amore, ma utilizzano la distruttività per liberarsi di quel fuoco che arde dentro di loro e forse dentro ognuno di noi; un fuoco che si esaurisce tutto in stupri e ultra-violenza, il cuore della narrazione distopica del film. In quest’altra portata l’omaggio quindi non può che essere alla totalità dell’opera, ossia al titolo e quindi il sorbetto di arancia, abbinato con del pulled pork, perché quell’assenza di amore, quelle pulsioni mal gestite, rendono i drughi dei porci criminali che però alla fine ci convincono e ci piacciono anche un po’, proprio come del maiale stufato e ben cotto.
E poi diciamocelo, è un abbinamento particolare, strano come un’arancia a orologeria.
A voi il menu:
Latte più di korova, fiordilatte addizionato di vellocet e tartufo nero.
Clockwork orange, sorbetto di arancia e pulled pork.
Il Sanpietrino di Ludovico Van, sanpietrino al vino rosso.
Latte più (addizionato di whisky) e pane accompagneranno la degustazione.