A ogni pedalata la donna inclina la schiena, traballa per qualche secondo, poi si raddrizza. Procede con fatica, il sellino sepolto nelle natiche, ha portato davanti le falde del cappotto scuro. Avrà anche ragione il dottore, ha ragione di sicuro, ma non si rende conto. Dopo il portico di via Farini manca poco per arrivare in piazza e, mescolati alla nebbia, i profumi si fanno sentire. È la sua quotidiana caccia al tesoro: gira verso la sinagoga, in via Coltellini prima che suoni mezzogiorno l’odore di soffritto arriva fino al muro di fronte: lo spezzatino di Danilo, il migliore. Svolta in via Taglio, l’Aurora oggi prepara il brodetto, poco pomodoro, l’aglio soffritto appena. Allarga le narici e scuote la testa, il dottore proprio non può capire. Di scatto scarta verso via Emilia.
L’uomo di colore all’inizio del portico la conosce bene. Quando si ferma, il sellino riemerge e spinge il cappotto fino a metà schiena. “Ciao, Nader, freddo oggi, eh?” “Ciao, signora, ma più ieri.” Mentre parlano lui tiene il berretto ben teso e non smette di sorridere. “C’è gente” “Sì, anche i ragazzi, in vacanza” Prende il borsellino, le mani tremano più del solito. “Come stai, signora? Fatto il tuo giro?” “Sono arrabbiata” Mette qualche moneta nel berretto. “Ieri è venuto il dottore”. Anche un uomo ha allungato la mano. “Grazie, signore, auguri. Perché, signora?” “Mi ha rimesso a dieta, dice che rischio” Spinge il berretto indietro, col guanto si asciuga il naso. “Insomma, ci penserà l’infermiere, mi farà una puntura più grossa”. “Devi fare la brava, signora, o ammali di più” “Eh, sì, ma pesce lesso, bietole cotte… le sbatterei nel muro!” Nella vetrina stanno vestendo un manichino senza lineamenti, la sua magrezza la confonde. Risale in bicicletta “Vorrei sapere a me cosa resta” Una pedalata ed è già oltre “Cosa dici?” Si volta “Ciao, Nader, ci vediamo” “Fa’ a modo, signora, ciao”. Ha girato sotto il voltone di via Torre, pedala più in fretta, non vede la buca. Si trova a terra, confusa, qualcuno compare nel campo visivo “Signora, si è fatta male?” “ Non so se ha battuto la testa”. C’è anche una voce femminile: “Fa’ piano, vedi che sanguina? Portala dentro”. L’aiutano a sollevarsi “Venga, signora, si sieda”. Ha le calze strappate, il ginocchio brucia, i polsi le fanno male. Si guarda intorno e sorride. E’ dentro i profumi della trattoria di Omer, seduta a un tavolo appoggiato al muro nel corridoio che porta alla cucina. La sala è ancora in penombra, camerieri e cuochi stanno mangiando prima del servizio. Le hanno disinfettato le graffiature, ha dato al cameriere il numero del figlio perchè venga a prenderla, si è scusata per il disturbo. “Ha sete, signora?” “No, ma mangerei volentieri qualcosa, mi sento un po’ debole”. Hanno appeso il suo cappotto, c’è caldo, si sente a casa. “Sono tortelloni, nel vassoio grande?” “Sì, al ragù”. Ne ha davanti un piatto colmo, li inforca a due alla volta, socchiude gli occhi mentre affonda nella ricotta; poi sbriciola il crostino nel sugo, la sua scarpetta preferita.
Quando sente la voce del figlio ha appena finito una coppetta di zuppa inglese, ancora tiepida. Lui sta parlando al gestore “… non può, vive da sola, rischia il coma.” La fragranza della crema pasticcera è dolce, sente ancora in bocca i sapori di prima, il sugo e la carne e i crostini imbibiti. Stasera l’infermiere si allarmerà, la sgriderà e dovrà aumentare l’insulina. Sorride soddisfatta, la prossima volta non le dispiacerebbe perdere l’equilibrio nella strada di Enzo, che prepara i bolliti più teneri e la salsa verde con l’ovo sodo tritato fino.