Trik veniva da sempre considerato il più strano nel suo gruppo di amici. La sua corporatura rotonda e ingombrante era un pericolo per chiunque, per non parlare della sua fronte, enorme e appuntita, finiva con lo sbattere dappertutto e contro un sacco di cose: alberi, rocce, l’ingresso di casa sua, sua madre, le madri degli altri e molto altro.
Litigava molto spesso con sua madre e ogni discussione poteva andare avanti per ore. Una volta stavano litigando perché Trik non voleva mangiare le verdure, dopo due giorni li abbiamo trovati ancora lì a bisticciare. Con quello che accadde in seguito le cose peggiorarono.
Quel giorno, le loro urla svegliarono tutta la foresta, facendo anche cadere dagli alberi un paio di scoiattoli per lo spavento.
“Ti prego, mamma!”
“Non se ne parla”.
“È il Grande T! Non mi capiterà mai più un’occasione del genere!” Implorò Trik alla madre.
“Non mi piace per niente quel tipo, devi stare alla larga da gente di quella specie!”
“È tra i migliori lottatori che si siano mai visti!”
“Fa a pezzi i suoi avversari!”
“È la legge della giungla. Solo il più forte vince, e lui lo è!”
“Basta, Trik, non insistere!” Concluse brusca la madre. “Il giorno che lo avrai davanti, non lo troverai così grandioso. E abbassa la coda quando mi parli!” Lei si allontanò borbottando tra sé, urtando tutto ciò che le capitava a tiro.
Povero Trik, era ossessionato dal Grande T. Lo aveva visto per la prima volta pochi giorni prima, nei pressi del grande lago. Noi stavamo tutti giocando vicino all’acqua quando lo vedemmo sull’altra riva. Una montagna di muscoli, così forte da far tremare la terra, apparve dagli alberi e il suo ruggito esplose facendo vibrare l’aria.
Ovviamente i nostri genitori ci portarono subito via da lì, ma Trik rimase come folgorato da quella scena.
Nei giorni successivi, le nostre orecchie dovettero subire i suoi continui tentativi di replicare il ruggito del Grande T.
“Smettila, Trik! Mi stai facendo scoppiare le corna!” ormai era diventato normale sentire le urla della madre risuonare per la foresta, anche tre o quattro volte al giorno.
Nessuno di noi rimise più piede al grande lago, ma Trik si mise in testa di voler tornare lì per rivedere il suo idolo, cosa che fece infuriare non poco sua madre, dando vita alla discussione di prima.
Sgattaiolò via di nascosto e corse in direzione del grande lago. Tormentando i piccoli animali sulla riva con la sua voce stridula e stonata, attese il suo idolo. A un certo punto, però, lì vicino un grande cespuglio aveva iniziato a muoversi.
Trik si avvicinò un po’ timoroso. Qualunque cosa si stesse nascondendo lì dietro doveva essere molto
grossa. Raccolse tutto il coraggio che teneva nascosto, fece un bel respiro e lo buttò fuori in quello che
doveva essere un ruggito. Il verso strano non era ancora uscito del tutto dai suoi polmoni che un’ombra
grossa e scura apparve da dietro il cespuglio. Lo spavento fu tale che Trik fuggì via.
Corse più veloce che poté. Superò gli alberi e si infilò nella foresta, ma sentiva ancora quell’essere dietro di sé. Continuò a guardarsi intorno in cerca di un nascondiglio finché non vide un vecchio albero cavo coperto dalle piante e ci entrò.
Rimase in silenzio finché un rumore di ramoscelli spezzati si fece sempre più vicino. Trik trattenne il respiro: l’ombra scura stava passando proprio davanti al suo nascondiglio. Mise appena il suo naso ricurvo fuori dal tronco per vedere meglio. Non poteva crederci… il suo inseguitore era sua madre! Si era messa addosso un travestimento fatto di legno e foglie, ma con la corsa tra gli alberi le si doveva essere rotto e ora se lo trascinava dietro borbottando tra sé.
Come aveva potuto fargli uno scherzo del genere? Era furioso con lei, ma lo era ancora di più con se stesso per essere scappato. Il Grande T non sarebbe mai fuggito. Tentando di trattenere le lacrime, iniziò a correre nella direzione opposta a casa, quando a un tratto un ruggito scosse l’aria. Trik si guardò subito attorno.
Quel suono era inconfondibile. Il Grande T! Era vicino.
Trik cominciò a seguire i rumori facendosi largo tra la vegetazione fitta, finché non arrivò in un grande spiazzo illuminato dal sole. Lo spettacolo che gli si parò davanti lo lasciò senza parole: coronato dal bagliore rosso del tramonto, si stagliava maestoso il Grande T.
Non riuscendo più a trattenere l’euforia, Trik balzò fuori dal suo nascondiglio gridando come un forsennato.
Il suo eroe si girò a fissarlo. Trik non stava più nella pelle.
Il Grande T fece qualche passo verso il piccolo.
Trik non riusciva a distogliere lo sguardo. Gli occhi gli corsero prima in alto, fissandosi sulle pupille taglienti e il corpo tozzo e muscoloso, così diverso dal suo; poi in basso, ammirando le zampe posteriori grosse, l’opposto di quelle anteriori; infine la bocca, armata di denti affilati e spalancata nell’abituale ruggito da battaglia.
Il piccolo triceratopo non avrebbe mai più avuto un ricordo così bello, se all’improvviso non fosse sbucata fuori dalla foresta un’ombra fatta di rami e foglie che si avventò sul grande tirannosauro.
“Mamma?!”
In quel momento il Grande T assestò uno dei suoi tremendi colpi, sotto il quale mamma triceratopo non poté che cedere. Il piccolo Trik incredulo vide sua madre venir scagliata qualche metro più in là, incapace
di rialzarsi.
In pochi secondi le zampette del piccolo si mossero e, con il suo naso ricurvo, colpì a sorpresa la zampa del tirannosauro che vacillò per il dolore. Trik, cogliendo questo momento di debolezza, salì sulla schiena del tirannosauro e raggiunse l’enorme testa del mostro. Raccolse tutto il fiato che aveva e rilasciò il solito grido acuto. Il suono fu così forte che il Grande T ne rimase frastornato, permettendo a madre e piccolo di fuggire via.
Da quel giorno, madre e cucciolo divennero uniti più che mai e in tutta la vallata non si parlava altro che del Grande Trik, il triceratopo che aveva battuto un tirannosauro.