Le mani ruvide bruciate dal sole si spostarono dall’alto verso il basso stringendo le mammelle della capra con una presa decisa. Il latte spremuto ricadde all’interno di un secchio di latta con un suono simile al crepitio della pioggia.
Fiorina canticchiava un motivetto allegro e ogni tanto si voltava verso Ugo regalandogli un sorriso. Poi abbassò di nuovo la testa per continuare la mungitura fin quando il secchio fu colmo di latte. Sulla superficie si era creata una soffice schiuma piena di bolle che scoppiarono piano mentre la contadina lo mise da una parte.
Dapprima Ugo si era fermato all’ingresso della stalla, ma dopo, invogliato dai sorrisi della donna si avvicinò. L’odore del letame lo assalì insieme a una sensazione di caldo diffusa su tutto il corpo e in particolar modo sulla zona bassa del ventre, dove un’erezione si era manifestata improvvisa.
Fiorina si alzò dallo sgabello aggiustandosi la gonna. Prese il secchio e raggiunse Ugo per invitarlo a bere quel liquido schiumoso e caldo.
Lui si scansò e arrossì.
Lei comprese cosa avesse fatto vedendogli i calzoni e senza parlare lo accompagnò al lavatoio fuori della stalla.
Ugo prese il pezzo di sapone pieno di crepe che a contatto con l’acqua sprigionò quell’odore forte che a lui non piaceva. Seguì Fiorina dentro casa passando attraverso una tenda di corda che emise un fruscio. Entrarono in una stanza ampia con pochi mobili e un televisore accostato alla parete.
La donna salì su per le scale dell’altra camera. Lui sentì il suono ovattato degli scarponi.
Si affrettò a raggiungerla per vedere sotto la gonna quei mutandoni indossati da lei in estate, che tanto lo facevano ridere. Sfregò le mani sul viso fino a sentirlo bruciare. Appena sentì i passi di Fiorina tornò nella stanza col televisore. Vide uno specchio e guardò la sua faccia. Era rossa. Fiorina stava per arrivare e lui rise tenendosi il volto con le mani.
«Gente allegra il ciel l’aiuta» commentò la contadina.
«Scu…sate, ma è… che… la capra, voi…» rispose Ugo.
«’Ndi preoccupare, sei diventato un ometto. Nonneta sarà orgogliosa di te» disse lei consegnando gli indumenti puliti al ragazzo.
«Questi erano del figlio mio. Mo’ spogliati così lavo i tuoi e te ne torni a casa dei nonni».
Lui annuì restando immobile con gli occhi abbassati.
«Vado di là. Quando hai fatto chiamami» disse lei.
Ugo si cambiò e controllò allo specchio come gli stavano gli slip e i calzoni. Erano corti e larghi e dovette reggerli con la mano. Chiamò Fiorina, che accorse e mise i suoi nel grembiule raccolto a sacchetto.
«Mo’ siediti là. Mentre aspetti gioca co’ la plistere» disse lei, indicando una PS1 sotto il televisore.
Ugo sedette. Invece di accendere il televisore seguì Fiorina.
Si fermò a spiarla da dietro la tenda. Guardò le braccia snelle e muscolose. La pelle scurita dal sole profumava sempre di estate, di caldo e di polvere. La contadina canticchiò lo stesso motivetto udito nella stalla mentre strofinava i calzoni sull’asse. Li tuffava nell’acqua, li strizzava e li insaponava di nuovo. Aveva una dentatura perfetta. Notò la saliva ristagnare nella bocca durante il canto del ritornello. Gli sembrò di percepire l’odore pungente dell’alito che lo fece pensare alla sostanza lattiginosa rilasciata dai fichi acerbi quando venivano staccati dai rami e di rimando, quello stesso odore lo indusse a osservare i seni compressi in un corpetto di lana grezza, che alla sua mente di ragazzo, suggerivano sempre un’inesauribile fantasia.