Ciao amici e amiche geniali,
abbiamo una bella notizia per voi. Abbiamo pensato a una nuova rubrica mensile in cui i nostri docenti vi consigliano tre libri che possano aiutare chi sta lavorando al proprio manoscritto.
Perché i romanzi possono aiutare chi scrive?
Perché quando uno scrittore ha bisogno di sapere come risolvere dei problemi narrativi, molto spesso la soluzione migliore e più facile è quella di leggere i libri degli altri, per capire come i grandi scrittori hanno superato il loro stesso ostacolo.
Iniziamo questo mese con i tre consigli del nostro Paolo Restuccia.
- Il primo è “Colazione da Tiffany”, di Truman Capote.
Capote, presumibilmente, quando scriveva questo libro aveva come problema principale quello di trovare il modo vincente per costruire un personaggio femminile esemplare, uno che rimanesse, come poi è rimasto, nella mente di chi ha letto e poi visto il film.
Quindi come si costruisce un personaggio iconico di così grande potenza come quello di Holly Golightly (la protagonista del libro)?
Spostando l’obiettivo. L’autore non ha raccontato lei, ma ha fatto una cosa più complessa: ha usato come voce narrante la controparte maschile nella storia. È quindi lui a descrivere tutto di lei, a costruire la sua immagine.
Il racconto dell’eroe è sempre più riuscito e memorabile se lo si racconta da un punto di vista esterno che lo descrive con i suoi occhi. Succede per esempio anche nei romanzi di Conan Doyle, nei quali la figura mitica di Sherlock Holmes viene descritta dallo sguardo di Watson.
Dunque, se il tuo problema principale è quello di dover scrivere un personaggio memorabile, o più nello specifico un personaggio femminile interessante e potente, descrivilo attraverso gli occhi di un altro personaggio, comprendi come ha fatto Capote, divorando “Colazione da Tiffany”.
- Il secondo consiglio è “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, di Ken Kesey.
Il problema maggiore incontrato dall’autore in questo romanzo è quello di raccontare in maniera verosimile l’ossessione.
La difficoltà sta proprio nell’immaginare il punto di vista del protagonista, un malato psichiatrico, ma che in realtà non è veramente malato, ma reso tale dai farmaci e dal trattamento riservato in ospedale.
Quindi nel libro, non solo Kesey doveva trattare la malattia, ma anche il tema della guarigione, poiché, a poco a poco, nella storia, la mente del protagonista si schiarisce, il linguaggio si fa più comprensibile e l’immagine dell’uomo è quella di uno che ne sta uscendo.
Con questo romanzo, dunque, potreste trovare risposta ai vostri quesiti riguardanti il racconto dell’ossessione, della malattia e della guarigione raccontata in prima persona. Un esempio di come si racconta il mondo ospedaliero attraverso gli occhi di chi vive all’interno di queste dinamiche di potere complesse.
- Il terzo, e ultimo, libro è del maestro della suspense Stephen King. Si tratta di “On writing” un manuale di scrittura, un romanzo e un’autobiografia insieme.
La domanda che si pone King è “come raccontare il proprio mestiere e la propria vita senza essere noiosi?”
Incrociandoli. Infatti, l’autore non crea solo un manuale con gli strumenti del mestiere o un’autobiografia, ma fa entrambi.
Abbina tecniche di scrittura su come si scrive un romanzo a informazioni più calde e biografiche della sua vita.
Un modo interessante per raccontare sé stessi senza essere noiosi, mentre allo stesso tempo si danno nozioni pratiche del proprio lavoro.
Un ottimo libro che può aiutare tutti coloro che vogliono raccontare la propria vita, ma che temono di risultare poco accattivanti e interessanti. Per non parlare dei consigli che uno scrittore esperto come Stephen King può dare.
Cosa ne pensate di questi tre consigli? Vi sono stati utili?
Al prossimo mese,
gli amici geniali