Claudia Colaneri conduce laboratori di scrittura collettiva per disabili adulti con ritardo mentale. La sfida consiste nel trattare temi “alti”. Ecco quello che può succedere in un normale incontro:
I saluti si scambiano per spontanea gentilezza.
Dio creò il mondo per poter salutare qualcuno senza essere preso per matto.
I saluti fanno bene, perché ci si scambia un po’ di salute.
I saluti con le mani in tasca non valgono, perché quando si saluta, si tende la mano o si allargano le braccia.
I saluti di quando arrivi sono sempre felici; invece quelli di quando te ne vai, possono essere: normali, dispiaciuti, tristi o disperati; a seconda del tempo che passerà prima del prossimo incontro.
Eppure, anche quando si saluta per sempre, bisognerebbe sorridere, per rimanere fotografati nella memoria, più belli possibile.
Quando si scrive una lettera, si mettono sempre i saluti alla fine, che possono essere, distinti o cordiali.
Quelli distinti, vengono da soli: d’istinto; perché è meglio distinti che distanti.
Quelli cordiali, invece, ci tengono legati con la corda.
Poi ci sono i saluti e baci, che si spediscono con le cartoline.
Quelli che si scambiano dal vivo sono “contanti saluti”.
Quando una persona non ti è simpatica, per non essere maleducato, puoi mandare i saluti alla sorella, anche se non ce l’ha.
Nei giorni feriali, i saluti sono personali; nei festivi, invece, c’è il supplemento: “a te e famiglia”.
Ora, noi come dovremmo salutare i nostri lettori?
Con un “Ciao”, meglio di no, perché ci potrebbe essere qualche persona anziana che merita rispetto.
“Arrivederci” no; perché non ci siamo mai visti.
“Addio”, neanche; perché potrebbe portare sfiga.
Quindi, alla fine, non possiamo salutarvi in nessun modo; ma non ci dispiace, perché significa che rimarremo sempre insieme. Basta leggere le nostre parole, che saremo vicini; come quegli amici stretti; talmente stretti, che neanche si salutano.