Claudia Colaneri conduce laboratori di scrittura collettiva per disabili adulti con ritardo mentale. La sfida consiste nel trattare temi “alti”. Ecco quello che può succedere in un normale incontro:
Il senso di colpa è meglio quando è a doppio senso, perché ci si incontra in mezzo e ci si mette d’accordo; oppure si fa un concorso di colpa per vincere la percentuale più piccola.
La colpa te la danno, ma raramente la prendono.
Quando ti danno la colpa, devi vedere se è proprio la tua.
Come fai a riconoscere se la colpa è tua? Dal senso di colpa: se viene verso di te, di sicuro è tua.
La colpa pesa, è faticosa da reggere, però puoi portarla in chiesa e lasciarla dentro al confessionale. Da lì qualcuno certamente la adotta; di solito se la prende Gesù in persona per tutti quanti e se la porta sulla croce con lui.
Invece, se hai colpa in macchina, puoi chiedere a tua madre se i punti sulla patente se li fa togliere lei al posto tuo.
La colpa si da per far passare la rabbia.
Quando non riesci a dare la colpa a nessuno, vai in causa, anche contro ignoti.
Se muore qualcuno all’improvviso e non puoi dare la colpa a nessuno, non sai dove attaccare la rabbia.
Il problema vero è che la maggior parte della gente, più che avere paura della colpa, teme la punizione.
La colpa e lo sbaglio sono due cose diverse: lo sbaglio inizia con la S, come sciocco, stordito, stupido. La S davanti si mette quando manca qualcosa; ecco perché se uno sbaglia, si dice “ha mancato”; al contrario, la colpa ti centra in pieno.
La colpa la confidi o la confessi, a seconda se lo sbaglio è penale o no. Quando ti manca l’amore, c’è uno sbaglio; quando muore una persona cara, c’è uno sbaglio; se esci ad Agosto col cappotto, c’è uno sbaglio; se 3×3 fa 6, anche lì c’è uno sbaglio.
Per non sbagliare, serve l’attenzione: quindi, se attendi un attimo, prima di fare una cosa, di solito, non sbagli.
Quando succede uno sbaglio, ci sentiamo deboli e giù di morale; non ci sentiamo bravi, e allora pensiamo di essere cattivi; ma è sbagliato anche questo: perché “cattivo” è il contrario di “buono”, non di bravo, e il contrario di “bravo”, facendoci caso, non esiste. Quindi, se uno sbaglia, non deve sentirsi il contrario di bravo; al limite è “umano”, cioè non ha sbagliato con la S; ha errato con la R.