A lezione di educazione e parolacce

Claudia Colaneri interroga uno dei suoi gruppi sull'educazione. Che ne esce fuori? Prima di tutto che l’educazione pubblica non è uguale a quella privata

Claudia Colaneri conduce laboratori di scrittura collettiva per disabili adulti con ritardo mentale. La sfida consiste nel trattare temi “alti”. Ecco quello che può succedere in un normale incontro:

L’educazione
L’educazione distingue l’uomo dalla scimmia e spesso anche dal maiale.
L’uomo nasce senza educazione; poi i genitori gli insegnano le regole. Di solito le regole sono scritte nei libri ma per l’educazione purtroppo non c’è un manuale.
L’educazione serve innanzitutto a non fasse mena’. Se vuoi andare in giro vestito bene, devi essere anche educato, sennò non sei abbinato. A tavola, se sei educato non ti sporchi. La forchetta è lo scettro dell’educazione. Non si mangia con le dita; però è anche vero che nel barattolo della Nutella, il dito ci sta meglio del cucchiaio. Per questo la Nutella si mangia a casa da soli; perché l’educazione pubblica non è uguale a quella privata.
Al ristorante, il tovagliolo lo mettiamo sulle gambe, a casa lo lasciamo sul tavolo o se siamo proprio in privato, ce lo leghiamo al collo.
Allo stato casalingo, l’uomo tende ad allargarsi; allo stato pubblico si restringe.
Il luogo dove si deve essere più educati è la chiesa, perché tutto quello che fai rimbomba.
Essere nervosi non è educato perché ti escono fuori tante cose brutte.
L’educazione distingue l’uomo dalle bestie, la maleducazione distingue le bestie dall’uomo.

La parolaccia
La parolaccia è uno sfogo e tutti gli sfoghi sono faticosi, dolorosi, brutti a vedersi, ma necessari.
Lo sfogo ti svuota, così dentro ti senti pulito, ma fuori devi pulire tu.
Se sei arrabbiato con una persona, gli dici una parolaccia e la rabbia ti passa. Solo che resta la cicatrice.
La parolaccia diventa maleducazione quando ti esce e non te ne accorgi, soprattutto in ascensore, dove ti sentono tutti.
Le parolacce di solito si riferiscono alle parti basse, alla morte e ai parenti.
In macchina vanno molto le parolacce sui morti; allo stadio quelle sulle madri e le mogli; in casa c’è più scelta e qualcuno al bagno c’ha pure i santi.
Le signore di una certa età abbreviano le parolacce per far capire che non le dicono, ma le conoscono e mica so sceme. Ci sono dei posti dove le parolacce non si dicono, per esempio in chiesa e in pasticceria.
La vita senza parolacce sarebbe amara, perché non siamo santi e non viviamo mica in una pasticceria.

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