Estate. Periodo di intense letture, possibilmente leggere, di peso del tomo e di argomento. Caso vuole, invece, che mi sia imbattuta in Il Selvaggio di Guillermo Arriaga (Bompiani). Un tomo di 750 pagine tutt’altro che di contenuto leggero.
Ci sono in gioco legami forti. Legami familiari, d’amicizia, d’amore, legami tra cani e padron, legami che arricchiscono ma catturano l’anima in vortici difficili da recidere, legami malati che diventano lacci che possono uccidere.
Romanzo potentissimo, con una storia a più livelli che si svolge in Messico, il Messico pericoloso e sbandato non quello delle spiagge bianche.
Juan Guillermo trascorre la sua vita a Città del Messico, accolto da una famiglia che forse tutti avremmo sognato in adolescenza, amorevolmente libera, forse un po’ ingenua, famiglia di umani ed animali. Juan Guillermo è obbligato a crescere tra amici randagi e nemici veramente cattivi, in un Messico che spaventa e scoraggia dove la legge è fatta dalla prepotenza del denaro, dove però la violenza potrà essere soggiogata solo da un sentimento altrettanto potente come l’amore.
La drammaturgia della vita di Guillermo scorre su numerosi piani, contemporaneamente, corre il binario parallelo della caccia di Amaruq al grande lupo grigio Nujuuaqtutuq. L’autore, non contento, al cambio di capitolo, ci fornisce spunti di riflessione raccontandoci narrazioni che arrivano da tutto il mondo. Arriaga è un vero maestro di narrativa ed intreccio, le 750 pagine intense e potentissime fuggono sotto gli occhi e ti ritrovi a centellinare parole, per ritardare la fine del romanzo, perché sai che ti mancherà tantissimo. Entusiasta.
Le nostre grandi sconfitte e le nostre grandi vittorie sono segrete. Soltanto noi sappiamo quando davvero vinciamo o perdiamo.