La magia del Natale

Emozioni, ricordi, riflessioni sul Natale, sui suoi aspetti e i suoi riti, inseriti in una storia personale dal dopoguerra ai giorni nostri.

Anche quest’anno ci risiamo, arriva il periodo più brutto dell’anno: Natale. Già a settembre cominciano a esporre i panettoni nei supermercati, a novembre tutti i negozi sono addobbati, folle festanti sbirciano le vetrine, le macchine invadono il centro storico e io aspetto solo che arrivi il 7 gennaio, quando finalmente si spengono le luminarie. Questa mia avversione per il Natale è di lunga data. Già da quando avevo due o tre anni per le vacanze invernali venivo deportata in Puglia, a Taranto, dove vivevano i miei zii. Il treno partiva a mezzanotte, ma noi già alle dieci eravamo nella sala d’aspetto della stazione Termini, perché non si sa mai… verso le undici e mezzo arrivava il treno e c’era l’assalto alla diligenza. Gli uomini salivano per prendere i posti, si affacciavano dal vagone dove avevano conquistato i sedili per sé e la famiglia e allora, dai finestrini, si passavano i bagagli e infine i bambini.
Finalmente, dopo avere imbarcato valigie di cartone, mamme con neonati, bimbi piangenti, il treno partiva. Si chiudevano le porte dello scompartimento, gli sfortunati che non avevano trovato posto avrebbero dormito nel corridoio, a quel punto cominciavano le presentazioni. Quasi tutti i viaggiatori erano emigranti che tornavano in Puglia per Natale, chi dal Belgio o dalla Francia, ma la maggioranza dalla Germania. Storie di sacrifici e miseria, ma raccontate con leggerezza, si andava a casa!
Poi si aprivano i cartocci per la cena, ognuno condivideva le sue pietanze, frittata, pane e salame, pane e formaggio, tutti avevano portato la cena anche per i compagni di viaggio.
Infine si allungavano i sedili, si spegnevano le luci e si cercava di dormire. Io passavo la nottata con gli occhi sbarrati, ricordo l’odore del ferro che mi colpiva le narici. Guardavo fuori le case illuminate, pensavo che gli altri bambini dormivano nel loro letto, io invece ero lì, in quel vagone che andava nella notte, forse era la punizione di qualche grave cattiveria che avevo fatto. Nel bel mezzo della nottata la porta dello scompartimento si apriva, si accendevano le luci e il controllore svegliava tutti: “Biglietti signori”. Fra poco saremmo arrivati a Battipaglia dove avrebbero imbarcato i giornali, erano le 5 del mattino, la meta si avvicinava.
I Natali a Taranto durarono per molto tempo, sino ai miei primi anni di università.
Quando ero lì sembrava di stare in un altro pianeta, andavo a casa di persone sconosciute, mi sentivo come un alieno in un ambiente per me completamente estraneo. C’erano però anche cose belle: il mercato con tante varietà di pesce mai viste, le prime illuminazioni sui palazzi, usanza degli americani che erano ancora di stanza lì, a Roma sarebbero arrivate molti anni dopo.
Gli addobbi natalizi cominciarono a Roma intorno agli anni Sessanta, era un modo per attrarre clienti e le prime furono le vie del centro storico, ricordo una festa dell’Immacolata con papa Giovanni XXIII in macchina su via Frattina, mentre benediceva la folla, sotto un cielo pieno di cornucopie. In quegli anni si andava in centro per vedere le illuminazioni, poi si sono diffuse ovunque.
A parte qualche momento di gioia anche a Roma, i Natali erano per me insopportabili.
Già dai primi di dicembre la città era in stadio di assedio, il traffico era impazzito, maree di folla sulle strade. Tutti dovevano comprare regali. Io non avevo nessuno cui fare regali, ma ugualmente entravo nei negozi, sceglievo, compravo, facevo fare il pacchetto regalo e mi regalavo il tutto.

Poi finalmente tutto si calmava, dal pomeriggio del 24 dicembre le strade si svuotavano, dalle finestre arrivava l’odore del fritto della vigilia.
Era quello il giorno in cui io e la mia più cara amica uscivamo, lo chiamavamo il giorno dei senza famiglia. Sulla scalinata di Trinità dei monti, o davanti al Pantheon eravamo in parecchi giovani, chi non era romano o non aveva nessuno in città era solito passare la Vigilia cantando, suonando il bongo, scherzando, mentre tutta Roma era intenta a consumare le verdure in pastella e a giocare a tombola. Poi verso mezzanotte qualcuno andava a messa, noi tornavamo a casa e si apriva il periodo delle lunghe giornate davanti alla televisione.
Un poco meglio era il Capodanno, a Roma si era soliti andare a piazza del Popolo, dove il Comune organizzava sempre qualche concerto per i diseredati che non potevano permettersi il Veglione, però non era consigliabile andare, le bottiglie volavano ed erano pericolose, molti erano ubriachi e quindi per noi ragazze era meglio stare a casa a vedere la televisione.
Penso di avere conosciuto a fondo la mia città proprio durante quelle lunghe giornate delle vacanze natalizie. Uscivo la mattina con una meta precisa, prendevo l’autobus e andavo a vedere zone dove non ero mai stata, oppure visitavo palazzi o musei che durante l’anno non avevo avuto modo di vedere. Mi beavo della bellezza di piazza Navona, delle chiese dove non ero mai entrata, di scorci che non avevo mai notato. In tutte le situazioni della mia vita, Roma è stata sempre la mia salvezza.
Passati gli anni dell’università cominciarono i primi amori, penso che mai come in quei Natali mi sono sentita la piccola fiammiferaia, tutti i nostri amori , da bravi ragazzi, passavano le feste in famiglia e non potevano stare con noi perché “Mamma non sa niente, poi non vuole, devo studiare”.
Mi fidanzai con Nicola, era la prima storia seria della mia vita, a Natale lui andò a Boston a trovare i genitori, emigrati abruzzesi, ci eravamo laureati tutti e due e pensavamo di poter cominciare a fare progetti seri, ma lui da Boston non tornò più.
Arrivarono i Natali da moglie. Le discussioni cominciavano già a novembre, “Stiamo da noi, no papà vuole stare a casa sua, ma mia mamma…”
– Facciamo i tortellini.
– A mia madre non piacciono.
-Allora facciamo la lasagna.
– Ma se non la sai fare.
– Dillo a tua sorella.
Dopo estenuanti trattative finalmente si riusciva a superare anche i tre giorni di Natale, tutti erano scontenti perché non avevano vinto a tombola, perché il regalo non era piaciuto, perché, perché…
In questi ultimi anni ho passato Natali dovunque, in città e case diverse, ma sempre continuo a sentirmi su quel treno nella notte. Non aspetto altro che le luci si spengano, che gli addobbi vengano riposti e che i negozi facciano i saldi. Finalmente può cominciare il nuovo anno!

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Anna Volpe

Anna Maria Volpe è nata a Roma, dove da più di trent'anni lavora come insegnante di liceo. Da sempre appassionata lettrice e attenta autrice, è un'allieva della scuola Genius fra i più assidui e affezionati.

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