Non sono un nano

Li guardava sognando di essere come loro, anche se gli sembravano essere diventati tutti un po’ stronzi.

Sono un bambino.

Mia sorella ascolta dei dischi che mi piacciono, ma non ho ancora capito questa Marinella che scivola “chissà come”… mi sa che qualcuno ce l’ha spinta, dentro al fiume, ma quando l’ho chiesto mi hanno detto che sono troppo piccolo per capire. Forse pensano che essere piccolo è come essere stupido. Buffo, no?

Come quando entro che papà e mamma parlano di qualcosa e papà fa dei colpi di tosse per avvertire mamma e cambiano discorso, e credono che io non me ne accorgo.

Invece io li sento.

– È colpa tua se è nato così!

– Ma io che ne sapevo, scusa?

– Hai il sangue pieno di anticorpi che contrastano il mio! Non dire che non lo sapevi! Siamo stati fortunati con Ale, dovevamo fermarci lì.

E giù parolacce che se le dico io mi lasciano una settimana senza tv. Poi la mamma si chiude in bagno piangendo e papà esce sbattendo la porta e quando torna ha addosso degli odori cattivi.

Mi hanno anche portato da un dottore che dopo avermi smaneggiato da tutte le parti ha detto una sfilza di parole strane che iniziavano tutte con “ipo” e ha detto che non avevo degli ormoni, che non so cosa siano, e quando l’ho chiesto mi hanno detto che sono le tracce che lasciano gli animali grandi… ma credo che mi abbiano detto una cretinata, vero? Questo non è buffo, è brutto.

A scuola ci vado e mi piace, solo che sono tutti più grandi. Io faccio la prima elementare, sono alto un metro e cinque, qualcuno mi prende in giro e dice che sono un nano. Io non lo so, però a casa mi leggevano una favola piena di nani che erano simpatici, quindi non penso che sia un insulto.

Poi c’è stata un’estate, quando avevo quindici anni, in cui non solo erano tutti diventati più alti ma avevano anche cambiato voce. Quando pensavano che non li sentissi dicevano “È sempre un nano” e ridacchiavano. Hanno cominciato anche a fare discorsi diversi, andavano in giro con le ragazze e a me non mi ci facevano andare, tanto dicevano che per me era inutile, quindi alla fine restavo per conto mio e io li guardavo sognando di essere come loro, anche se mi sembravano essere diventati tutti un po’ stronzi.

I miei dicevano che per diventare grande dovevo fare delle punture con i famosi ormoni che nel frattempo avevo anche capito cosa erano, e un po’ mi facevano crescere ma mica tanto… poi hanno detto che dopo una certa età era inutile insistere. E intanto io mi ero abituato e non ci facevo più caso.

Adesso sono grande, ho sessant’anni e sono alto un metro e quarantacinque.

Vedo tanta gente che fa di tutto per restare giovane e io invece lo rimango e vorrei essere vecchio. La mia pelle è rimasta liscia, non mi è mai cresciuta la barba, ho giusto qualche capello bianco.

Ascolto la stessa musica di una volta, e c’è una canzone di Fabrizio De André, il cantautore che piaceva a mia sorella, dove a uno basso dicono che un nano è una carogna di sicuro…

Forse è vero, ma io non sono un nano. Le carogne sono loro.

 

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