La terza età è quella giusta

Quando Claudio passava davanti a quel circolo all’angolo di casa sua, provava sempre una sensazione di fastidio.

La sensazione era aumentata sempre più all’avvicinarsi della pensione. Ma lui era sicuro: Non finirò mai come loro…

Voleva che la pensione fosse una seconda giovinezza e l’aveva programmata per 35 anni. Aveva lavorato in giro per il mondo, sacrificando la vita affettiva per crearsi un’agiatezza da godersi da lì all’eternità, e, ora che la pensione era arrivata, avrebbe mantenuto i suoi propositi.

Come da manuale della crisi di mezza età, aveva comprato un SUV, di quelli sportivo-aggressivi, molto giovanili e si era rifatto il guardaroba, consultando siti di noti influencer. Claudio poi aveva sempre fatto un lavoro dinamico e praticato regolarmente attività motorie, aveva quindi un fisico tonico, che unito alle belle fattezze, dono di famiglia, faceva sì che non dimostrasse lontanamente i suoi sessantuno anni. Infatti sul profilo della chat di incontri a cui si era iscritto si dichiarava “Giovanile cinquantenne”.

Si era dato come target donne sulla quarantina, non pretendeva infatti elisir di giovinezza, sentirsi vent’anni più giovane sarebbe stato sufficiente. Del resto aveva sentito qualcuno dire che i sessantenni erano i nuovi quarantenni.

Su Tinder trovò presto una donna che rispondeva ai requisiti. Si chiamava Anna, aveva 42 anni e dalle foto pareva carina, capelli e ampio sorriso ricordavano Julia Roberts, e dalle pose in costume sembrava avere forme come piacevano a lui. Sembrava promettente e sperò che le foto non mentissero troppo.

Mentre passava arzillo davanti al circolo all’angolo, gli venne in mente Alberto Sordi ne “I vitelloni” ed ebbe l’impulso di fare il gesto dell’ombrello spernacchiando i tristarelli con uno stentoreo “Pensionatiii”, ma per decenza glissò e ridacchiando tra sé e sé girò l’angolo e salì sul SUV parcheggiato pochi passi più in là.

Anna era fedele alle foto, ma aveva qualcosa di stonato. Era vestita come se avesse rubato abiti a una figlia ventenne e aveva passato la prima mezz’ora a fare foto all’aperitivo e facendosi sequenze di autoscatti con espressioni infantili tipo stringere le labbra come avesse una cannuccia in bocca. Inoltre aveva tenuto il telefono in mano e digitato come una matta ridacchiando tra sé e sé per tutta la sera. Claudio si era sforzato di cercare qualche argomento di conversazione, prima con la musica, ma le sue rock band si erano scontrate con cantanti dai nomi strani tipo Mahmood, Blanco e Marracash, di generi musicali non identificati. Aveva provato poi con la lettura, per carità, lui non era un fine intellettuale, ma qualche libro lo aveva letto, mentre a quanto pare ad Anna piacevano siti di informazioni non verificate su Internet. Passò al cinema, ma lei divorava soprattutto reality in TV. Sport, manco quello. Poi fece un ultimo disperato tentativo con la politica. Fu la goccia di troppo, non le offrì nemmeno la cena, pagò la sua parte, quindi si alzò, salutò Anna sforzandosi di essere educato e si dileguò.

Si chiedeva se non stesse facendo un errore, ma ogni volta che passava davanti a quel circolo e dalla porta finestra vedeva la solita ventina di persone giocare chiassosamente a carte, si convinceva a insistere: Non posso finire così.

Provò altre volte, variò anche i siti di incontri, ma le cose non migliorarono, conobbe anche donne carine, probabilmente pure in gamba, ma anche negli interessi comuni era sempre diverso il punto di vista.

Poi una sera, di ritorno dall’ennesima serata deludente, svilito più del solito, passando davanti al circolo ci entrò, con naturalezza, come se lo avesse fatto per anni tutte le sere, e si avviò al piccolo e consumato bancone. Una signora si alzò da un tavolo e si infilò dietro al bancone.

– Buonasera, cosa le servo?

La vetrina dei liquori non era molto fornita, Claudio prese una grappa e cominciò a sorseggiare mentre la signora tornava al tavolo a giocare a carte. Appena seduta si rivolse di nuovo a lui sorridendo:

– Se ha bisogno di qualcosa mi chiami.

La osservò, doveva essere stata bella e aveva uno sguardo gentile. Poi si voltò e osservò la sala, c’erano cinque tavolini pieni di persone tutte sicuramente con due o tre lustri più di lui. Menavano carte sul tavolo alzando la voce, spesso si urlavano in faccia, ma subito dopo era chiaro che scherzavano e che erano tutti amici. La signora ogni tanto si girava verso di lui sorridente, come se lo invitasse a far parte del gioco.

Realizzò una cosa: uscire con quelle donne più giovani lo faceva sentire vecchio.

Ora Claudio ha fatto fuori l’abbigliamento da influencer, venduto il SUV, e preso una quota del circolo in società con Maria, la gentile signora che lo aveva servito al bar quella sera. Ora ha amici con cui parla di musica, cinema, sport e di tutto quanto dei bei tempi passati. In giro per i tavoli si spettegola che con Maria siano più che soci. Claudio ora si sente giovane come non mai, ed è pure diventato parecchio bravo a tresette.

 

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Andrea Bocchia

Nasce a Oderzo (TV) nel 1963. Frequentatore assiduo di corsi di scrittura dal 2005, è autore di nove racconti e oltre cento articoli, prevalentemente di taglio umoristico su argomenti sportivi, pubblicati online. Del 2005 è il romanzo d’esordio “Ferite profonde forse guaribili" (Alter Ego). Nel 2021 è tra gli autori della raccolta di racconti “A Roma- San Giovanni. Storie quotidiane di un quartiere millenario” (Roma per sempre).

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