Il cellulare vibra sul tavolo della cucina alle 23 in punto, mentre stanno guardando una serie tv che hanno scelto per il fine settimana. Non ha nessuna voglia di alzarsi, tanto più che la coperta calda avvolge entrambi sul divano. Sonnecchia davanti alla tv, mentre lei ha già chiuso gli occhi. Dopo un periodo alquanto teso con Angela, sembra essere tornata una tregua apparente. Da anni conoscono i motivi di una crisi che sembra risolversi, ma che non trova una via d’uscita. Lei ha sempre allontanato l’idea di una gravidanza, “Non mi sento pronta”, lui accarezza questo desiderio da quando si sono conosciuti, “Te lo immagini quanto sarebbe bello”.
Rimanere orfano da piccolo non l’ha certo aiutato. Anni di terapia per comprendere che solo un gesto paterno potrebbe liberarlo da questa angoscia.
Dopo la terza puntata consecutiva decide di spegnere la TV. Lei apre gli occhi di scatto, sbadiglia, si alza lentamente e sale al piano di sopra dove c’è la camera da letto. Lui rimane sotto, entra in cucina e prende una bottiglia di acqua dal frigo. Si volta verso il tavolo, recupera il cellulare e appena apre lo schermo si accorge che il messaggio proviene da Sconosciuto.
Le parole sono lapidarie: “Sono incinta”.
Non ha il tempo di leggere che la bottiglia scivola dalla mano e si frantuma in tanti pezzi.
Lei si affaccia dalle scale: “Che hai combinato?”
“Nulla, è caduta la bottiglia dal tavolo, penso io a sistemare, tu vai a letto!”
Raccoglie i pezzi di vetro più grandi e involontariamente si procura un taglio lieve al dito dal quale comincia a perdere sangue. Mette subito la mano sotto il rubinetto aperto e dopo aver bloccato la ferita riprende il cellulare.
Sconosciuto è il nome con cui ha registrato il numero di Alba. “Sono incinta”.
Sta per cancellarlo quando si ferma e prova a ricordare l’ultima volta che avevano fatto l’amore.
Forse risale a un mese fa? O forse qualche giorno in più.
Dopo aver pulito la cucina, sale al piano superiore ed entra in camera da letto. Lei è già accucciata sotto le coperte, con l’abat-jour accesa e gli occhi socchiusi. Cerca di recuperare il giubbotto che giace sulla sedia.
“Vieni a letto?”
“Non ho sonno, metto in ordine in salone e vado a fare una passeggiata”
“A quest’ora? Tu sei pazzo”.
Torna nel salone, piega il plaid, sistema i cuscini, prende il cellulare, mette giubbotto e berretto. Appena uscito respira a pieni polmoni: l’aria fresca lo risveglia del tutto. Mette la mano in tasca, prende il pacchetto di sigarette e ne accende una. La città sembra del tutto immobile, il parco giochi di fronte al palazzo è deserto, la luce tenue del quartiere rende il tutto sospeso.
Prova a chiamarla, ma il telefono è staccato. “Ma che cazzo, rispondi!” cerca di rimanere calmo, respira e inspira una boccata profonda.
La nebbia ovatta i passi lenti, proprio come il giorno che era uscito con Alba. L’aveva conosciuta in un pomeriggio tipico pavese, un anno prima, durante un convegno che si era tenuto all’Università: “Intelligenza artificiale. Il futuro è oggi”.
La sua relazione aveva avuto un gran successo, soprattutto in un passaggio che ipotizzava quanto il machine learning sarebbe stato pervasivo nella realtà e quanto sarebbe stato capace di cambiare il modo di vivere e lavorare di ciascuno.
Con una frangetta insolente, un piercing sul naso e uno sguardo estremamente sveglio, Alba si avvicinò alla fine del suo intervento. Lo colpì il piglio deciso e la freschezza con cui gli disse: “Complimenti professore! Purtroppo, esaltiamo la macchina ma non ci poniamo seriamente il problema etico e morale di questa nuova frontiera”.
“Il problema etico e morale esiste, ma non possiamo fermare l’innovazione che avanza a grandi passi”.
Dopo un’ora di confronto acceso, si ritrovarono in un locale e continuarono la loro discussione fino a parlare delle loro vite. Alba stava per concludere il dottorato, lui era un giovane ricercatore, affermato nel campo delle neuroscienze, impegnato tra un lavoro esaltante e un rapporto di coppia in crisi.
“Sei sposato?”
“Più o meno, tu?”
Non si rese conto che era passato dal “lei” al “tu” senza averglielo chiesto.
“Liberamente single – rispose con un sorriso poco ingenuo, che sapeva di sfida – ma con una certezza: prima o poi voglio diventare madre. Vengo da una famiglia numerosa, ma non ho ancora trovato un folle che la pensa come me. E tu?”
Prese il bicchiere e bevve un sorso di vino rosso e girando leggermente lo sguardo rispose:
“Ancora presto per pensare ai figli, c’è tempo! Piuttosto perché non vieni a trovarmi in Dipartimento a Milano, stiamo lavorando ad un progetto interessante. Un’applicazione che utilizza una tecnica di deep learning che utilizza una rete neurale per analizzare e comprendere il significato di un testo”.
“Figo!”
Dopo una settimana, se la ritrovò davanti l’uscio della porta della sua stanza. Si era fermato dopo una intensa giornata di esami per leggere le ultime e-mail. Era già buio fuori quando la vide.
“Ciao, che ci fai qui?”
“Sono di passaggio, devo rientrare a Pavia”.
“Entra pure”.
Era bellissima. Non ricordava bene come era vestita, ma lo sguardo, quello sì. Rimase scosso da quella presenza ingombrante.
Alba entrò lentamente e con uno scatto chiuse la porta a chiave. Si avvicinò a lui e in un attimo si ritrovarono l’uno incollato all’altra. Fu breve ma intenso.
Lasciò sul tavolo il suo numero di telefono, gli diede un bacio e uscì fuori.
Lui rimase in silenzio a guardare la sequenza di numeri. Li registrò sul cellulare con il nome Sconosciuto e dopo alcuni giorni di totale smarrimento provò a chiamarla.
“Ciao, sono io…” un attimo di silenzio e poi la sua voce leggera ma decisa.
“Mi sei mancato. Maledettamente!”
“Vengo domani a Pavia”.
“Via De Gasperi, terzo piano, sul campanello trovi scritto Alba”.
Il giorno dopo disse a casa che si sarebbe dovuto fermare un po’ più del solito a Pavia per definire alcuni passaggi del prossimo convegno con i colleghi del dipartimento. Bugiardo e traditore. Ecco cosa era, un individuo che non riusciva a razionalizzare quanto stava per accadere.
Come avrebbe agito un’intelligenza artificiale al suo posto, esiste un algoritmo per bloccare l’azione impulsiva al momento giusto? Esiste un’applicazione che possa risolvere le crisi di coppia? Avrebbe dovuto approfondire meglio.
E invece? Per un anno intensificò le visite a Pavia e tutto fu molto eccitante. Alba lo accoglieva nella sua casa e il tempo sembrava fermarsi.
Non appena rientrava a casa veniva colto da un immenso sconforto.
L’ultima volta che si videro fu circa un mese prima e fu lui a essere determinato. Dopo aver consumato un pomeriggio fra le lenzuola, jazz, tisane tibetane e tramonto mozzafiato, la salutò e le disse che si sarebbe fatto sentire. Non ebbe il coraggio di guardarla in faccia e appena salì sul treno le inviò un messaggio definitivo di chiusura. Lei, che probabilmente aveva intuito, non rispose al messaggio e decise di non farsi più viva.
Sente freddo adesso. Un brivido lungo la schiena lo blocca durante il suo vagare in città. Non si è accorto che è trascorsa già un’ora da quando è uscito da casa. Prende dal pacchetto un’altra sigaretta, mentre passa un’ambulanza a sirene spiegate il suo sguardo va a un manifesto pubblicitario che rappresenta un neonato che dorme disteso in culla, con un pugno chiuso e una scritta rossa in basso: “La rivoluzione non dorme”. Sorride e lo prende come un segnale preciso.
Riprova a chiamare Alba ma il cellulare è ancora staccato.
Risponde al messaggio “Non ti abbandono”.
Decide di ritornare a casa.
Rientra infreddolito e torna in cucina. Lo sguardo va alle foto appese al frigorifero dove è insieme ad Angela: Amsterdam in tandem, Venezia sulla gondola, Lisbona davanti a due bicchieri di porto. Gli mancano proprio le foto di un marmocchio.
Si mette a letto, prova a chiudere gli occhi. Sente che qualcosa è scattato dentro.
È domenica. Il letto è vuoto dall’altra parte. L’odore del caffè lo ridesta dal torpore delle coperte, ma non ha voglia di alzarsi. Lei entra in camera da letto.
“Dove sei stato tutta la notte?”
“In giro”.
“Sei di nuovo in crisi?”
“Ho bisogno di tempo, vorrei allontanarmi per un po’. Prendiamoci un po’ di spazio, Angela”.
“C’è un’altra?”
Silenzio.
“Non ho detto questo, ti dico che forse abbiamo bisogno di prenderci un po’ di tempo e spazio per noi”.
“Se esci da questa casa, non entri più!”
Si alza lentamente e cerca di rimettere un po’ di ordine nella sua testa. Apre l’acqua della doccia ed entra dentro nella speranza di buttare fuori un po’ di pesantezza che si sente addosso. Le torna in mente il sorriso di Alba, la sua freschezza e il messaggio che non ha ancora cancellato dal suo telefono.
Dopo essersi vestito, scende di sotto in cucina. Lei è di spalle con il pigiama rosso, quello che le ha regalato per Natale.
“Vado dai miei per qualche settimana”.
Lei si gira lentamente e lo guarda in silenzio.
“Sei sicuro?”
Silenzio.
Sale sopra a prendere un borsone, quello della palestra. Lo riempie senza rendersi conto di cosa mette dentro. Apre la porta di casa, mentre lei rimane in cucina. Scende le scale e sente dentro un leggero malessere, ma una voglia incredibile di chiamare Alba e di dirle: “Sto arrivando, mi prenderò cura di te e del nostro bambino”.
Il cellulare vibra nella tasca del giubbotto e annuncia un messaggio.
Sconosciuto: “Falso allarme, ho rifatto il test. Per tua fortuna non sono incinta. P.S. evita di chiamare, grazie!”