Acqua per Venezia

Alzando un po’ lo sguardo, Elisa notò che lo “schermo” sull’avambraccio di Giovanni si stava riaccendendo, come se fosse stato spento. Spinse il naso in avanti indicandolo.  “Come hai fatto?”

SINOSSI: Per salvare una Venezia ormai sott’acqua, un consorzio di stati maggiori, creato con il nuovo assetto geopolitico mondiale, decide di prosciugare tutto l’alto Adriatico. Gli sfollati Veneziani sono riportati a riprendere la loro città. Fino a che punto sono disposti ad arrivare pur di riavere la vita di sempre?

 

ELISA

Elisa si sedette al tavolo da pranzo e si strofinò l’avambraccio sinistro alla luce del sole che entrava obliquo dalla finestra. Era seccata. Ogni volta che s’illuminava l’interno dell’avambraccio con un messaggio, la lieve scossa di avviso per lei era un fastidio enorme. Ieri sera era arrivato il messaggio della convocazione a tutti i residenti del sestiere San Polo. Elisa aveva risposto. Unendo pollice e indice della stessa mano sinistra partiva in automatico al mittente un semplice Confermo la ricezione. Grazie mille! Finito. Invece a poco a poco durante la notte, e ancora di più al mattino, il “solletico” neuroelettrico si ripeteva quasi fino a diventare continuo… in bagno, durante la colazione, mentre baciava e salutava Giuseppe. Elisa continuò a strofinare e sbirciò di nuovo l’avambraccio. Il bianco interno s’illuminava a intermittenza come un antico LED a colori, tzin-tzin-tzintzin… idioti! Non riusciva a credere che gli altri rispondessero a tutti creando un ingorgo di impulsi sulla sua pelle. Scosse la testa e guardò un orologio con le lancette sul muro di una marca italiana, sopravvissuto ai tempi in cui esisteva ancora quel paese. Mancava mezz’ora alla convocazione. Elisa si alzò, mise una camicia di lino sopra la canottiera e si diresse verso l’uscio che dava direttamente sul Campo San Stin.

Fuori dalla porta Elisa incrociò lo sguardo di alcuni vicini. Quel lato del campo era più stretto e non poteva fare a meno di udire i soliti sussurri di convenienza, “Anca vi altri?” “’Ndemo insieme?”; ancora più insopportabili le finte rimostranze, “No ghea faso più!” “Cosa vorranno stavolta?” mentre si prendevano a braccetto e ridevano. Elisa si tenne in disparte, abbassò la testa e per evitare il fiume degli altri sestieresi che arrivavano di lato alle sue spalle dalla Calle del Tabacco si affrettò attraverso il campo.

Superato il pozzo nel centro del campo si diresse verso destra, seguendo il flusso di persone che si stava infilando nella stretta Calle Ca’ Donà. Tzin-tzin-tzin … Elisa strinse i denti e alzò la testa. Guardò tra i gruppetti allegri che si stavano chiudendo attorno a lei come se potesse individuare gli imbecilli colpevoli. Vide d’improvviso un giovane uomo con i capelli lunghi fino alle spalle che con passo deciso tagliava la folla di traverso, proprio davanti all’imbocco della calle. Giovanni?

“Nani! Nani!”

Giovanni si fermò di scatto e si girò verso la voce che lo chiamava. Un sorriso esplose sul suo viso da ragazzo, “Ohhh, Elisa!” Poi Giovanni si girò verso di lei e, completando un passo di lato per uscire dalla folla, l’attese all’altro angolo della calle.

La faccia di Elisa si rischiarò. Saltellando tagliò un sentiero tra la gente e affrettò il passo verso di lui e verso quel suo sorriso. Giovanni era vestito in modo casual, con pantaloni cargo, scarpe da tennis e una maglia leggera a maniche lunghe: tutto abbinato in modo discreto. I vestiti gli pendevano addosso con naturale eleganza, come avrebbe fatto qualsiasi capo su quel fisico asciutto e tonico. Di statura media, Giovanni si confondeva tra la gente ma quando si muoveva colpiva l’osservatore per la sua energia. Elisa si fermò davanti a lui.

“Meno male che ci sei tu, Nani!” disse rinfrancata mentre si spostava ancora più a destra fuori dalla calca. Poi Elisa l’abbracciò forte al petto come fosse un fratello. “Da quando ci hanno fatto tornare dai colli, non ci capisco niente… Tutte ’ste muse de mona che girano felici!

Giovanni rise divertito e complice.

“Spiegami un po’ che succede. Noi tutti dea sestiere ne toca andar a San Polo, ma dove? Par cosa?” Tzin-tzin-tzin “… eppoi ’sti cretini!” esclamò premendo l’avambraccio. “Io rispondo solo alla direzione, SOLO al mittente. Confermo e basta! Quest’altri devono mettere in copia TUTTI! … Pe’ ogni conferma, ogni commento, ogni cazzata, ne toca spartir co’ tuti quanti. ”

È quello che vogliono. Sanno com’è la gente…”

Giovanni le prese dolcemente l’avambraccio sinistro. “Ma hai letto il messaggio per intero?” chiese guardando il rettangolo di bioluminescenza al suo interno. “Dice che dobbiamo andare sotto le insegne della Scuola del Santissimo Sacramento”

Elisa seguì la lettura del messaggio sul suo avambraccio con aria stizzosa, poi alzando un po’ lo sguardo notò che lo “schermo” sull’avambraccio di Giovanni si stava riaccendendo, come se fosse stato spento. Spinse il naso in avanti indicandolo.  “Come hai fatto?”

“Ahhhhhh, un medico de fora mi ha spiegato un trucco. È una cosa temporanea. Basta trattenere il fiato per un po’.”

Elisa era perplessa ma incuriosita. Guardò il suo amico in attesa mentre si avvicinavano al rio.

“La bioluminescenza dipende da una molecola nel tessuto dello schermo, che si chiama luciferina, che si catalizza con l’ossigeno nel nostro sangue. Se abbassi la saturazione d’ossigeno nel sangue, il meccanismo non funziona più… quindi, se trattieni il respiro per un po’,  l’aggeggio si spegne e poi ci vogliono un paio di minuti finché non si riaccenda, dopo che la saturazione è tornata normale.

“Forte!”

“Lui ha avuto st’intuito e ci ha provato e ha funzionato. Dice però che si sono accorti e stanno già lavorando per perfezionarlo.”

Mentre Giovanni parlava Elisa si fermò e aprì la bocca facendo un respiro profondo. Poi la chiuse strabuzzando gli occhi come una bambina che stava per andare sott’acqua.

“Oh, ma che faiii?”  Giovanni si piegò ridendo. “Se riempi i polmoni, ti riempi di ossigeno! Ti xe proprio ebete!” Non riusciva più a smettere di ridere.

Elisa sbuffò … “Imbecille!”

“Devi espirare il più possibile. Butti fora tutta l’aria!  POI… trattieni il respiro finché non si spegne lo schermo sul braccio.”

Elisa eseguì l’operazione correttamente e pochi secondi dopo vide la luce dello schermo all’interno dell’avambraccio sinistro affievolirsi. Dopo un minuto si spense completamente. Il viso di Elisa si illuminò di entusiasmo. Incoraggiata dal risultato e grazie alla sua giovane età e al fisico allenato  riuscì a trattenere il fiato per oltre tre minuti.

“Whoooooa! L’hai spento proprio bene! Sarai libera per un bel po’.”

Elisa si raddrizzò compiaciuta e fiera. Gli occhi celesti le scintillavano mentre seguiva il controllo dei suoi successivi respiri, minimi e distanziati. Scambiò uno sguardo di complicità con Giovanni.

Ma in quel momento una fitta di dolore insopportabile le attraversò l’avambraccio. Lo afferrò con la mano destra ma la sofferenza era tanto intensa che si gettò in ginocchio.

Giovanni si piegò su di lei per aiutarla e insieme lessero lo schermo che in quel momento si riaccese.

 

Ciao Elisa,

Siamo lieti di aver potuto ripristinare il tuo servizio! Ultimamente ci sono state diverse interruzioni sulla nostra rete e ci scusiamo per il disagio recato da questo malfunzionamento. Stiamo lavorando per migliorare il nostro sistema e presto aggiorneremo anche i vostri bioschermi.

Nel frattempo ti auguriamo una buona giornata,

La direzione di Serenissima Sistemi.

 

“I ga perfesionà, disse Giovanni con un filo di voce.”

 

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