Questo martedì arriva dopo la presentazione del libro “Amare l’invisibile” di sabato scorso al Palazzo del Freddo. Il libro, editato in primis da Paolo Restuccia, è dell’ autrice Paola Persia e, durante l’incontro ricco di spunti, è uscito fuori un argomento interessante che mi ha colpito e che voglio riproporvi.
Si può assaggiare un colore?
Pensate sia possibile sentire il sapore di un colore?
Paola è non vedente, ha perso la vista progressivamente e, per questa ragione, il vuoto dell’assenza della vista viene colmato dagli altri sensi. L’essere umano ha questo istinto di sopravvivenza, votato a riempire i vuoti, a mio avviso incredibile, per cui ciò che manca viene “riparato” come possibile.
Ma, per capire come assaporare un colore, è necessario partire da un altro tema: la sinestesia. Non la figura retorica amata dai poeti, quella che accosta parole appartenenti a sfere sensoriali diverse, “Fresche le mie parole”, “corsi a vedere il colore del vento”, lasciamo il “percepire insieme” che è l’etimologia della parola sinestesia ai poeti e torniamo al gusto dei colori.
La sinestesia è un vero e proprio fenomeno neurologico in cui, alla stimolazione di un solo senso, ne rispondono due. Un suono può evocare un colore. Un rumore può evocare un sapore. È dato come un disturbo, ma a mio avviso, di umile amante dei sensi, credo ci sia spazio per approfondire questa caratteristica.
Immaginate di assaggiare un gelato al mango e vedere il viola, o di sentire il sapore di fragola guardando l’urlo di Munch.
Nella mia esperienza gustativa, ho imparato che la natura ci invia segnali non sempre legati alla nostra memoria sensoriale, ossia assaggio un’arancia e penso all’arancione, o al rosso se assaggio una fragola, bensì risposte sensoriali apparentemente sconnesse.
Il neurologo Cytowic, tra i primi ad affrontare la sinestesia, ha gettato delle basi per avere un’idea più chiara di questo fenomeno.
Sinestesia involontaria, ossia percezioni non volute dovute a stimoli esterni; sinestesia proiettata verso l’esterno, ossia quando si immagina un sapore o un colore; sinestesia durevole, ossia se si associa un colore a un piatto, o un suono a un colore, questo rimarrà costante nel tempo; sinestesia generica, sensazioni dovute a stimoli generici come un panorama ricco di animali, persone, natura e, infine, la sinestesia emotiva, ossia la percezione di uno stimolo con più sensi, che può dar vita a emozioni piacevoli o spiacevoli. Che ad esempio è un po’ quando si fa l’amore.
Il punto di tutto questo è che io vorrei allenare questa sinestesia, coltivarla e capire se è possibile sentire di più. Questo perché la sinestesia, da quanto emerge da alcuni studi su artisti riconosciuti, ha un rapporto intimo con la creatività. Stevie Wonder, Van Gogh, Nabokov erano sinesteti. Eppure questa teoria non ha ancora basi concrete.
Nel mio lavoro, quello di gelatiere navigato e non di scrittore in erba, la sinestesia uditivo gustativa ad esempio, ossia associare il suono di una parola a un gusto, fa riferimento all’area cerebrale dell’insula: è una connessione sensoriale comprovata in alcuni sinesteti. Ecco, questo è interessante per arrivare a creare una narrazione gustativa melodica, ritmica, che possa toccare sfere profonde della percezione.
In maniera più complessa, credo che la sinestesia sia un affiorare della coscienza dell’uomo, capace di ricercare una punto di vista di abissi ancora insondabili sull’esistenza.
Assaggiare un colore, quindi, è possibile; lo può fare un sinesteta in maniera involontaria e pura o possiamo farlo appellandoci alla nostra memoria sensoriale, perché un assaggio cieco può riportarci colori e immagini del passato, oppure possiamo provare a lasciare l’inconscio libero di affiorare, provando a coglierne significati sensoriali inaspettati che, altrimenti, sfuggirebbero. Per questo a Paola, durante la presentazione del suo libro, ho proposto un caffè bianco. Un gelato di fior di latte al caffè, creato grazie alla macerazione dei chicchi una notte poi filtrati. Il bianco purissimo che resta ci fa pensare al latte, ma l’assaggio ricopre il gusto del colore del caffè. Gusto e vista.
E Paola, la nostra autrice di Amare l’invisibile, anima ispiratrice di questa digressione, è la prova della potenza sensoriale che riempie vuoti, che si compensa e rende capace di toccare l’invisibile.