È appena uscito, per Augh! Edizioni, Parlando dei miei giorni – vita di Giulia, un nuovo romanzo di Marco Proietti Mancini, autore prolifico che si è dedicato da molti anni alla scrittura, soprattutto di storie legate a Roma e a una saga famigliare che si sviluppa da un testo all’altro. Recentemente Proietti Mancini ha curato un’antologia di racconti (in questo caso dedicati al mondo del ciclismo, Pirati e gregari) come già aveva fatto in passato. Eppure quando ho cominciato a leggere questo romanzo ho notato, fin dal prologo, qualcosa che lo rendeva diverso dalle altre sue cose che ho letto. Stavolta la sua protagonista è una donna, apparentemente molto lontana sia dalle sue storie famigliari che dalle avventure ambientate a Roma. La storia di Giulia, questo è il suo nome, la donna che voleva fare la missionaria e che invece si è ritrovata a fare la puttana (come si legge fin dalla quarta di copertina), mi ha preso e così ho seguito la sua vita da quando era bambina fino al finale che ovviamente non vi svelo. Leggetelo, se vi va. In ogni caso mi sono venute molte curiosità su questa biografia (vera e forse anche poco romanzata, così appare alla lettura) e ho pensato di fare a Proietti Mancini qualche domanda.
Dedichi questo romanzo “A tutte le donne eccezionali che ho conosciuto, forti, libere, indipendenti, determinate, coraggiose”. Perché?
Perché essere donna, oggi ancora di più – a mio personalissimo giudizio – è infinitamente più faticoso che essere uomini. Fatica fisica, fatica mentale, fatica sociale. Non è retorica, la mia, né meno ancora voglia di ingraziarmi “pubblico femminile”, ma riflessione sul fatto che il passaggio da “donna di casa” a “donna factotum” ha amplificato e aumentato la fatica di vivere delle donne, obbligate più di prima a fare scelte radicali se vogliono concentrarsi su un obiettivo, con la consapevolezza che queste scelte le pagheranno nel giudizio degli altri, costeranno loro carissime.
Vuoi fare carriera? Allora non fare figli. Non fai figli? Sei un’egoista che rinuncia a un ruolo “naturale”. Vuoi fare carriera e figli? Facile, abdicare a una funzione e lasciare che i tuoi figli vengano accuditi da altri.
Siamo pronti (uso il “noi” per evitare qualsiasi speculazione polemica) ad additare, giudicare, pesare, condannare. Le donne più degli uomini, perché agli uomini è concessa ancora – certo, in termini generali – la possibilità di un’infinita adolescenza. Il calcetto, le birre, le seratine, l’alibi del “non tocca a lui pensarci”.
Quindi quando incontri una donna come la protagonista di questo romanzo ti trovi a conoscere nuovamente tante donne che non avevi riconosciuto per la forza che hanno dovuto impegnare per essere se stesse. Attraverso Giulia, le sue decisioni drastiche, assolute, definitive, ho voluto riconoscere e omaggiare tutte queste donne, con gli aggettivi che sono elencati nella mia dedica.
Questa è una storia vera, come nasce?
Se la domanda è “come nasce il romanzo”, la risposta è che tutto parte da un contatto Facebook come tanti altri. Una persona che dopo mesi e anni che leggeva i miei post, mi ha mandato un messaggio chiedendomi di poterci sentire telefonicamente.
Ho inizialmente fatto resistenza sia alla telefonata, che poi ad accogliere la sua richiesta di “voglio raccontarti la mia storia e vorrei che tu la facessi diventare un libro”. Non ho mai, mai fatto Ghost Writing, gliel’ho detto un sacco di volte, fino a che non mi ha detto “concedimi il tempo di ascoltarmi e poi deciderai. Ma voglio che questa storia la racconti tu”.
Una cosa ho sempre sostenuto, nessuno deve negare a nessun altro l’ascolto.
Su questa base ci siamo sentiti e dopo un’ora al telefono io sapevo che non avrei potuto far altro che accettare la sua proposta. Questa era, è una storia che meritava di essere raccontata. Io spero solo di averlo saputo fare come questa donna si aspettava da me.
La protagonista l’ha letta?
Solo in fase di stesura, a schema, struttura. Non nella forma “compiuta” finale. Ma è stata una sua scelta. Io le ho sempre chiesto, mano a mano che andavo avanti, di avere il suo consenso. Me l’ha sempre dato, a volte – così mi ha scritto, perché dopo le prime telefonate, tre o quattro, il nostro rapporto è stato solo via mail e messaggio – dichiarandomi di essersi emozionata e commossa leggendo. Quando il romanzo ha avuto forma definitiva, in prima stesura, lei si è distaccata. Come se non le interessasse più. Ho avuto la sensazione che si sia sentita libera; per usare un’immagine abusata, ma è l’unica che mi viene in mente, come se finalmente si fosse trasformata in farfalla. Tutto il resto ormai inutile involucro.
Mentre la scrivevi, pensavi al fatto che stavi raccontando la storia di Giulia, una persona che esiste davvero, e per di più donna, e oltretutto una donna segnata dal pregiudizio dell’essere una prostituta?
Ogni singolo minuto, parola, frase. È stato un peso enorme togliermi di dosso io per primo i pregiudizi, le scorie. Una cosa segreta; questa donna mi ha inviato i link ad alcune pagine dove erano presenti i suoi annunci, le sue foto “professionali”, dove c’erano elencati i servizi che svolgeva e le recensioni dei clienti. Vederla così, esposta, come carne da vendere al peso, mi ha fatto male. Tanto. Per me ormai non era più “la protagonista di una storia”, era una mia amica della quale non volevo giudicare nulla. Ti rivelo una cosa, c’è nel romanzo una parte molto precisa, in cui io sono presente virtualmente, in un dialogo preciso. Quel punto è stato quello in cui anche io, come lei, mi sono liberato dei pregiudizi e ho potuto diventare “Giulia”, libero di esserlo.
Per questo libro hai lavorato in modo diverso che per i precedenti?
Sì. Per tanti motivi. La necessità di conoscere a fondo un mondo parallelo, documentarmi su sigle, tariffe, modalità, scendere in dettagli sessuali che in nessun libro precedente avevo trattato, provando a farlo senza trasmettere nessuna eccitazione, solo come una “cronaca sessuale” inevitabile. Ambientare una storia in diverse città, da Grottaglie a Roma, a Bari, a Treviso e poi Milano, sfiorando anche altri posti. Scrivere di persone senza farne i veri nomi, rendere irriconoscibile la realtà, senza renderla inverosimile. Ho dovuto usare tecniche, metodi di scrittura che non avevo mai utilizzato.
Quanto influisce una morte in famiglia e la povertà in questa storia?
Spero che il romanzo risponda per me, a questa domanda. Nessuno è immune, questo il senso. Tra la felicità e la tragedia più nera passa un confine sottilissimo. Tra la libertà e una dipendenza assoluta e totale a volte passa il tempo di un battito di ciglia. Una morte fa partire una reazione a catena che stravolge tutto.
E l’educazione religiosa, del tipo “non toccarsi lì, mai, neanche per lavarsi!”?
Anche qui, ho provato a dimostrare che certa “educazione” religiosa è solo mala-educazione, che l’ossessione per la sessualità è – almeno oggi – il peggior nemico del cattolicesimo, che ha condizionato secoli di vita sociale, trascurando peccati molto peggiori. Le diseguaglianze economiche, i rapporti di potere. Invece di inibire, certi divieti hanno reso affascinanti la loro violazione.
E come hai giudicato i suoi “clienti” che hai raccontato?
Senza giudizio. Quando sono riuscito a non giudicare Giulia, finalmente mi sono liberato dal secondo pregiudizio, quello verso i clienti. Intendiamoci, non tutta la prostituzione è come quella esercitata da Giulia, anche qui, non posso sparare percentuali a casaccio, ma immagino che la stragrande maggioranza delle prostitute siano poco meno che schiave. Non è quella la forma di prostituzione di cui racconto, parlando di Giulia.
In una vita del genere ci possono essere momenti di felicità, secondo te?
Una risposta secca; no.
Paradossalmente e senza spoilerare nulla del finale del romanzo, gli unici momenti di relativa serenità di Giulia, fino ad un certo punto, sono quelli in cui “nasconde” chi è. Ma una felicità goduta attraverso una finzione, nascosti da una maschera, è come l’allegria dei pagliacci del circo. Ridono, hanno un sorriso dipinto, ma poi quando escono di scena e si tolgono il trucco, quell’allegria lì non c’è più.
Cosa ti resta ora, alla fine di questo percorso?
La voglia, il desiderio, il bisogno, di partire per un altro viaggio. Insieme e dentro alla vita di altri personaggi, che nei romanzi diventano persone.