Briciole di verità

Giulia rientra a casa dopo lavoro e trova evidenti indizi di una presenza femminile nell’appartamento, Andrea dirà la verità?

Questo brano è tratto da un romanzo in scrittura a Corinna Lucaora sta lavorando durante il percorso “Diventa uno scrittore”.

Entrando nell’appartamento mi resi subito conto che c’era qualcosa fuori posto.

Posai giacca e borsa e tolsi le scarpe mentre annusavo l’aria come un segugio.

C’era una nota stonata nell’odore della casa, inoltre Silvestro non si stava strusciando sulle mie caviglie come al solito.

Accesi la luce per poter osservare la stanza e la mia attenzione si posò sul cavatappi appoggiato al ripiano della cucina.

Andrea? – chiamai.

Sono nella vasca – mi rispose da dietro la porta del bagno.

Mi avvicinai al lavello e vidi due bottiglie di birra vuote e un posacenere con quattro mozziconi: due Marlboro e due Merit.

Andai verso il bagno e spalancai la porta scorrevole, il vapore e il caldo mi fecero mancare il fiato.

Hai avuto ospiti – dissi rivolta ad Andrea.

Era immerso nella vasca da bagno piena di schiuma, gli usciva solo la testa.

Si voltò verso di me e mi rispose – no, perché?

– Beh, ci sono due birre e il posacenere pieno

– Mi sono rilassato davanti alla tv tutto il pomeriggio – fu la sua risposta.

– Ma tu non fumi solo Marlboro Rosse? – gli chiesi convinta di averlo colto in fallo.

– Al bar le avevano finite e ho dovuto fumare quell’altra schifezza – mi liquidò.

Lo lasciai a mollo e iniziai a perlustrare il salotto.

C’era qualcosa fuori posto, ma non riuscivo a metterlo a fuoco.

Andrea aveva tolto il tappo alla vasca e sentivo l’acqua defluire, avevo poco tempo per osservare la stanza senza distrazioni.

Andai alla parete opposta per cambiare punto di vista.

I cuscini del divano non erano stati sistemati e, vicino al bracciolo spuntava un piccolo rettangolo di stoffa gialla che spiccava sul blu cobalto del copri divano.

Andrea aprì la porta mentre estraevo dalla fessura un nastro tenendolo fra il pollice e l’indice, mi avvicinai a lui.

Sventolai davanti al naso di quel bugiardo la mia prova schiacciante e quell’uomo in accappatoio scoppiò a ridermi in faccia.

– E questo? – feci con aria inquisitoria.

– È un gioco per il gatto – mi rispose.

– Non dire stronzate, da dove viene? – continuai.

– Stamattina una collega ha portato un sacchetto di cioccolatini chiuso con quel nastro e, quando l’abbiamo aperto, l’ho messo in tasca senza pensarci. Arrivato a casa mi ci sono messo a giocare con Silvestro. – Si giustificò e andò in camera per vestirsi.

Andai in bagno e sul tappetino vidi immediatamente un lungo capello nero.

Raccolsi anche quella prova e, sicura di poterlo incastrare, andai da Andrea.

– Adesso basta mentire, da dove viene questo capello?

– Ma smettila, quello è di sicuro un capello di Luana, la segretaria storica del capo. Mette sempre il cappotto nell’attaccapanni vicino al mio e me lo sarò portato dietro – mi rispose sgarbatamente Andrea.

Non credevo neanche a una parola di quell’uomo, dovevo trovare il modo di fargli dire la verità.

Avevo diversi indizi: un profumo, i mozziconi e la birra, il nastro e il capello.

Tutto lasciava intendere che ci fosse stato qualcuno oltre a lui in casa ma Andrea continuava a negare.

Stavo riflettendo quando sentii dei rumori provenire dallo studio.

Splancai la porta, Silvestro ne uscì veloce come un lampo e andò verso le sue ciotole.

Si tuffò sui croccantini.

Andrea mi si avvicinò e sorridendo disse: – Povero Silvestro, l’ho stancato così tanto, che s’é scordato di mangiare.

Mi voltai verso Andrea, aveva l’aria di chi mentiva sapendo di farlo.

Stavolta non ci ero riuscita, ma non l’avrebbe fatta franca di nuovo.

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