– Non si fa così
– Ma cosa?
– Non ti vergogni alla tua età?
– Ma di cosa?
– Io alla tua età avevo già te e tuo fratello.
– A me non interessa ho altri desideri.
– Altri desideri? Ma vuoi mettere con la bellezza di una famiglia? Ti ci vogliono regole e stabilità. Guarda tuo padre.
– E grazie lui è Militare. È in pensione da 10 anni e ancora si va a guardare la divisa.
La divisa la tiene conservata come una reliquia nell’armadio del soggiorno e quando le cose gli sfuggono di mano, forse per nostalgia del comando o della disciplina l’ho visto riaprire l’armadio per ammirarla e qualche volta accarezzare i gradi da colonnello.
Mamma indica mio padre intento in cucina a preparare il caffè. Dalla vita militare ha comunque mantenuto alcuni rituali uno di questi è quello del caffè. Si fa solo con la moca, dopo aver inserito l’acqua, il caffè va pressato tre volte con un cucchiaino; due volte ai lati e uno al centro. Qualunque variazione sul tema è sbagliata.
– Noi due siamo gli unici a non avere un nipote.
Si interrompe un attimo
– Pure Carlo Conti, su Oggi, ha detto che avere una famiglia è importante
– E adesso cosa c’entra Carlo Conti?
– Beh anche lui non è di primo pelo. Ma pure lui a un certo punto si è fermato.
Resto un attimo in silenzio. Guardo mia madre, la osservo. Non ho dubbi, è seria. Mi sta veramente proponendo Carlo Conti come punto di riferimento.
Papà le porge la tazzina ancora fumante e poi se ne prende una lui. Si sta per sedere. Mamma solleva la tazzina, la sta quasi per sorseggiare e io spero che si ustioni per far smettere questo discorso. Ma non sono così fortunato. Rivolgendosi a mio padre:
– Teo ti sei scordato lo zucchero!
Papà che aveva quasi completamente poggiato il culo sulla sedia, scatta in piedi come solo un colonnello sa fare davanti al generale. Mi sembra quasi di vedere la mano che parte verso la fronte nel gesto di mettersi sull’attenti. Mentre torna in cucina a prendere lo zucchero, mamma riprende il discorso.
– Io lo so qual è il tuo problema.
“Sì, tu”. Vorrei tanto rispondere ma lei mi anticipa con un:
– Sei timido!
– Timido io?
– Sì, tu pensi che uno con le stampelle non possa avere una storia.
Mentre mi chiedo se questa illuminazione le sia stata suggerita in sogno da Carlo Conti, continua.
– Lo sai che anche quelli in carrozzina si sposano?
– Ma cosa c’entra? Mica ho detto che non posso. Io non voglio.
Mamma mi squadra come per dire: “Se vabbè…” In quel preciso istante ho voglia di sbatterle in faccia tutto quello che non sa e che una madre non dovrebbe mai sapere di un figlio. Ma se lo facessi sarebbe solo un gesto di stizza e in fondo le darei ragione. Così bevo il mio caffè ancora fumante sperando di lessarmi la lingua.
Papà finalmente arriva con lo zucchero, mantiene lo sguardo fisso sul caffè che tra poco pregusterà.
– Teo digli quanto è bello avere una famiglia.
Senza perdere di vista la tazzina risponde con tono quasi ipnotizzato
– Sì, sì è bello… è bello.
Mamma sbotta all’improvviso
– E no, così non va bene
Guardo mamma per capire cosa sia successo e papà si sveglia dallo stato d’ipnosi.
– Teo! Non questo, lo sai che mi fa ingrassare. Prendi quello di canna.
Papà si rialza da tavola e prima di andare a cambiare zucchero si dirige verso l’armadio, lo apre e va ad ammirare la divisa. Mamma mi riprende di mira e senza cambiare tono mi minaccia
– Vuoi rimanere solo?
– Esagerata!
Cerco di ridimensionare la questione. Papà intanto accarezza la giacca. Si avvicina la manica al naso per sentirne l’odore.
– Teo che fai?
Si riprende e a sguardo basso va in cucina, una volta tornato sbatte deciso il barattolo sul tavolo.
– Ecco lo zucchero giusto!
Mamma nemmeno gli risponde impegnata com’è a convincermi, mentre papà tenta ancora una volta di sedersi.
– Esagerata io? Lo dice Carlo Conti. Vuoi leggere?
– Carlo Conti dice che rimarrò solo?
– Ma no, dice che la famiglia dà equilibrio e stabilità
Si blocca un istante.
– Aspetta ti faccio leggere.
Papà è appena riuscito a sedersi e a portare la tazzina alla bocca, ma mamma indica la rivista aperta sul divano. Riesco a vedere anche a distanza il faccione sorridente di Carlo Conti.
– Teo la prendi?
Papà si alza ma invece di andare verso il divano si reca verso l’armadio
– Teo dove vai? Teo dove vai?
Papà non risponde, non sembra nemmeno sentirla.
– Teo la rivista e lì.
Ma niente papà accarezza la sua divisa, poi si leva la maglietta e comincia a indossare la camicia. Infila uno a uno i bottoni nelle asole. È attentissimo a non produrre la minima piega. Allaccia i polsini.
– Teo la rivista ti ho detto.
Papà sembra diventato sordo. Sembra non sentire più nulla esiste solo lui e la sua divisa.
Infila la giacca. Poi infila il basco a tre quarti. Si leva i pantaloncini e resta qualche secondo in mutande. Si ferma e osserva i pantaloni verde militare.
– Teo la rivista ti ho detto!
Papà prende i pantaloni e rivolgendosi a mamma
– Li vuoi tu? Credo ti possano andare.
Mamma si avvicina prende i pantaloni. Li distende davanti agli occhi. Li apre. Sembra anche lei affascinata da quella divisa.
Li abbassa e alza la gamba come per infilarli. Ha lo sguardo fisso. Non sta ragionando. Tenta di infilarli senza nemmeno levarsi la gonna.
Poi se ne accorge. Si sfila la gonna la poggia sul divano, vicino alla rivista. Si infila i pantaloni. Dopo averli infilati si osserva.
– Hai ragione mi stanno e anche bene.
Poi guarda la divisa che papà indossa e gli intima:
– Toglitela
E no non sembra un impeto di desiderio piuttosto la minaccia di un tossico in overdose.
– No!
– Ho detto dammela!
Alza il tono della voce e avanza minacciosa verso papà che è costretto a indietreggiare.
Forse perché quei pantaloni le stanno veramente bene ma adesso sembra anche più alta di papà.
Anche la foto di Carlo Conti ha smesso di sorridere, anzi mi sembra abbia lo sguardo terrorizzato.
Papà indietreggia sempre di più e piano piano si sfila la divisa passandola a mia madre. Mamma pezzo dopo pezzo abbottona la camicia, indossa la giacca e il basco a tre quarti.
Vestita da colonnello ordina a mio padre in mutande di prendere la rivista sul divano. E gli è andata anche bene pensa se gli avesse ordinato di mettersi la gonna.