Youth Poet Laureate Amanda Gorman, April 2020
– on Pandemic and Hope (su Pandemia e Speranza)*
I thought I’d awaken to a world in mourning.
Heavy clouds crowding, a society storming.
But there’s something different on this golden morning.
Something magical in the sunlight, wide and warming.
I see a dad with a stroller taking a jog.
Across the street, a bright-eyed girl chases her dog.
A grandma on a porch fingers her rosaries.
She grins as her young neighbor brings her groceries.
While we might feel small, separate, and all alone,
Our people have never been more closely tethered.
The question isn’t if we will weather this unknown,
But how we will weather this unknown together.
So on this meaningful morn, we mourn and we mend.
Like light, we can’t be broken, even when we bend.
As one, we will defeat both despair and disease.
We stand with healthcare heroes and all employees;
With families, libraries, schools, waiters, artists;
Businesses, restaurants, and hospitals hit hardest.
We ignite not in the light, but in lack thereof,
For it is in loss that we truly learn to love.
In this chaos, we will discover clarity.
In suffering, we must find solidarity.
For it’s our grief that gives us our gratitude,
Shows us how to find hope, if we ever lose it.
So ensure that this ache wasn’t endured in vain:
Do not ignore the pain. Give it purpose. Use it.
Read children’s books, dance alone to DJ music.
Know that this distance will make our hearts grow fonder.
From a wave of woes our world will emerge stronger.
We’ll observe how the burdens braved by humankind
Are also the moments that make us humans kind;
Let every dawn find us courageous, brought closer;
Heeding the light before the fight is over.
When this ends, we’ll smile sweetly, finally seeing
In testing times, we became the best of beings.
Ho cominciato da questa poesia* di Amanda Gorman proprio per mostrare agli scettici quanto è vero ciò che la stessa Amanda, impertinente e vivace, dice di sé quando si definisce geeky (una cervellona) – basta osservare anche solo lo schema metrico di questo enunciato in versi, che è vera poesia, anche se strizza l’occhio al rap: nella quartina #1, le rime sono a/a/a/a, tutte in “-ing”, dettaglio che indica un pervasivo andamento transitorio; quartina #2: b/b-c/c, cioè due distici; quartina #3: d/e/d/e, rime alternate; #4: f/f – è un distico, come fosse una vita stretta, un vitino di vespa in uno di quei vestitini che Amanda Gorman spesso indossa, e del quale finora abbiamo osservato il busto mentre sta per formarsi la gonna a palloncino (forse un apprezzamento troppo femminile); quartina #5: g/g-j/j – due distici; quartina #6: i/i-j/j – due distici; quartina #7 – rimano solo i versi 2 e 4 (lose it / use it) [k/k] perché i versi sono dei cosiddetti run-ons o enjambements, cioè due versi lunghi dimezzati in due emistichi, come amava fare William Butler Yeats; terzina #8: 1 run-on line, cioè una frase lunga dimezzata su due versi, e la parola finale, FONDER, del verso 2 rima con STRONGER (m-n/n), parola finale del terzo verso: qui cosa ha fatto la nostra sagace Gorman?, ha riunito (o campionato) nella chiusa gli elementi fondativi dell’andamento metrico riassumendo costanti e variazioni apprezzabili in tutto il dettato, dominato da pentametri, tipici della poesia in lingua inglese, plasmati (o documentati) per la prima volta da Sir Geoffrey Chaucer nei Canterbury Tales, tutti ruzzolanti su una allegra successione di distici (o couplets); come accade qui nella strofa #9: sestina composta da una somma di tre distici (n/n – p/p – a/a) e rimbalziamo pure indietro all’inizio…
*[Traduzione provvisoria mia: Credevo d’essermi svegliata in un mondo in lutto¸/ nuvole pesanti che si accalcavano, una società nella bufera / ma c’è qualcosa di diverso nell’oro di questo mattino / qualcosa di magico, e ampio e tiepido, nella luce del sole // Vedo un papà con la carrozzina che si fa una corsa / in strada, una ragazza dagli occhi vivi che corre dietro al suo cane, / una nonna sotto un portico, le dita sul rosario, / che rivolge un sorriso al vicino che le porta la spesa. // Mentre potremmo sentirci piccoli, separati, tutti soli, / la gente non è mai stata più vicina e unita. / La questione non è se riusciremo a sopportare questo ignoto / ma come fronteggeremo questo ignoto tutti insieme. // Così in questo mattino pieno di significato, ci addoloriamo e medichiamo. / Come luce, non possiamo spezzarci, nemmeno se ci pieghiamo. // Come una persona sola, sconfiggeremo la disperazione e la malattia. / Siamo al fianco degli eroi della sanità e di tutti coloro che si adoperano, / con le biblioteche, le scuole, e i camerieri e gli artisti, / imprese, ristoranti, ospedali, tutti coloro che sono i più tartassati. // Noi ci accendiamo non nella luce ma nella sua assenza / poiché è nella perdita che impariamo autenticamente ad amare, / e in questo caos troveremo la chiarità, / nella sofferenza dobbiamo trovare la solidarietà. // Poiché è il dolore che ci dà la gratitudine, / e ci mostra come trovare la speranza, se mai la perderemo. / Facciamo in modo dunque che questo dolore non sia stato sopportato invano. / Non ignoriamolo, il dolore. Diamogli uno scopo. Usiamolo. // Leggiamo libri per l’infanzia, danziamo soli sulla musica dei DJ, / impariamo che questa distanza renderà i nostri cuori sempre più “di cuore” / e da una marea di guai i nostri cuori emergeranno più forti. // Ci accorgeremo che i carichi affrontati dal genere umano / sono anche momenti capaci di rendere noi umani generosi (ho cercato di mantenere il gioco di suoni e parole, ndt). / Facciamo in modo che ogni nuovo giorno ci trovi coraggiosi, sempre più uniti e stretti / assecondando la luce prima che la lotta passata. / E quando tutto sarà finito, sorrideremo con dolcezza, per vedere alla fine / che nelle grandi prove siamo diventati i migliori tra gli esseri.
Come sentivo dire da Damiano Abeni (conoscitore e traduttore di poesia americana, soprattutto) in radio giorni fa, molto altro si può rilevare nel tessuto della poesia di Amanda Gorman, di qualunque sua poesia, persino in certe sue conferenze, seppure inquadrate sempre nella cornice di interventi poetici – perché è vero che la poesia di Amanda Gorman, per tono struttura e andamento, lambisce la prosa enunciativa, il discorso appassionato, la perorazione, ma si radica in un “trattamento” di natura versificatoria, e retorica, che include: l’endiadi; quelle che Abeni definisce “transizioni” di suono che moltiplicano il significato; e anafore e rime interne; e pervasivo impianto logico-discorsivo e poi ritmi e cadenze che sono del rap ma senza rinunciare a una lingua pulita cesellata evocativa.
La nostra Amanda Gorman, poeta “di turno” questo mercoledì nella nostra amabile rubrica, in realtà è attiva già da qualche anno: è esplosa come caso letterario e campionessa di performance poetiche nel 2015 con la prima raccolta, The One for Whom Food Is Not Enough. Aveva 17 anni (classe 1998) e, a dispetto di una sindrome precoce che ad esempio la fa balbettare e le pronunciare male la ‘R’, forse per reazione ha cominciato viceversa a esporsi molto in letture pubbliche per tutti o quasi gli Stati Uniti, dimostrando una grande capacità “oratoria”, una esemplare persuasività in versi plasmati in forma di perorazioni civili.
Tyrants fear the poets! [I tiranni temono i poeti!]
– lo ha enunciato enfatica e trionfante, Amanda Gorman, in questi giorni al centro dell’attenzione nel mondo occidentale per aver omaggiato il 46° Presidente degli Stati Uniti, Joe R. Biden, di un suo canto d’occasione nel giorno dell’insediamento, lo scorso mercoledì, 20 gennaio. Chi poteva resistere a questa figuretta tonante che, nella sua poesia inaugurale, si riferisce a se stessa così:
…a skinny Black girl
(…un’esile ragazzina nera)
descended from slaves and raised by a single mother
(che discende dagli schiavi ed è stata cresciuta da una madre sola)
can dream of becoming president
(può sognare di diventare presidente)
only to find herself reciting for one
(solo per ritrovarsi a recitare per un Presidente)…
Perché questa è la verità: Amanda Gorman è irresistibile. Basta vederla per esempio (e vi consiglio di farlo) nel mirabolante racconto di una sua audizione per poter essere ingaggiata nel ruolo di Nala in una produzione del RE LEONE a Broadway. L’occasione, di nuovo, era un GrandSlam il cui tema era BIG BREAKS (Grandi Occasioni, oh guarda!) a Boston (28 settembre 2017), e il titolo dell’orazione, diciamo così, di Amanda Gorman era ROAR (Il ruggito). Non a caso il refrain, diciamo così, rimbalza tra “working on my roar” e “loud and proud in front of a crowd”, in cui ricorre una specie di ruggito prodotto dal suono delle parole. Ma è un ruggito civile, il ruggito gentile e fermo di un poeta, che ha come punto di forza la persuasività del discorso, la passione nell’enunciazione, sentimenti che fanno coincidere il tu nel noi e fanno sì che il “voi”, rivolgendosi ai propri concittadini, includa la voce del poeta, quindi quel voi di fatto è un NOI.
Amanda Gorman è evidentemente in una tradizione che peraltro le è nota, perché lei è geeky, e come studente di Harvard è anche connessa alla cultura classica, che in alcune università degli Stati Uniti è studiata con passione, e non minimizzata come facciamo noi che ne saremmo i legittimi o naturali o storici eredi. Lo dimostra, per esempio, nel testo The Hill We Climb (che segue, ed è il discorso in versi pronunciato a Capitol Hill il 20 scorso), l’uso dell’aggettivo pristine, che sta per primigenio, originario, e qui è usato per evocare un’idea, impossibile, di purezza.
THE HILL WE CLIMB
When day comes we ask ourselves,
(Quando viene giorno, ci chiediamo:
where can we find light in this never-ending shade?
(dove possiamo trovare la luce in quest’ombra infinita?)
The loss we carry,
(La perdita che portiamo con noi)
a sea we must wade
(un mare che dobbiamo attraversare con cautela)
We’ve braved the belly of the beast
(Abbiamo stuzzicato la pancia della bestia)
We’ve learned that quiet isn’t always peace
(Abbiamo imparato che quiete non sempre vuol dire pace)
And the norms and notions
(e che le norme e le nozioni)
of what just is
(di quanto “giusto sia”)
Isn’t always just-ice
(non sempre significano giustizia.)
And yet the dawn is ours
(Eppure è nostra l’alba – del nuovo giorno, ndt)
before we knew it
(prima d’esserne stati consapevoli)
Somehow we do it
(Ce la faremo in qualche modo)
Somehow we’ve weathered and witnessed
(In qualche modo abbiamo retto e siamo stati i testimoni)
a nation that isn’t broken
(di una nazione che non è spezzata)
but simply unfinished
(ma solo incompiuta)
We the successors of a country and a time
(Siamo gli eredi di un Paese e di un’epoca)
where a skinny Black girl
(in cui un’esile ragazzina near)
descended from slaves and raised by a single mother
(che discende dagli schiavi ed è stata cresciuta da una madre sola)
can dream of becoming president
(può sognare di diventare presidente)
only to find herself reciting for one
(solo per ritrovarsi a recitare per un Presidente)
And yes we are far from polished
(E – sì, siamo lontani dall’essere raffinati,)
far from pristine
(lontani dall’essere puri,)
but that doesn’t mean we are
(ma questo non vuol dire che stiamo)
striving to form a union that is perfect
(lottando per formare un’unione che sia perfetta)
We are striving to forge a union with purpose
(Noi stiamo forgiando un’unione con uno scopo:)
to compose a country committed to all cultures, colors, characters and
(comporre un Paese che dia conto di tutte le culture i colori i caratteri)
conditions of man
(e le condizioni dell’uomo)
And so we lift our gazes not to what stands between us
(Così solleviamo lo sguardo non su ciò che si frappone tra noi)
but what stands before us
(ma su ciò che ci sta davanti)
We close the divide because we know, to put our future first,
(Annulliamo il divario perché lo sappiamo, per mettere il nostro futuro al primo posto)
we must first put our differences aside
(dobbiamo per prima cosa mettere le nostre differenze da parte)
We lay down our arms
(Tendiamo le braccia)
so we can reach out our arms
(così da poter stringerci le braccia)
to one another
(l’un l’altro.)
We seek harm to none and harmony for all
(Cerchiamo di non creare danno a nessuno e armonia per tutti)
Let the globe, if nothing else, say this is true:
(Facciamo in modo che il globo, se non altro, dica che questo è vero)
That even as we grieved, we grew
(che anche soffrendo siamo cresciuti)
That even as we hurt, we hoped
(che anche mentre pativamo abbiamo sperato)
That even as we tired, we tried
(che anche nella stanchezza ci abbiamo provato)
That we’ll forever be tied together, victorious
(che saremo per sempre tutti uniti, vittoriosi)
Not because we will never again know defeat
(non perché non conosceremo più la sconfitta)
but because we will never again sow division
(ma perché non vedremo più la divisione.)
Scripture tells us to envision
(Le scritture ci dicono di prefigurarci)
that everyone shall sit under their own vine and fig tree
(ognuno seduto sotto la propria vigna e il propria albero di fico)
And no one shall make them afraid
(E nessuno ci incuterà spavento)
If we’re to live up to our own time
(se a noi tutti sarà concesso di vivere tutto il proprio tempo)
Then victory won’t lie in the blade
(Allora la vittoria non starà nel filo di lama)
But in all the bridges we’ve made
(ma su tutti i ponti che avremo creato)
That is the promise to glade
(che è la promessa di un luogo aperto)
The hill we climb
(La collina che scaliamo)
If only we dare
(se solo osiamo farlo)
It’s because being American is more than a pride we inherit,
(E ciò perché essere Americani è più di un orgoglio di cui siamo eredi)
it’s the past we step into
(È il passato in cui camminiamo)
and how we repair it
(è il modo in cui lo emendiamo)
We’ve seen a force that would shatter our nation
(Abbiamo visto che una forza a rischio di distruggere la nostra nazione)
rather than share it
(invece di tenerla unita)
Would destroy our country if it meant delaying democracy
(avrebbe potuto distruggere il nostro Paese se avesse voluto differire la democrazia)
And this effort very nearly succeeded
(E questo sforzo quasi era riuscito a prevalere)
But while democracy can be periodically delayed
(ma mentre la democrazia si può ciclicamente differire)
it can never be permanently defeated
(essa non può essere permanentemente sconfitta)
In this truth
(E in questa verità)
in this faith we trust
(in questa fede confidiamo)
For while we have our eyes on the future
(Poiché mentre puntiamo gli occhi sul futuro)
history has its eyes on us
(la Storia posa i suoi occhi su di noi)
This is the era of just redemption
(Questa è l’era della redenzione)
We feared at its inception
(Abbiamo temuto la sua irruzione)
We did not feel prepared to be the heirs
(Non ci siamo sentiti pronti ad essere gli eredi)
of such a terrifying hour
(di un’ora così terrificante)
but within it we found the power
(ma in quest’ora abbiamo trovato la forza)
to author a new chapter
(di scrivere un nuovo capitolo)
To offer hope and laughter to ourselves
(di offrire a noi stessi speranza e lietezza)
So while we once we asked,
(Dunque mentre un tempo ci chiedevamo,)
how could we possibly prevail over catastrophe?
(Come possiamo riuscire a prevalere sulla catastrofe?)
Now we assert
(ora insistiamo,)
How could catastrophe possibly prevail over us?
(Com’è possible che la catastrofe riesca a prevalere su di noi?)
We will not march back to what was
(Noi non faremo marcia indietro verso ciò che è stato)
but move to what shall be
(ma ci muoviamo verso ciò che verrà)
A country that is bruised but whole,
(un Paese ferito ma integro)
benevolent but bold,
(benevolo ma audace,)
fierce and free
(feroce e libero)
We will not be turned around
(Noi non ci lasceremo portare in giro)
or interrupted by intimidation
(o distogliere dall’intimidazione)
because we know our inaction and inertia
(perché sappiamo che la nostra indolenza e la nostra inerzia)
will be the inheritance of the next generation
(saranno l’eredità delle future generazioni)
Our blunders become their burdens
(I nostri abbagli saranno il loro fardello)
But one thing is certain:
(Però una cosa è certa)
If we merge mercy with might,
(se noi mettiamo insieme la pietà con la potenza)
and might with right,
(e la potenza con la giustizia)
then love becomes our legacy
(allora sarà l’amore a diventare il nostro lascito)
and change our children’s birthright
(e il cambiamento sarà dei nostri figli per diritto di nascita.)
So let us leave behind a country
(Lasciamoci dunque alle spalle un Paese)
better than the one we were left with
(migliore di quello che ci era stato lasciato)
Every breath from my bronze-pounded chest,
(Per ogni respiro del mio petto, corazza di bronzo,)
we will raise this wounded world into a wondrous one
(trasformeremo questo mondo ferito in un mondo stupefacente)
We will rise from the gold-limbed hills of the west,
(Sorgeremo dalle colline dorate dell’Ovest)
we will rise from the windswept northeast
(Sorgeremo dal Nord Est battuto dai venti)
where our forefathers first realized revolution
(dove i nostri progenitori per primi realizzarono la Rivoluzione)
We will rise from the lake-rimmed cities of the midwestern states,
(Sorgeremo dalle città orlate dai laghi negli stati del MidWest,)
we will rise from the sunbaked south
(sorgeremo dal Sud cotto dal sole)
We will rebuild, reconcile and recover
(Noi ricostruiremo, pacificheremo e risaneremo)
and every known nook of our nation and
(e da ogni anfratto della nostra nazione e )
every corner called our country,
(da ogni angolo che chiamiamo il nostro Paese)
our people diverse and beautiful will emerge,
(il nostro popolo diverso e bellissimo emergerà)
battered and beautiful
(malconcio e splendido)
When day comes we step out of the shade,
(Quando verrà il giorno, usciremo dall’ombra)
aflame and unafraid
(infiammati e impavidi)
The new dawn blooms as we free it
(L’alba –del nuovo giorno, ndt– fiorirà quando noi la libereremo)
For there is always light,
(Perché c’è sempre luce)
if only we’re brave enough to see it
(se solo abbiamo abbastanza coraggio per scorgerla)
If only we’re brave enough to be it
(se solo abbiamo abbastanza coraggio per essere, noi, luce.)
Qui annotiamo la sua predilezione per parole e concetti come l’alba, la luce, la gente, il Paese.
La tradizione a cui mi riferisco è costituita da uno spirito di riconoscimento reciproco e fraternità, in cui troviamo anche Walt Whitman, e Henry David Thoreau, e Louise May Alcott, e Emily Dickinson. Molti rimproverano a Amanda Gorman d’essere così appassionata da essere retorica e enfatica. Però c’è il dettaglio della giovane età e ancor più l’impegno da attivista a cui si deve anche la sua scelta di studiare Sociologia a Harvard. La sorella gemella è attivista anche lei: sono ragazze impegnate in politica. E poi vorrei rassicurare tutti che anche Emily Dickinson era enfatica: lo testimonia il suo uso dei trattini (hyphens), cioè lo scandire ed enucleare le parole con la pratica dell’hyphenation, appresa nell’educazione puritana e dall’innologia e dalla composizione dei sermoni che lei poté osservare nei prelati di cui si innamorò (e con cui li sostituì – ogni volta che usava la hyphenation, quindi sempre, era come se tributasse loro il proprio omaggio, e li evocasse nel proprio cuore).
Ciò che in realtà colpisce è il grande spazio che gli Stati Uniti riconoscono alla poesia, il grande posto che essa occupa nell’insegnamento universitario che, come ricordava Damiano Abeni, abbonda di ottime scuole di scrittura: la poesia e la narrativa non sono solo monumenti da analizzare, le opere non sono solo gioielli museali, ma esistono i corsi di scrittura che sono palestre di pratica costante.
Vi suggerisco di guardare questo racconto recitato nell’ambito di The Climate Reality Project:
EARTHRISE !
E qui vi lascio riportando questo testo declamato da Amanda Gorman alla Library of Congress (la Biblioteca del Congresso) davanti a un pubblico all’inizio sulle sue, poi sempre più conquistato, e infine plaudente ed entusiasta:
AN AMERICAN LYRIC
There’s a poem in this place
in the footfalls in the halls
in the quiet beat of the seats –
it is here at the curtain of the day
where America writes a lyric
you must whisper to say.
There’s a poem in this place
in the heavy grace
the lined face of this noble building
collections burned and be born twice.
There’s a poem in Boston’s Copley Square
where protests chants tear through the air
like streets of rain
we’ll love of the many swallowed hatred
of the few.
There’s a poem in Charlottsville
we’ll tiki torch – a string a ring of flame
tight around the wrists of nights will mend
so whites gleam blue
seem like statues
will men heap that long wax burning
ever higher will have a higher
blooms forever and a meadow of resistance.
There’s a poem and the great sleeping giants
of lake Michigan
defiantly raising its big blue head to
Milwaukee and Chicago
a poem begun long ago blazed into
frozen soil shredding upward and aglow.
There’s a poem in Florida and East Texas
where streets swell into a nexus of livers
cows of float like modelled boys in the brown
where courage is now so common
that 23 year old hysoos Contreras rescues people
from flood waters.
There’s a poem in Los Angeles
yawning wide as the Pacific tide
whose single-mother swelters
in a windowless classroom
teaching black and brown students in watts
to spell out thoughts
so her daughter might write this poem for you.
There’s a lyric in California
where thousands of students
march for blocks
undocumented and unafraid
where my friend Rosa finds the power
to bloom in deadlock her spirits
the bedrock of her community.
She knows hope is like a stubborn ship
gripping a dock a truth
that you can’t stop a dreamer
or knock down a dream.
How could this not be her Nation
Sioux Nation – our country
our America
our American look
to write to a poem by the people
the poor the Protestants the Muslim
the Jew the Natives the immigrants
the black the brown the blind
the brave the undocumented and undeterred
the women the men the non-binary
the whites the trans
the ally to all the above and more.
TYRANTS FEAR THE POETS!
Now that we know it
we can’t blow it we owe it to show it
not slow it although it’s Hut’s to sow it
it’s when the world Scouts below it
hope we must bestow it’s like a wick
in the poets so it can grow lit
bringing with its stories to rewrite
the story of a Texas city depleted but
not to defeat it
a history written that need to be repeated
a nation composed but not completed
There’s a poem in this place
a poem in America of poets
and every American who rewrites this nation
who tells a story worthy of being told
on the minnow of an earth too blue
the hope into the palimpsest of time
a poet and every American who sees
that a poem penned doesn’t mean our poems
and there’s a poem –oh- this poem dwells
it is here
it is now
in the yellow song of dawn’s bell
will be right an American lyric
we are just beginning to tell.
Se la cercate in rete, ascoltate Amanda Gorman declamarla e sentirete come i suoni si rincorrono in modo giocoso e spericolato – ma il messaggio è tremendamente incalzante e profondo, e riguarda un Paese che cerca di ricomporre la propria convivenza civile cercando di cogliere questa occasione per sanare anche le imperfezioni e gli errori del passato. Pensare che un discorso del genere richieda solo un adattamento formale a regole esterne, non capire che questa foga è l’estetica naturale per questo genere di discorso in versi, vuol dire scambiare per stucchevole ciò che è giustamente appassionato.
Photograph by Chris Kleponis / CNP / ABACA / Reuters