I denti sul cucchiaio

Ho aperto la porta di casa e l’ho trovata lì, buttata sul divano come ogni sera.

“Stavolta la lascio” ho pensato salendo in ascensore.

“Deve essere stasera per forza, la devo lasciare, questa storia finisce qui”.

Mi sono aggiustato i pantaloni e ho annusato la camicia per cercare tracce di un altro profumo.

Ho aperto la porta di casa e l’ho trovata lì, buttata sul divano come ogni sera. I piedi poggiati sul bracciolo, voltata verso la televisione con il telecomando puntato come un arma verso il video.

“Ciao”

“Ciao”

“Che guardi?”

“Un film”

“Eh, grazie al cazzo” mormoro a mezza bocca. Mi giro e vado in cucina.

Odio quando mi risponde in questo modo cretino e sbrigativo: che guardi, un film, che leggi, un libro, che ascolti, della musica, se sapesse quanto mi irrita.

Metto su l’acqua, lei non si degna ovviamente di venire in cucina, e mentre aspetto che bolla mi libero di giacca e cravatta e mi infilo in una tuta comoda.

Preparo la pasta e porto in tavola, la chiamo. Lei si alza e mi raggiunge camminando svogliata.

Come ci siamo ridotti così? Come cavolo abbiamo fatto a ridurci così?

Prende una forchettata di spaghetti. Sono troppi. Li taglia con i denti e i resti cadono nel piatto.

“Potresti evitare?” le faccio

“Cosa” fa lei

“Non sopporto di vederti mangiare in quel modo”

“In quel modo come?”

Si infila un’altra forchettata in bocca, tagliando il sovrappiù con gli incisivi

“Ecco, l’hai rifatto”

“Scusa ma come devo fare?” piagnucola

“Che cazzo ne so, ma così fai schifo!”

Piombiamo in un silenzio pesante. Io guardo per terra, lei tira su con il naso. La odio.

Prendo le pesche al vino fatte la sera prima, le distribuisco in due scodelle. Lei porta il cucchiaio alla bocca e prende il pezzo di pesca, strusciando i denti sul bordo del cucchiaio.

Il rumore dei denti sul metallo mi raschia nella testa come farebbe lo stridio di un unghia sulla lavagna.

Socchiudo gli occhi. Lo rifà.

“Devi proprio?”

“Cosa?”

“I denti, i denti sul cucchiaio”

“Cazzo ma che hai stasera? Non ti va bene niente”

“Niente. Solo che tu”

“Se non ti sta bene, lasciami” ricomincia a piagnucolare

“Ma che c’entra, io…”

“Tu vuoi lasciarmi!”

“Ma no, ma no, solo che…”

“Tu vuoi lasciarmi”, ripete e si avvicina a me come fa sempre per concludere queste discussioni. Mi prende una mano e se la poggia su un seno.

“Allora? Non rispondi?” dice.

Rimango con la mano appesa alla sua tetta. Me la guardo negli occhi e la odio con tutto me stesso, ma lei non sembra capire. Ora sorride e mi prende in mano il bozzo che sporge dalla tuta all’altezza dell’inguine.

Tanto lo so come farti passare tutto, mi sussurra, avvicinandosi sempre di più, poi si inginocchia davanti a me, e io sento che la mia erezione sta risucchiando tutto il sangue dal mio cervello, mentre penso “domani, la lascio domani”.

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