TANDEM – Il colloquio in una stanza
Con Benedetta Centovalli Nella stanza di Emily (Mattioli 1885 – centotrentacinque)
Poi ci sono i poeti eterni –
i poeti – nostri simili –e
nostri sembianti – sempre
viventi – nostri contemporanei
Emily Dickinson è poeta – nostra
sorella eterna – per sempre
nostra contemporanea – DM
Experiment to Me
Is every One I meet
If It contain a Kernel?
The figure of a Nut
Presents upon a Tree
Equally plausibly –
But Meat within is requisite
To Squirrels, and to Me –(J1073 / F1081)
Per Me è un Esperimento
È Ogni essere che incontro
Che nasconda un Gheriglio?
Il volto di una Noce
Si mostra sopra un Albero
Egualmente plausibile –
Ma che all’interno vi sia Polpa
Allo Scoiattolo, e a Me –(Traduzione di Silvio Raffo)
È uscito da poco un piccolo libro rosso, Nella stanza di Emily, quinto fascicolo di una collana, centotrentacinque, che celebra i 135 anni della casa editrice Mattioli 1885: piccoli libri ideati da Filippo Tuena, scrittore romano di stanza a Milano, direttore di collana, tirati tutti in sole 135 copie.
Nel libriccino rosso in questione, firmato da Benedetta Centovalli, editor gloriosa e docente di sapienza editoriale, tutto comincia da una noce. E, mi scuso per la facilità, con la caccia ad una voce. In una serie di corse e rincorse parallele e tangenziali, l’autrice ha l’occasione di poter depositare tutto dentro questa specie di quaderno à la manière de Emily Dickinson: così Benedetta Centovalli può riallacciare, finalmente anni dopo – quasi dieci, l’esplorazione del mondo di Emily Dickinson – quella cittadina di provincia, Amherst, nel Massachusetts, nel cuore del New England, in cui la Dickinson ha risieduto ostinatamente all’interno del perimetro dell’Homestead, cioè del palazzetto di famiglia, e soprattutto da un certo momento in poi esclusivamente nella propria stanza.
I dwell in Possibility –
A fairer House than Prose –
More numerous of Windows –
Superior – for Doors –
Of Chambers as the Cedars –
Impregnable of Eye –
And for an Everlasting Roof
The Gambrels of the Sky –
Of Visitors – the fairest –
For Occupation – This –
The spreading wide my narrow Hands
To gather Paradise –(J657 / F466)
Io abito nella Possibilità –
Una Casa più bella della Prosa –
Di Finestre più adorna –
E più superba – nelle sue Porte –
Ha Stanze simili a Cedri –
Impenetrabili allo Sguardo –
E per Tetto la Volta
Perenne del Cielo –
L’allietano Visite dolcissime –
E la mia Vita – è Questa –
Allargare le mie piccole Mani
Per accogliervi il Paradiso –(Traduzione di Margherita Guidacci)
Io per la verità, seguendo Benedetta Centovalli, prima nel tentativo di convincere l’amica–ospite Alane a non mandarla ad Amherst da sola, poi mentre prende i vari pullman uscendo di casa molto presto, per approdare ad Amherst e prendere una stanza in una casa di fantasmi davanti al palazzo dei Dickinson, sono stata colpita di più dal sentiero che collega l’Homestead alla seconda casa distante pochi metri, Evergreens, dove Austin, fratello di Emily, alloggiava con Sue, la cognata-sorella-migliore amica di Emily. Un sentiero collega i due blocchi abitativi, tipici edifici-mansions, tutti facciate in legno colorato e tetti spioventi, torrette e colonnine, porticati e giardini in ogni direzione – il sentiero, su tutto, si è impresso nella mia immaginazione, e si chiama PONY EXPRESS!
E subito ho pensato alle case di campagna, MAGIONI!, di mia zia Elena, che non è una poetessa, ha avuto tanti figli con un marito (a differenza di Emily) che è stato un folle amore difeso contro tutto e tutti (un po’ come gli innamoramenti di Emily), ma che come Emily ha fatto una intensa poesia della sua propria vita. Anche le sue due Magioni sono unite da un sentiero nel verde e tutti loro, e noi con loro quando anche noi ci siamo – raramente purtroppo, non facciamo che transitare lungo il nostro domestico Pony Express, intessendo una trama inestricabile di collegamenti che sono soprattutto fili di amorosa parentela, di conversazione vivace e intimo colloquio
Il pellegrinaggio nei luoghi di Emily Dickinson si rivela tutto meno che una evocazione di fantasmi.
Anche se al fondo della strada principale su cui sorge questo sistema di case funziona da sponda il West Cemetery, e là sorge anche il cippo su cui troviamo tracce del corpo mortale della “nostra”:
Emily Dickinson
Born
Dec. 10, 1830
Called Back
(richiamata!)
May 15, 1886
Because I could not stop for Death –
He kindly stopped for me –
The Carriage held but just Ourselves –
And Immortality.
We slowly drove – He knew no haste
(J712 / F479)
Poiché non potevo fermarmi per la Morte –
Fu Lei gentile a fermarsi per me –
La Carrozza portava Noi soltanto –
E l’Immortalità –
Procedemmo lente – lei non aveva fretta(Traduzione di Giovanni Giudici)
1. Due cose. La prima: la morte (e il suo luogo di riposo) come sponda, o monito. Cioè c’è un margine, e un muro tra la vita di qua e non si sa cosa di là, ed è, ecco la connessione con la nostra virgiliana guida, Benedetta Centovalli, una porta stretta attraverso la quale può avvenire il cruciale passaggio. Nel suo viaggio di ricognizione dei luoghi dickinsoniani, per un’intuizione oscura finché i fatti e gli oggetti non l’hanno confermata, la Centovalli al volo aveva messo nello zaino La porta Stretta di André Gide, libro oltremodo rivelatorio della più profonda intimità dell’autore – …strette sono la porta e la via che conducono alla Vita e pochi sono coloro che le trovano, predica il pastore Vautier: bene la Centovalli si dice che forse imparerà (con la Dickinson, chissà) che «una porta stretta è una porta spalancata sul mondo» (pag. 29). E tale era per Emily Dickinson, evidentemente, la sua prescelta reclusione, visto che la nostra Imperatrice del Calvario [Title divine — is mine!/ The Wife — without the Sign!/ Acute Degree — conferred on me / — Empress of Calvary! (J1072)], dalla finestra del suo fortino, la sua torretta d’osservazione, era affacciata sul mondo e solo da lì, dalla morte del nipote Gib in poi, avrebbe spiato la vita e riempito le sue pagine: non sempre quaderni ordinati, spesso foglietti volanti (loose sheets), che oggi forse sarebbero dei post-it, o versioni di versi sparse nelle lettere agli amici.
They called me to the Window, for
” ‘Twas Sunset”
[…] – a Sea – displayed –
And Ships – of such a size
As Crew of Mountains – could afford –
And Decks – to seat the Skies –
This – too – the Showman rubbed away –(J628 / F589)
Mi chiamarono alla Finestra, perché
“È il Tramonto”
[…]- un Mare – si dispiegò –
Con Navi – così enormi
Che potevano avere una Ciurma di Montagne –
E Ponti – alti più del Cielo –
[Questo – pure – Il Capocomico spazzò via -](Traduzione di Margherita Guidacci)
La sponda è un limite, e come ogni limite è frontiera o bordo ma anche soglia. E tale era per ED.
2. Appare evidente che la Morte/Death è declinata al maschile da Emily Dickinson, HE e non SHE. Chi è COSTUI? Qui è lo Showman, il Capocomico, Più sopra è un cavaliere gentile, forse galante, in realtà è direttamente “il re / (che) si manifesta in tutta la sua potenza” [J465 – Trad. MGuidacci].
La natura -le/gli- si oppone tenace (col ronzio d’un moscone col soprassalto del respiro col tremolare di un battito d’ali azzurrine di carta), ciò che conta è tutto ciò che sta TRA, nell’interstizio, in mezzo, tra vita e non-vita, là obliquamente si colloca la poesia, cioè la ri-creazione del mondo, e là risuona la vocina del poeta. Quando Higginson, il temibile critico che nulla comprese di LEI, la incontrò la prima volta, chi vide? Uno scricciolo di ragazza dalla voce stridula che si nasconde dietro un gesto di benvenuto, interpone tra sé e l’uomo severo e soprattutto estraneo un paio di gigli: un dono e un diaframma. Una distanza. Un distanziamento. Un riparo dall’assalto del mondo. Per esempio, dal cattivo consiglio di un critico miope (che pure comprese la grandezza di Louise May Alcott) che restò corrispondente della Dickinson (come se lei volesse in cuor suo convincerlo, piegarlo) in una serie di lettere. Le lettere e l’erbario (Benedetta Centovalli li cita ampiamente in questo suo librino che è anche una guida di viaggio, dopotutto) completano la produzione di ED che conta quasi 1800 poesie. Come nelle poesie (in cui è frequente una sorta di uso germanico dell’iniziale maiuscola) ancor più nelle lettere vediamo un fenomeno tipicamente dickinsoniano di punteggiatura, l’uso dei trattini (hyphens ) cioè la hyphenation: un distanziamento di blocchi sintattici che enfatizzano la significanza degli enunciati, uso mutuato dall’innologia puritana, importante nella sua formazione – ma (come ci ricorda Benedetta Centovalli) Emily, iconoclasta, chiama ECLISSE il Padre cui i suoi rivolgono cieche preghiere. La hyphenation è anche un tacito omaggio all’amore impossibile per il reverendo Charles Wadsworth, nato in un raro viaggio a Washington e Filadelfia col padre.
Benedetta Centovalli è solo l’ultima per ora di una serie di autori, in genere poeti, soprattutto poete, che hanno voluto specchiarsi nella Dama Vestita di Bianco scomparsa con piglio dal mondo fino a nascondersi nel coriaceo guscio di noce per preservare il delizioso gheriglio. Come la Dickinson, la Centovalli scopre che per indagare il proprio vero sé basterebbe ripararsi dall’assalto del mondo, invece ognuno di noi a volte impiega l’intera vita fuori di sé per tornare nella stanza del proprio sé.
Io, con la scusa delle traduzioni, in alcune puntate vi parlerò di chi, tra i poeti contemporanei, si è specchiato in EMILY DICKINSON. E giuro che il mio prossimo viaggio sarà a casa sua.