– Benvenuti all’Hostaria Carpe Diem, gradite intanto da bere?
Osservai il cameriere, un ragazzo molto giovane, vestito di tutto punto con camicia inamidata e gilet di raso nero. Ci scortò al nostro tavolo, scostandomi la sedia con fare professionale.
– Prendiamo un Dom Perignon del 2008.
Ordinò subito Marco senza degnarlo di uno sguardo, stava già passando in rassegna il menù. Lo scrutai, quella sera era davvero molto affascinante nel suo completo spezzato grigio. Ci teneva moltissimo ai suoi completi, sempre firmati, ed era molto attento al suo abbigliamento. Io d’altra parte avevo il mio tubino nero da grandi occasioni e tacchi a spillo nuovi. Dentro di me sapevo che l’attesa stava per finire, tanto più che al telefono mi aveva detto che “doveva parlarmi di qualcosa di molto importante” e la mia fantasia era subito esplosa in svariati sogni ad occhi aperti di proposte di matrimonio insolite e stravaganti.
– Cosa festeggiamo? Qualcosa in particolare?
– Ho una sorpresa per te… non ti ho accennato nulla prima, proprio per parlartene di persona.
– Davvero? Ti conosco da cinque anni ed è la prima volta che mi fai una sorpresa!
Sapevo che non era un tipo sdolcinato eppure speravo nel tradizionale inginocchiamento. Oddio e se lo facesse qui davanti a tutti? Non mi dispiacerebbe la classica proposta in cui ‘Lui’ finge di aver perso qualcosa per terra e ‘Lei’ sembra talmente meravigliata al comparire della scatolina preziosa da dimenticarsi perfino di dare una risposta.
– Non essere precipitosa Vanessa… intanto, ti ricordi la fusione con i francesi a cui stavo lavorando?
Anche se non capivo dove volesse andare a parare, risposi subito: – Sì, certo, ci hai lavorato giorno e notte. Com’è andata?
– Beh, abbiamo concluso l’accordo con successo.
Intanto era tornato il cameriere per servirci un antipasto di benvenuto e versarci lo champagne. Ci chiese:
– Siete pronti per ordinare?
– Non ancora, potrebbe darci altri cinque minuti?
Gli chiesi mimando una preghiera con le mani, non stavo più nella pelle. Non appena si fu allontanato, alzai il calice per un brindisi:
– Cin cin, a noi! E a te amore, congratulazioni!
Mentre continuava a parlarmi della trattativa, i miei pensieri già volavano a quello che sarebbe successo dopo questa fantastica serata. Volevo memorizzare ogni particolare per raccontarlo prima di tutto a mia madre, che era sempre stata scettica sulla mia relazione. Poi lo avrei detto a Vale, la mia migliore amica; faceva il tifo per noi da anni. Ed infine alle mie colleghe dell’ospedale a cui raccontavo ogni episodio durante gli estenuanti turni da 12 ore.
– Ecco perché ti volevo parlare proprio di questo.
Disse lui improvvisamente serio, facendomi tornare di colpo al presente.
Ci siamo, pensai. Mentre mi si contorceva lo stomaco per quello che stava per dirmi, tornò il cameriere con un tempismo pessimo.
– Eccomi di ritorno, siete pronti per ordinare?
– Intanto prendiamo un antipasto della casa per due! Il resto lo decidiamo dopo – ordinò Marco con tono perentorio, lasciandolo un tantino interdetto.
Io ero troppo concentrata nell’immaginare qual era il modo migliore di reagire alla proposta di matrimonio. Forse si addiceva più un atteggiamento di finto stupore misto a grande commozione oppure, in modo più sincero, potevo mostrarmi calma e impassibile dato che avevo già intuito tutto fin dalla telefonata. O meglio ancora, sarebbe stato arrossire e fingere imbarazzo per il pubblico che assisteva alla serata più importante della nostra vita. Non essendo un granché come attrice, decisi di adottare la prima opzione. Sorpresa ed emozione. Questo era il piano.
– Dicevo… ci sono degli sviluppi di cui volevo discutere con te.
Riprese lui ignaro delle mie riflessioni parallele, mentre iniziavo a tormentarmi le mani sotto il tavolo.
– Ecco… si tratta di una svolta che aspettavo da tempo.
– Di cosa si tratta amore?
Avvicinai di nuovo il bicchiere alle labbra, fingendo una calma apparente.
– Un nuovo inizio per me…
– Per te?
– Per noi, intendevo…
Di nuovo silenzio. L’attesa mi stava sfinendo.
– Quale inizio? Dammi qualche indizio in più.
Per calmare i nervi, bevvi lo champagne restante in un sorso solo, sperando che l’alcool avesse un effetto immediato.
– Beh…se non sbaglio a te piace Parigi.
– Parigi? Cosa c’entra ora?
– Sì, Parigi. Ti piace o no?
– Certo che mi piace. L’ultima volta che ci sono stata mi hanno rubato il portafoglio, però non capisco che c’entra Parigi con il cambiamento di cui mi parlavi.
Nel frattempo, la mia mente lavorava febbrilmente. Forse voleva propormi un semplice viaggio? Non ricordavo di aver mai menzionato la capitale francese.
– Sono contento che ti piaccia perché, dal prossimo mese, lì avrai una seconda casa.
– A Parigi?
– Sì.
– Perché dovrei?
– Perché mi trasferisco lì.
– Cosa?
– Mi hanno proposto di dirigere la sede di Parigi. Che ne pensi? Verrai a trovarmi?
Mi guardava come un cane che scodinzola aspettando il ritorno del padrone. Da parte mia, silenzio. Forse avevo capito male o forse era uno scherzo.
Vedendo che non aggiungeva altro, dopo un po’ chiesi allibita:
– Stai scherzando, vero? C’è forse altro che vorresti dirmi?
– Beh, mi trasferisco in Francia, non è sufficiente come notizia? Spero che anche a te faccia piacere.
Aggiunse con un gran sorriso.
Il gentile cameriere ritornò per servirci l’antipasto e rimboccarci i calici, dandomi qualche minuto in più per riflettere. Iniziai a servirmi nel piatto l’insalata di mare, chiedendogli:
– Hai già accettato il posto?
– Certo che ho accettato, è l’occasione che stavo aspettando da anni.
Mentre parlava cercai di trafiggere un’oliva, che continuava a scapparmi a destra e sinistra.
– E quando ti trasferisci?
– Dal 1° gennaio sarò lì per iniziare a cercare casa e poi da febbraio inizierò effettivamente l’insediamento.
L’oliva continuava a schivare la mia forchetta, dopo il quarto tentativo mi volò via oltre il tavolo. Marco mi guardò con un sorrisino – che di norma avrei trovato irresistibile – tuttavia stavolta distolsi lo sguardo concedendomi un altro sorso di bollicine.
– Non ti esprimi? Non sei contenta per me?
Continuò lui. Con noncuranza iniziai ad assaggiare i gamberi, prolungando appositamente il silenzio. Per evitare di pensare al mio grossolano errore di valutazione, ero completamente immersa nel trapassare la corazza del crostaceo (che speravo tanto fosse invece la sua mano, quella che doveva porgermi l’anello), quando all’improvviso il coltello scivolò per terra.
Con la coda dell’occhio vidi il cameriere appena uscito dalla cucina che veniva nella nostra direzione con tre piatti in bilico sul braccio sinistro e due sul braccio destro.
– Lo sapevi che il gambero non cammina all’indietro? Poveri gamberi, accusati ingiustamente di non saper andare avanti, quando invece solo se minacciati fanno un gran balzo all’indietro dandoci l’impressione di camminare al contrario.
Mentre parlavo allungai un piede oltre il tavolo. Il cameriere era proprio accanto a me, troppo vicino per notare l’ostacolo. Inciampò, rovesciando il contenuto dei piatti che trasportava sul braccio sinistro proprio addosso al completo immacolato del mio nuovo ex fidanzato. Tuttavia, riuscì miracolosamente a salvare i piatti che aveva a destra. Marco sembrava pietrificato, guardava sbigottito il suo gilet di cachemire ora zuppo di un saporito sautè di cozze e vongole. Non potevo sperare che andasse meglio.
Il cameriere si profuse subito in scuse di ogni tipo, cercando di tamponare con il tovagliolo il danno arrecato. Dopo qualche minuto, arrivò anche il proprietario per scusarsi sentitamente e portare altri tovaglioli e salviette profumate.
Marco cacciò entrambi in malo modo; ora era proprio di cattivo umore.
Ci guardavano tutti ormai, nel ristorante c’era uno strano silenzio, tutto era immobile. Con molta calma, mentre Marco continuava a ripulirsi i pantaloni con il tovagliolo, indossai cappotto, sciarpa, pochette e dritta sul mio tacco 12 gli dissi:
– Grazie per la cena indimenticabile! Anche per me, come per i gamberi, è ora di andare avanti.
Mi avviai verso l’uscita a testa alta,senza girarmi indietro.
“Caledonian Road” di Andrew O’Hagan – traduzione di Marco Drago (Bompiani)
Una storia senza innocenti o vincitori, ma solo persone ferite che riescono a farcela con quello che resta dopo un evento drammatico destinato a essere uno spartiacque nelle loro vite.