Non abbiate troppa paura che tizio e caio possano riconoscersi nel vostro romanzo-racconto, attingete, nella creazione dei personaggi, dal mondo che vi è familiare (la casa, il lavoro, gli amici, i vicini… catturate ambienti luoghi oltre alle persone) specie se non vi riesce tanto facile inventare tutto di sana pianta, e se avete la vocazione all’autobiografismo. Naturalmente cambiate i nomi per evitare qualunque possibile danno legale, per rispetto della privacy, e magari mutate qualche particolare anatomico, o qualche altro dettaglio, ma conservate la sostanza se è meritevole di essere narrata anche se è brutta e/o sgradevole. I grandi libri partono spesso da faccende/ossessioni private che lo scrittore decide a un certo punto di raccontare, o forse non può fare a meno di raccontare, filtrandoli, sublimandoli, certo, nella sua opera letteraria. Pensate, tanto per fare qualche esempio grande, ai romanzi di Saul Bellow, che qualcuno ha definito “autobiografia indiretta”, o a quelli di Philip Roth, dal Lamento di Portnoy in poi, ma anche, molto prima, a quelli di Svevo…
“Caledonian Road” di Andrew O’Hagan – traduzione di Marco Drago (Bompiani)
Una storia senza innocenti o vincitori, ma solo persone ferite che riescono a farcela con quello che resta dopo un evento drammatico destinato a essere uno spartiacque nelle loro vite.