Era la sera del 13 ottobre 2017.
Il signor Mencacci stava consumando l’ennesima pizza surgelata quando sul display del telefono apparve un numero sconosciuto e proprio mentre lui stava pensando “Che palle, chi sarà ora?”, una cortese voce femminile si annunciò: “Buona sera, parlo col signor Mencacci? Mi scusi se la disturbo a quest’ora, il dottor Repettini della casa Editrice Entauri mi ha incaricata di comunicarle che sarebbe molto interessato ad incontrarla per discutere con lei del materiale che ci ha inviato”.
Al telefono, il signor Mencacci impose una pausa troppo lunga. Per due motivi. Il primo, per inghiottire un pezzo di crosta annerita e amara rimasto incastrato in gola. Il secondo perché sotto le costole, il cuore impazzito stava impedendo l’ingresso di una quota di ossigeno sufficiente a emettere anche un solo fonema.
Così, fu la signora al telefono a continuare. “Il dottor Repettini sarebbe lieto di incontrarla, appena le è possibile, nel suo studio qui a Roma”.
L’ulteriore pausa generò nell’interlocutrice il dubbio di un fraintendimento.
“Mi scusi. Non è lei che ci ha inviato il manoscritto di un libro dal titolo I giorni dell’aquilotto?”
“Sì sì, sono io”, ansimò Il Mencacci finalmente.
“E il dottor Repottini, scusi, perché vorrebbe parlarmi? Non può darmi nessuna anticipazione?”
“Re- pEt -tini”, lo corresse subito la signora che aveva addolcito un po’ il tono della voce, rassegnata a una maggiore dose di professionale pazienza. “Non sono nella posizione di poterle anticipare niente, ma il dottor RepEttini è il direttore di una delle case editrici più importanti d’Italia. Lei capisce che se la convoca per un appuntamento, sarà probabilmente per farle una proposta.”
Una proposta, ripeté il Mencacci dentro di sé. Non osava, non osava proprio credere che davvero uno dei più importanti editori d’Italia volesse pubblicare un suo libro. Che altro, sennò?
Aveva inviato la bozza del suo romanzo a una ventina di editori. In più, aveva trovato su internet l’indirizzo mail di alcune agenzie letterarie che si dichiaravano ansiose di scovare talenti emergenti e assicuravano di prendere in seria considerazione i manoscritti inviati, sempre in cerca del futuro best seller.
Ma la mossa vincente, secondo il Mencacci, doveva risalire a quella volta che, alla fine della presentazione di un famoso scrittore che era venuto dalle sue parti per un incontro, si era fatto avanti e al posto di chiedergli un autografo, gli mise in mano il suo manoscritto chiedendogli senza tanti complimenti di proporlo niente meno che all’editore Entauri. Spiegò che lui sapeva bene come andavano le cose in quegli ambienti, e che se non ci fosse stato nessuno a consigliarlo di persona, il manoscritto sarebbe finito sotto una montagna di altri suoi simili senza nessuna speranza che venisse davvero letto.
L’autore rimase così sbigottito dall’ardire del Mencacci che annuì promettendo che avrebbe fatto il possibile con certo l’unico scopo di toglierselo dai piedi al più presto.
Mancavano due giorni all’appuntamento col dottor Repettini.
Il Mencacci dormiva ormai solo qualche ora per notte. Dopo anni e anni di frustrazioni e delusioni, un libro con l’editore Entauri era un’occasione insperata. Il miglior trampolino di lancio che potesse sperare. Già vedeva il suo titolo nella top ten dei più venduti. Interviste alla radio, alla televisione, magari ospite da Fazio! Traduzioni in inglese, in tedesco, in cinese. La bevutina finale al Premio Strega, dove anche lui, come i suoi predecessori, avrebbe finto di gradire il famoso liquore.
Immaginava scene in cui finalmente la sua ex moglie avrebbe dovuto ricredersi sul suo conto. Che ne sapeva lei, della fatica e della solitudine dello scrittore!
Il suo primo romanzo, dato in pasto all’autopubblicazione, era un volume di 740 pagine che solo un suo collega di lettere provò a leggere. Non andò oltre la pagina 15 ma assicurò di avere un problema familiare in quel periodo che non gli dava il tempo per leggerlo tutto; aggiunse che la storia, che aveva a che fare con templari, carabinieri, idraulici, dirigenti scolastici e l’immancabile prosperosa fanciulla, figlia di una contessa caduta in disgrazia, fosse certo interessante, sebbene appena un po’ lunga.
Il collega di italiano era forse l’unica persona di cui il Mencacci si fidava. Fu perciò che “I giorni dell’aquilotto” questa volta non andava oltre le 400 pagine.
Alle nove in punto di lunedì 16 ottobre, il Mencacci si trovava davanti all’ufficio del dottor Repettini. La segretaria gli fece notare che l’appuntamento era fissato per le nove e trenta e che oltretutto, visto che si trattava di un lunedì, l’orario era da ritenersi, come dire, piuttosto elastico. Il dottor Repettini, infatti, arrivò che erano quasi le undici.
Fece cenno alla sua assistente di entrare con lui. Rimasero dentro un po’. Poi lei uscendo, lasciò la porta aperta e fece accomodare il Mencacci.
“Com’è? Di buon umore il capo?” le chiese ammiccante mentre le passava davanti. Lei finse di non aver sentito e gli chiuse la porta dietro le spalle.
“Oh signor Mencacci! E’ un vero piacere incontrarla. Si sieda, la prego.”
Il dottor Repettini lo squadrò ben bene mentre si avvicinava, e a un attento osservatore non sarebbe sfuggita la rapida smorfia di soddisfazione sul suo volto, visto che davanti a lui si trovava esattamente il tipo di persona che lui aveva scommesso si sarebbe presentata.
Gli rivolse qualche domanda per raccogliere maggiori informazioni sul suo conto, cosa che sembrò naturale al Mencacci che già immaginava le sue note biografiche sulla quarta di copertina.
“Bene, ma ora veniamo al punto.”, disse il dottor Repettini appoggiando i gomiti sulla preziosa scrivania di antiquariato.
“Vede, caro signor Mencacci, lei viene dalla Toscana e voi toscani avete un gran senso dell’umorismo. E si sa, che l’umorismo è segno di intelligenza. Perciò, sono convinto che sarà facile intenderci.
Noi della casa editrice Entauri abbiamo pensato a un nostro premio letterario un po’ particolare. Vale a dire, una classifica dei peggiori manoscritti che abbiamo ricevuto negli ultimi dieci anni. E lei, dopo attenta valutazione, è risultato all’unanimità il primo in assoluto.
Ora, non mi fraintenda. E’ chiaro che per noi si tratta di una trovata pubblicitaria che va incontro a un certo trend che si è andato sviluppando di recente e che vede questo tipo di iniziative riscuotere un enorme successo. Lei ha mai visto, per esempio, X FACTOR?”
Il Mencacci rimaneva rigido sulla poltroncina rococò, ammutolito.
“Ecco, è una trasmissione il cui format è straniero ma che in Italia ha creato un precedente inedito e di strepitoso successo grazie alla seconda parte del programma, chiamata ExtraFactor, dove si presentano i candidati con le peggiori performance mai sfilate davanti ai giudici. Ecco, la cosa stupefacente è che questi diventano personaggi ancor più famosi dei vincitori stessi del talent. Abbiamo riflettuto su questo fenomeno e così abbiamo pensato di fornire al vincitore del nostro speciale premio l’opportunità di una pubblicazione di sicuro impatto mediatico, che noi stessi spingeremo con tutti i mezzi a nostra disposizione perché trovi uno spazio di primo piano in ogni libreria d’Italia, ad ogni salone letterario nazionale e internazionale, sui palinsesti più importanti… Lei ha presente quanto vale in termini di vendite una comparsata da Fazio, per esempio? Insomma, se la nostra scuderia si decide a mettere in campo le truppe d’assalto, guardi, non ce n’è per nessuno. Mi capisce?”, l’editore si fermò un solo istante. Prese fiato e abbassò lo sguardo per non mostrare di aver notato il panico sul volto del Mencacci.
Appena una pausa e ricominciò, deciso a sferrare l’attacco finale, come uno squalo che si conceda il lusso di decidere se inghiottire la preda in un sol boccone o sbranarla un pezzo alla volta.
“Vede, la cosa non finisce qui. Anzi, ora viene la parte più interessante. Perché lei, se dovesse accettare, potrebbe firmare un contratto con noi valido tre anni. E pubblicare, casomai, un ulteriore romanzo sotto la nostra guida. Lei lo sa, anche i migliori scrittori sottopongono le loro prime stesure all’editing dei nostri validi collaboratori. Anzi, detto tra noi…“
E qui il dottor Repettini si sporse in avanti per mimare una maggiore confidenza.
“Alcuni autori, i loro libri, se li fanno riscrivere da capo a piedi. Potrei farle i nomi, ma sa, per correttezza…”
Dopo la strizzatina d’occhio, il dottor Repettini tornò seduto comodo sulla sua poltrona che emise un soffio discreto e ubbidiente.
“Allora, cosa ne dice? Non vorrà mica buttar via un’occasione del genere?”
E sfoderò il suo miglior sorriso mentre sfilava da sotto una pila di documenti il foglio pronto per la firma.
Il Mencacci aveva la testa che gli girava. Ma riuscì ugualmente a leggere una cifra, appena prima dello spazio per la firma. Corrispondeva al suo stipendio di almeno tre anni. Immaginò la nuova vita che aveva davanti. Giornali, televisioni, viaggi promozionali. E lui seduto davanti a Fazio, a suo agio, disinvolto, simpatico, accattivante, con il calzino giusto che sbucava sulla caviglia.
Chiese di uscire un momento per poter andare in bagno dove vomitò anche l’anima.
Poi tornò nell’ufficio del Repettini. E firmò. A una condizione, però: che oltre a tutto il resto, una clausola assicurasse che fosse davvero ospite alla trasmissione Che tempo che fa.
L’editore, soddisfatto, gli strinse la mano e lo pregò di dargli del tu.
Il sei gennaio 2018, Fabio Fazio aveva un ospite d’eccezione. La squadra Entauri aveva davvero svolto un ottimo lavoro e Carlo Mencacci, con il suo libro più brutto di tutti i tempi, era diventato il caso editoriale dell’anno.
Con un doppiopetto gessato di sartoria si presentò impeccabile nella sala di RAI 1, sede di Milano.
Prima di lui, Margherita Buy e Carlo Verdone promuovevano il loro ultimo film.
Quando il Mencacci si sedette davanti a Fazio, aveva già la camicia zuppa di sudore. Distratto dal suo disagio, l’autore si perse le prime frasi con le quali il presentatore spiegò il motivo del suo successo. Ma si riprese quando sentì annunciare il titolo del suo romanzo.
“… I giorni dell’aquilotto!” e scattarono applausi e risate.
Allora il Mencacci provò a rilassarsi e si preparò alle domande del famoso intervistatore.
Partì invece un filmato in cui, oltre ad alcuni scatti di lui con un aquilotto di pezza sulla spalla e il libro in mano, seguirono le testimonianze di lettori di ogni età con i loro sprezzanti commenti. Alcuni sfottevano in gruppo, ricordando scene memorabili del povero aquilotto che aveva scambiato un’aliena per sua madre.
In sala, la ferocia delle risa del pubblico cresceva di intensità, mentre Fazio si fingeva imbarazzato per introdurre la prima domanda. Il Mencacci si voltò verso l’ondata di ilarità che gli veniva da dietro le spalle. Non riusciva più a distinguere le parole dalle risate, gli applausi dallo scherno.
Visto che non rispondeva alle domande, dalla regia mandarono l’ultimo spezzone di filmato in cui il dottor Repettini in persona espose con una serietà irresistibile le reazioni dei suoi lettori editoriali alle prime pagine del manoscritto e i commenti che subito circolarono nell’ambiente. Quando il testo arrivò sotto i suoi occhi, il grande capo intuì che la tragedia di questo scrittore senza speranza poteva risolversi per lui in uno straordinario scoop editoriale.
Quando il Mencacci vide il faccione del Giuda ridere sguaiato col suo sigaro in mano, fece per alzarsi dalla sedia, barcollò verso l’uscita sbagliata e infine inciampò sul cameraman al quale con un fil di voce rivolse la sua preghiera: “Può dirmi da che parte devo andare?”.
In sala si creò un silenzio di vuoto pneumatico. La regia passò subito la pubblicità.
Sulla poltroncina davanti a Fazio si era seduto un noto politico, mentre il Mencacci era già sul taxi verso la stazione.