Claudia Colaneri conduce un laboratorio di scrittura collettiva in un centro diurno per disabili adulti con ritardo mentale. La sfida consiste nel trattare temi “alti”, considerati generalmente “difficili”, rispetto a persone con difficoltà intellettive.
“E lei di che si occupa?”
“Lavoro con i disabili.”
“Oh, che nobile lavoro, poveretti. Tipo quelli che fanno basket sulle carrozzine, no?”
“Anche; ma io di preciso mi occupo di disabili cognitivi.”
“Ah, ecco. E dove lavora?”
“In un centro diurno, sono un’educatrice.”
“Ah, fa la maestra!”
“No, faccio l’educatrice.”
“Che lavoro meraviglioso, e che tenerezza tutti quei bambini.”
“Sono adulti.”
“Ah, non avevo capito, mi scusi, che compito difficile che svolge. Deve essere terribile avere a che fare con la malattia mentale. Ma non li avevano chiusi i manicomi?”
“Sì, li hanno chiusi, ma io non lavoro in ambito psichiatrico. È un centro socio educativo per disabili cognitivi.”
“Ah, ecco. Ho capito… no, scusi, cioè?”
“Cioè sono persone adulte che hanno un ritardo da grave a lieve. Anagraficamente hanno dai 20 ai 58 anni ma la loro età mentale va dai 2 ai 12 anni circa. Hanno i capelli bianchi ma fanno i capricci, nella borsa di pelle a tracolla nascondono Barbie e pennarelli, spesso rubati ai compagni; gli restano tre denti in bocca ma piangono se perdono a tombola. Possono essere alti un metro e novanta e avere il timbro di un bebè.
Sono poeti che non hanno mai imparato a scrivere, sono filosofi inconsapevoli di saper pensare, capaci di raccontare la loro storia senza dire una parola.”
“Interessante davvero. E lei cosa fa di preciso con loro?”
“Gli propongo un tema da discutere, oppure semplicemente li osservo, li ascolto e trascrivo quello che dicono.”
Le domande filosofiche
Ci azzardiamo a ragionare su temi “alti”, generalmente considerati “difficili”, soprattutto rispetto a persone con capacità intellettive limitate. Le domande filosofiche, proprio per la loro universalità, l’apparente semplicità, la molteplicità delle interpretazioni che si possono loro attribuire, hanno l’effetto di “aprire” il pensiero verso nuovi significati, innescare ragionamenti basati sulle libere associazioni di idee, attivare o riattivare il pensiero creativo.
Partendo dalla pratica filosofica di porsi delle domande, si recupera o si assapora per la prima volta lo stupore per il mondo che è dentro e fuori di noi, ricostruendo la propria identità e cercando un senso alla propria esistenza, fino a costruire un vero e proprio racconto di sé.
Il mondo è sempre esistito?
“Quando sono nata il mondo non c’era. Toccava ancora farlo.”
“E chi lo ha creato?”
“L’ho creato io.”
“E come hai fatto?”
“Ho sorriso!”
“Tu pensi di avere un’anima?”
“Certo.”
“E come te ne accorgi?”
“La sento nel cuore.”
“Credi che la tua anima un giorno morirà?”
“No! È eterna!”
“Secondo te un giorno morirai?”
“No, io non morirò.”
“Hai mai conosciuto uno che non è mai morto?”
“Sì!”
“E chi è?”
“È un amico de mi’ padre. In tutta la sua vita non è mai morto.”